Il voto di Yerevan
L’ex presidente armeno e attuale leader dell’opposizione extraparlamentare, Levon Ter-Petrosyan, si candiderà sindaco di Yerevan alle prossime elezioni
L’annuncio della candidatura, pur giungendo inatteso, non sorprende. I presidenti che si sono succeduti, incluso lo stesso Ter-Petrosyan, si erano in precedenza opposti alla richiesta di rendere la carica elettiva, temendo il potere economico e politico che un tale funzionario avrebbe posseduto.
Nel novembre 2005 però, le richieste del Consiglio d’Europa hanno costretto le autorità ad emendare la costituzione al fine di portarla in linea con gli standard europei. Una disposizione chiave era quella di permettere ai residenti della capitale di eleggere il primo cittadino. Dopo più di tre anni sono stati apportati i necessari cambiamenti alle leggi elettorali e la nuova legislazione è ora in vigore. Benché non direttamente eletto dai residenti, il sindaco sarà nominato da un nuovo consiglio composto da 65 membri e sarà eletto con sistema proporzionale nelle elezioni del prossimo 31 maggio.
Già da qualche settimana fa si erano diffuse indiscrezioni riguardo alle intenzioni di Ter-Petrosyan di candidarsi a questa carica, nonostante la sua inattività sin da quando il movimento di opposizione guidato dall’ex presidente aveva annunciato nuove proteste per il primo maggio.
Ciononostante, molti cittadini della capitale sono rassegnati alla probabile vittoria del candidato del Partito repubblicano armeno (RPA), attualmente al potere. Si tratta di Gagik Beglarian, comunemente noto come "Chorni Gago" (Gago il nero). Quando, il 4 marzo, Beglarian si è dimesso dalla carica di presidente del distretto cittadino di Kentron per prendere il posto del precedente sindaco, Yervand Zakarian, la mossa non ha fatto che confermare tali previsioni.
Ad ogni modo, molti osservatori ritengono che la partecipazione di Ter-Petrosyan alle elezioni municipali ne renderà l’esito più difficile da prevedere. Inoltre, secondo alcuni analisti, questa decisione indica l’inizio di rinnovati sforzi per mettere in dubbio la legittimità delle autorità, ponendo in discussione l’esito aspramente conteso delle elezioni presidenziali dello scorso anno.
Benché Ter-Petrosyan nel voto del 19 febbraio 2008 abbia perso, a favore dell’attuale presidente, Serge Sargsian, molti ritengono che il presidente in carica non avesse ottenuto voti sufficienti per evitare il ballottaggio. L’opposizione decise di contestare il risultato proclamato dalle autorità, e diede inizio ad una campagna di manifestazioni. Dopo quasi due settimane di proteste di piazza, il primo marzo, la situazione degenerò, causando scontri che portarono alla morte di dieci persone e alla proclamazione nel Paese dello stato di emergenza, durato 20 giorni.
Il Congresso nazionale armeno (ANC) di Ter-Petrosyan ha annunciato ufficialmente la sua decisione con un comunicato stampa, diffuso il 17 marzo. "Con questa mossa intendiamo mandare un messaggio politico molto chiaro alla società. Noi consideriamo l’elezione del sindaco di Yerevan come un’opportunità molto seria di cambiare l’attuale sistema dittatoriale,… come un secondo turno delle elezioni presidenziali del 2008."
"Questa sarà una lotta per la legalità", ha aggiunto il coordinatore dell’ANC, Levon Zurabian, durante una conferenza stampa tenutasi a Yerevan lo stesso giorno. "Siamo qui per combattere questo sistema tirannico, criminale ed oligarchico e per stabilire la democrazia nel Paese. Questa non sarà una lotta contro Beglarian – il nostro principale rivale è il regime".
In risposta, la RPA ha subito accusato l’opposizione extraparlamentare di volere utilizzare il voto municipale per dare il via ad una nuova serie di proteste di piazza, mirate a prendere il controllo del paese. "Noi non permetteremo all’opposizione di organizzare disordini e provocare un nuovo ‘primo marzo", ha dichiarato il giorno successivo il vicepresidente dell’RPA, Razmik Zohrabian.
Ma con due rapporti, rispettivamente di Human Rights Watch e del Dipartimento di Stato americano, che criticano la gestione governativa dei disordini postelettorali dello scorso anno, è anche improbabile che la RPA possa sopravvivere ad un "giro di vite" potenzialmente imbarazzante. Inoltre, in una manifestazione in memoria dei disordini del 1 marzo, anche Ter-Petrosyan ha dichiarato inammissibili le speranze di una "sollevazione popolare" diffuse tra i suoi sostenitori.
"La vecchia idea di attuare una rivoluzione o un’insurrezione deve essere definitivamente cancellata dall’agenda politica del nostro Paese", ha dichiarato ad una folla stimata tra le 10 e le 20 mila persone. "Finché ciò non avviene, l’Armenia non può sperare di diventare uno stato democratico e fondato sul diritto. La storia non conosce praticamente nessuna rivoluzione che abbia generato democrazia e benessere".
Invece, col recente crollo del dram che si va ad aggiungere alle esistenti tensioni politiche nel Paese, l’opposizione spera che il malcontento popolare trasformerà le elezioni in un voto di sfiducia nei confronti delle autorità. Di conseguenza, molti prevedono che la campagna elettorale ed il giorno stesso delle elezioni saranno tesi e caratterizzati da diffuse violazioni, inclusi fenomeni di compravendita di voti.
Dato il calo di presenze agli ultimi comizi e manifestazioni, non è certo se Ter-Petrosyan possa attrarre voti sufficienti per vincere con sicurezza, ma in pochi credono che Beglarian possa ottenere una vittoria schiacciante.
Anche per questa ragione il presidente di una organizzazione internazionale che si occupa di monitoraggio elettorale in Armenia sostiene che la nuova legislazione è causa di preoccupazione. "La legge specifica che, se un partito politico riceve più del 40 per cento dei seggi nel consiglio comunale, ma non ha la maggioranza assoluta, i seggi necessari per raggiungerla gli verranno attribuiti automaticamente, a spese degli altri", ha dichiarato ad Osservatorio Balcani e Caucaso, restando nell’anonimato. "Questo sistema a ‘bonus’, in queste specifiche circostanze è un ulteriore strumento per assicurarsi il potere assoluto".
"Se guardiamo ai risultati delle elezioni del 2007 per l’Assemblea nazionale, quando il Partito repubblicano, col sistema proporzionale, ricevette solo il 33 per cento dei voti, si capisce perché il partito al governo abbia deciso di introdurre questa norma", spiega. "Fondamentalmente, dopo gli eventi dell’anno scorso il partito al potere non può più manipolare i risultati delle elezioni così evidentemente come prima ".
Intanto, nella speranza che formare un fronte unitario possa contrastare le risorse amministrative a disposizione del sindaco in carica, l’ANC ed il partito di opposizione rappresentato in parlamento Heritage hanno condotto dei negoziati allo scopo di formare un blocco elettorale unico. Il 17 marzo però, il portavoce di Heritage, Hovsep Khurshudian, ha informato i giornalisti che i colloqui erano falliti.
Sembra probabile che le elezioni del 31 maggio saranno il primo vero test per la giovane democrazia armena dopo le controverse elezioni presidenziali dello scorso anno. Ma con entrambe le parti fermamente convinte della propria vittoria, sembra probabile che Yerevan si trovi ad affrontare una nuova fase di instabilità lungo il suo cammino verso la democrazia.
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