“Il venditore di miracoli”, rifugiati caucasici attraversano l’Europa
Handlarz cudòw (“Il venditore di miracoli”) è un film che racconta la storia di un alcolista polacco che vuole andare a Lourdes e di due ragazzini che cercano di raggiungere il proprio padre in Francia. Un road movie sensibile che racconta l’avventura incredibile di Hasim e Ulrika, due giovani daghestani che ricordano da vicino le migliaia di ragazzi e ragazze che dal Caucaso arrivano alle porte dell’Europa in cerca di sicurezza
Stefan è un alcolista che cerca di convincere se stesso ed altri del fatto che potranno trovare salvezza nella fede, affidandosi alla madonna di Lourdes. Hasim e Ulrika sono due ragazzi originari del Daghestan, repubblica del Caucaso russo al confine con la Cecenia, con un obiettivo fisso in testa: raggiungere il padre che vive attualmente in Francia. Sono bloccati in un centro per migranti al confine orientale della Polonia. È allora che incontrano Stefan, in partenza per Lourdes, con cui iniziano un rocambolesco viaggio attraverso l’Europa.
Questa la storia alla base di Handlarz cudòw (“Il venditore di miracoli”, Polonia 2009), un road movie sensibile che vede Stefan accompagnare i due fuggitivi Hasim e Ulrika verso la Francia, e i due ragazzini di 10 e 13 anni a loro volta guidare il loro compagno adulto nel suo percorso di redenzione dall’alcool. Un viaggio costellato da momenti di tensione, di scontri interpersonali e con un finale a sorpresa che pone lo spettatore di fronte a una riflessione esemplare sulla rilevanza del relativismo culturale nell’Europa di oggi.
La regia è affidata a Jarek Szoda e Bolesław Pawica, proprietari della compagnia di produzione cinematografica e televisiva "Fabryka", entrambi con esperienze in vari settori (inclusa la realizzazione di clip musicali) e numerosi premi alle spalle. Borys Szyc, attore di spicco della scena polacca contemporanea con un passato in teatro che emerge nelle scene più concitate del film, recita Stefan. Roman Golczuk, bambino-adulto con uno sguardo fermo ma espressivo che ostenta rabbia per nascondere paura, è comparso in passato in produzioni televisive in Russia. Sonia Mietielica è invece alla sua prima esperienza sul set; la sua delicatezza e il suo fascino discreto fanno sperare che non sia l’ultima.
Hasim e Ulrika sono originari del Daghestan, ma tutti li scambiano per ceceni. Sappiamo che il padre è rifugiato in Francia, ma non ci è dato sapere perché. Capiamo subito che i due ragazzini hanno abbandonato il loro paese, ma niente ci viene raccontato sulla loro infanzia. Li vediamo scontrarsi con le difficoltà poste dai confini di Schengen, senza che ci venga mostrato alcunché dei complessi meccanismi che controllano i flussi migratori verso l’Europa. È infatti la vicenda umana dei protagonisti il vero soggetto della pellicola.
Ma al di là della finzione cinematografica, la storia di Hasim e Ulrika è simile a quella di migliaia di persone provenienti dal Caucaso che cercano tranquillità e pace in un paese dell’UE.
Conflitti in Caucaso del nord
La situazione in buona parte del Caucaso del nord è infatti tutt’oggi instabile, ben al di là della Cecenia indipendentista che era stata al centro del conflitto negli anni Novanta. Tra il 1994 e il 1996 la “prima guerra cecena” aveva causato decine di migliaia di vittime e oltre mezzo milione di persone avevano dovuto abbandonare le loro case. Gli accordi di pace avevano lasciato un territorio ampiamente distrutto e impoverito in mano a una leadership locale consumata da lotte intestine e sempre più influenzata da frange dell’estremismo islamico che avevano inizialmente giocato un ruolo del tutto marginale all’interno del movimento indipendentista ceceno. È in questo contesto che ha inizio nel 1999 la “seconda guerra cecena”, un conflitto che è stato prima cavallo di battaglia di Vladimir Putin durante la sua ascesa al potere da primo ministro a presidente nel 1999-2000 e poi spina nel fianco per i successivi due mandati presidenziali. A distanza di più di dieci anni dall’inizio di quel conflitto e dall’arrivo al potere di Putin, non è ancora possibile parlare di pace in Caucaso del nord.
Non si tratta più di guerra aperta che coinvolge colonne di carri armati e bombardamenti aerei, ma di una forma di conflitto diffuso, caratterizzato da frequenti attacchi (anche di tipo terroristico) e scontri tra ribelli e forze dell’ordine che hanno luogo in tutta la regione, ormai da anni anche nelle repubbliche confinanti con la Cecenia quali il Daghestan e l’Inguscezia, ma sempre di più anche in territori come la Kabardino-Balkaria che in passato erano stati meno coinvolti nel conflitto.
I dati non sono incoraggianti. Nei primi 11 mesi del 2011, si sono infatti registrati in scontri armati 371 morti e 314 feriti in Daghestan, 116 morti e 42 feriti in Kabardino-Balkaria, 94 morti e 106 feriti in Cecenia, 69 morti e 34 feriti in Inguscezia. In un anno quindi si sono avute oltre mille vittime in un territorio con una popolazione complessiva paragonabile a quella del Veneto (circa cinque milioni di abitanti).
Scontri e attentati contribuiscono a creare un clima di insicurezza, ma sono comunque solo uno degli aspetti che rendono insostenibile la situazione per le migliaia di persone che hanno deciso di abbandonare la propria casa per recarsi in Europa occidentale in cerca di maggiore sicurezza. Il comportamento persecutorio delle autorità in alcune parti della regione, ben oltre alle difficoltà quotidiane causate da un sistema caratterizzato da corruzione diffusa, includono arresti arbitrari, rapimenti, torture e azioni punitive ai danni dei famigliari di sospetti ribelli.
Verso l’Europa
Per molti, l’unica speranza per avere una vita tranquilla è quella di lasciare la propria terra natale e cercare rifugio in Europa. Secondo stime dell’UE sarebbero attualmente circa 100.000 i rifugiati ceceni residenti fuori dalla Russia, prevalentemente in paesi UE. Nel 2010, oltre 18.000 cittadini russi (per la maggior parte provenienti dal Caucaso del nord) hanno fatto richiesta di ottenere lo status di rifugiato in Unione europea (secondi solo all’Afghanistan per numero di richieste). Il 40% di loro ha meno di 13 anni, oltre un quarto hanno presentato richiesta di asilo in Polonia (ma anche Austria e Francia sono tra le mete preferite).
La storia dei due giovani protagonisti di Handlarz Cudòw non è quindi affatto eccezionale. Al contrario Hasim e Ulrika, cittadini russi provenienti dal Caucaso del nord, sono il ritratto caratteristico di una parte importante dei richiedenti asilo in Europa.
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