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Il Trentino in Kosovo

Cooperazione regionale e cooperazione tra Trentino e Kosovo, sviluppo economico e welfare. Ne abbiamo parlato con Arban Abrashi ministro del Lavoro e Welfare Sociale del Kosovo, durante una recente visita in Trentino

27/07/2015, Redazione - Rovereto

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Il Kosovo e il Trentino sono vicini, solo un’ora di aereo, e il processo di integrazione europea ci porta ad esserlo sempre più …

Sì, anche se in questo percorso vengono utilizzati strumenti soprattutto finanziari, come l’IPA. Penso invece vi sia bisogno di maggiore integrazione tra gli stati dei Balcani e credo che l’UE debba mostrare un nuovo sostegno politico alla regione: deve mostrare di esserci e che integrarci è una priorità.

In questo contesto mi piace molto l’idea, penso nata su iniziativa tedesca, di avere più investimenti su grandi progetti infrastrutturali transfrontalieri: questi implicano una maggiore collaborazione tra paesi dell’area e obbligano la politica locale ad impegnarsi su progetti che escono dall’ordinario.

Dove vorrebbe vedere maggiore cooperazione politica?

In campo economico. Paesi come il Kosovo e la Bosnia Erzegovina, ad esempio, sono diversi tra loro ma hanno in comune problemi di tipo economico. Le loro società devono essere guidate dall’economia e non esclusivamente dalla politica. Solo allora potremo vedere dei cambiamenti.

Un approccio “alla tedesca” il suo, la cancelliera Merkel sembra andare in questa direzione…

In realtà la Merkel ha dimostrato un approccio anche molto politico, in particolare relativamente a paesi come il Kosovo, la Serbia… molto politica… ma certo utilizza anche la leva finanziaria.

In quest’ottica come interpreta le relazioni tra il Kosovo e il Trentino?

Vedo molto potenziale. Come giovane paese abbiamo investito all’inizio molto sullo state building. Ora dobbiamo focalizzarci sui bisogni dei cittadini. E molto passa dallo sviluppo economico.

In questa direzione vanno i molti accordi che abbiamo sottoscritto con il Trentino, supportati dall’Associazione Trentino con i Balcani, nel campo, tra gli altri, del sociale e del turismo. In particolare abbiamo bisogno di colmare la nostra mancanza di competenze specifiche nel nostro mondo imprenditoriale e la mancanza di forza lavoro qualificata.

Vedo infine potenziale nell’industria turistica, in particolare nelle regioni di Peja/Peć e Prizren: dobbiamo sostenerla e il Trentino in questo può aiutarci molto. Altri settori dove sarebbe molto utile lo scambio di esperienze sono l’agricoltura, l’IT e il manifatturiero, in particolare relativamente ai metodi di produzione e packaging.

Il problema della disoccupazione è particolarmente grave tra le giovani generazioni kosovare …

Certo, quest’anno il mio ministero ha introdotto due misure che riteniamo utili, basate su progetti degli anni precedenti svolti però in passato su scala minore. Ora li implementiamo in modo più ampio e massiccio: una è garantire micro-credito per piccole attività economiche e favorire così l’auto-impiego e l’altra è quella di introdurre sussidi per gli stipendi. Abbiamo poi un programma più limitato relativo alla formazione lavoro.

Vorremmo fare di più, ma abbiamo limiti di budget. Quest’anno miriamo a concedere 500 micro-crediti e daremo sussidi per gli stipendi alle aziende che riteniamo abbiano potenziale in alcuni specifici settori. Penso che raggiungeremo col nostro sostegno 1500-2000 giovani. Siamo inoltre operando contro le discriminazioni salariali nei confronti delle donne.

A settembre-ottobre faremo una valutazione su come stanno procedendo i programmi, in modo da tenerne conto poi per il budget del prossimo anno. Io sono ottimista e spero, per il 2016, di raddoppiare questi numeri. Questo obiettivo è realistico soprattutto per quanto riguarda i sussidi-salariali, perché su questi vi è grande interesse da parte della comunità dei donatori internazionali.

Quali sono le altre iniziative rilevanti del nuovo governo in ambito di sviluppo economico?

L’esecutivo sta lavorando ad una legge che lo renderebbe competente per negoziare direttamente con investitori stranieri, possibilità che non avevamo prima a causa della burocrazia e di quanto abbiamo ereditato dagli anni di amministrazione gestita dalle Nazioni Unite (UNMIK).

Faccio spesso l’esempio della possibile ricollocazione di uno dei migliori alberghi del paese. Una delle grandi catene internazionali – come l’Intercontinental, l’Hilton – non potrebbe oggi presentarsi e proporre: “vogliamo comperare, investire, assumere un migliaio di persone…”. Oggi non abbiamo la possibilità di interagire direttamente: l’unica cosa che possiamo fare è indirizzare eventuali investitori all’Agenzia per la privatizzazioni, con tempi estremamente lunghi. E’ per questo che vogliamo cambiare le cose. Vogliamo poter negoziare direttamente come governo con i potenziali investitori sul destino di alcune aziende che riteniamo strategiche e con potenziale di crescita

Avete pensato a meccanismi per evitare il rischio di corruzione?

E’ una preoccupazione che abbiamo, ma dobbiamo assumerci il rischio perché abbiamo già perso troppe opportunità. Non possiamo più aspettare. L’UE ci ha dato alcune indicazioni, e stiamo lavorando in questa direzione.

In termini generali, rispetto al welfare, il Kosovo ha ancora molto da fare…

Uno dei principali ostacoli che mi sono trovato ad affrontare una volta assunto l’incarico è stata la mancanza di dati e statistiche attendibili. Anche per quanto riguarda, ad esempio, la disoccupazione. Ora abbiamo iniziato a tenere sotto controllo tutti gli uffici del lavoro, per avere dati su quanti si registrano. Speriamo per febbraio-marzo – trascorso un anno dall’implementazione del nuovo sistema di monitoraggio – di avere dati concreti su cui ragionare.

Questo nonostante la presenza internazionale in Kosovo per molti anni…

Sì. Ma per fare un esempio: ho visitato gli uffici del lavoro della regione di Pristina per verificare di persona le loro attività. Quando siamo arrivati alle statistiche, risultavano essere iscritte alle liste di disoccupazione 90mila persone, e quindi il 50% dei residenti nell’intera regione: un dato impossibile, che non aveva senso.

Poi è emerso che quel dato era relativo ad una lista del 1999 e quindi tutte i rapporti da allora ad oggi erano basati su dati di 15 anni prima. Molte delle persone in elenco possono ovviamente nel frattempo aver trovato lavoro, essere emigrate, essere decedute…

Da qui l’esigenza di avere un nuovo sistema di rilevamento. Secondo dati che ho ottenuto alcune settimane fa, i disoccupati nel paese dovrebbero essere circa 90.000, se calcoliamo che sono 300.000 le persone che pagano le tasse ecco che potremmo affermare che il tasso di disoccupazione è attorno al 25%. Ma dobbiamo lavorare di più, fino a che i dati siano incontestabili. C’è infatti chi fa notare che non tutti i disoccupati sono stati registrati, ma allo stesso tempo vi è anche tanta informalità nel mondo del lavoro ed un ampio mercato grigio e stiamo affrontando anche questa questione – perché ovviamente ha effetti sull’assistenza sociale e sui servizi sociali.

In che senso?

Uno dei criteri per ottenere l’assistenza sociale è di essere registrati come disoccupati. E può accadere che qualcuno preferisca rimanere in questa situazione piuttosto che accettare un lavoro. Preferiscono cioè lavorare in nero e godere allo stesso tempo di forme di assistenza sociale. Questo nonostante si tratti di un supporto minimo che – tra l’altro – vorremmo rendere più corposo.

La mancanza di statistiche attendibili riguarda soltanto la disoccupazione?

Abbiamo necessità di nuove indagini anche in merito al livello di povertà.

Quale la situazione delle imprese sociali nel paese?

Vogliamo introdurre una riforma che porti ad un cambio di mentalità per i servizi sociali e l’assistenza in Kosovo. Le municipalità dovrebbero contrattualizzare i servizi con imprese sociali.

In Kosovo, dopo la dichiarazione di indipendenza e l’adozione della nuova costituzione è stata realizzata una profonda riforma: enti locali e servizi sociali sono stati delegati alle municipalità. Questo è certamente un fatto positivo. Non si è però dato seguito alla riforma creando adeguate competenze a livello locale e fornendo adeguate risorse. Inoltre nello stesso anno della riforma sono stati eletti i nuovi sindaci: quindi grandi competenze per persone che spesso non avevano precedente esperienza gestionale ed amministrativa.

E’ quindi accaduto che i servizi sociali siano stati lasciati in fondo alle priorità. Ora vogliamo cambiare la situazione, modificare la legge vigente sui finanziamenti agli enti locali, aiutare la nascita di imprese sociali e mettere in piedi un sistema di concessione di licenze per persone, enti e Ong che siano poi in grado di fornire i servizi richiesti.

Quale la situazione attuale nelle singole municipalità?

Oggi nelle varie municipalità abbiamo Ong che forniscono alcuni servizi, ma si opera per progetti e non con un budget dedicato e sostenibile. E’ a quest’ultimo che vogliamo arrivare. E’ importante però, per quanto riguarda il budget da mettere a disposizione delle municipalità, che si faccia una valutazione su cosa serve in ogni singola municipalità e non si proceda definendo una percentuale uguale per tutti.

Quale la situazione nella municipalità a maggioranza serba?

Le 10 (su 38) municipalità a maggiorana serba presentano le stesse problematiche degli altri comuni: disoccupazione, scarso sviluppo economico, mancanza di fondi per le infrastrutture… Se si mette da parte la questione etnica, i problemi sono gli stessi.

Con il nostro ministero vi è una buona collaborazione da parte di tutte le istituzioni locali, in particolare vi sono stati miglioramenti nel coordinamento e nella collaborazione con le municipalità del nord del Kosovo.

La riforma riguarda anche loro?

Ma certo, c’è solo un unico sistema legislativo in Kosovo, che si applica a tutti.

Ritornando alla prospettiva europea del Kosovo, presto si firmerà l’Accordo di stabilizzazione e associazione. Quali le altre priorità?

La prossima sfida ha una componente psicologica importante, ed è la liberalizzazione dei visti. E’ rimasta alta come priorità nella nostra agenda per molti anni ed ora finalmente arrivano alcuni segnali positivi.

Spero che nel 2015 si arrivi alla firma del ASA e poi mi auguro che venga posta perlomeno una data sulla liberalizzazione dei visti. Avrebbe un effetto psicologico molto importante: anche se attualmente abbiamo in corso quello che i media definiscono come “esodo di massa” vi sono inchieste interne che ci fanno pensare che molti di coloro che partono vogliono solo vedere l’UE. Tutto si rilasserebbe se uscissimo dall’attuale isolamento.

Come procede il dialogo tra Kosovo e Serbia?

Le cose si stanno muovendo. Se si guarda dal punto di vista serbo sembra arrivino molti no: alle privatizzazioni, sulle comunicazioni telefoniche, sull’energia… Ma anche solo il fatto che ci si stia incontrando su base regolare e che si stia negoziando è positivo.

Il fatto che i negoziati procedono rilassa entrambe le comunità: ci si sta spostando su aspetti tecnici che riguardano la vita di tutti i giorni non si è limitati alle frizioni dell’alta politica. Questo è positivo.

E le relazioni con l’Albania?

Sono forti, come con altri paesi della regione. Abbiamo un’ottima collaborazione e molti accordi sottoscritti e questo deriva dalla buon tradizione delle nostre relazioni: siamo due paesi che stanno camminando verso l’Ue. Anche con la Macedonia stiamo cercando di tenere regolarmente incontri tra le due compagini governative per discutere quanto possiamo fare assieme per migliorare la situazione reciproca. Con la cooperazione transfrontaliera si può fare molto. Ad esempio si può facilitare la libertà di movimento per i cittadini: molti progetti sono sulla tavola.

Ci sono molti tentativi di ottenere passaporti albanesi per potersi muovere liberamente nello spazio UE?

Non è un fenomeno diffuso. E’ più facile tra l’altro ottenere il passaporto serbo che albanese.

Quanto rimane lontana l’UE?

In termini di anni? Ho un’idea ma non lo dirò pubblicamente, troppo rischioso esporsi sulla questione.

Chi è più vicino al Kosovo oggi? Usa, Turchia o Unione europea?

Stati Uniti e Germania.

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