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Il surrealismo poetico di Ivan Kalcina

"Il futuro dell’arte sta nel poter esprimere se stessi liberamente e con sincerità". Incontro con il chitarrista, pittore e architetto sarajevese Ivan Kalcina

11/02/2022, Božidar Stanišić -

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“Ivan Kalcina? Vi do i link dove potete vedere i suoi quadri e ascoltare le sue esecuzioni di alcuni celebri brani del repertorio della chitarra classica. Se vi va, ovviamente…”. Credo che, se dovessi limitarmi a fornirvi alcuni link, tale gesto sarebbe il mio più breve, e probabilmente il migliore contributo a questo portale.

Ma (c’è sempre un ma che gira intorno a noi saltando vivacemente come una pallina da ping pong, spingendoci a cambiare opinione) nel corso delle conversazioni telefoniche che abbiamo intrattenuto tra l’estate e l’autunno del lungo anno, segnato da Covid, che ci siamo appena lasciati alle spalle, Ivan Kalcina mi ha raccontato alcuni dettagli interessanti riguardanti, tra l’altro, il suo atelier. Quindi ho rinunciato, senza esitazioni, alla mia idea iniziale.

Durante le nostre conversazioni Kalcina ha ricordato i suoi inizi – aveva mosso i suoi primi passi da musicista e pittore a Sarajevo, sua città natale – ma anche le numerose mostre e concerti tenuti in Jugoslavia e all’estero, compreso un concerto organizzato nei lontani anni Ottanta a Maglaj dove Kalcina si recò per “colpa” del sottoscritto. A nome di un’associazione culturale locale lo invitai a esibirsi a Maglaj. Ricordo che accettò subito la mia proposta, giungendo a Maglaj in treno, e appena iniziammo a parlare capii di trovarmi di fronte ad un artista che alle parole preferiva cose concrete. Ricordo anche che il giorno dopo il concerto una cara amica, Enica, disse a me e mia moglie: “Dio mio, che meraviglia! Non ho parole!”. Enica non c’è più, ma continua a vivere, insieme a tanti altri nostri amici, nei ricordi e nelle parole che ritornano indipendentemente dalla nostra volontà.

Anche prima di conoscerlo sapevo che Kalcina, pur avendo studiato architettura, aveva preferito dedicarsi alla pittura e alla musica, ma non sapevo che avesse imparato a suonare e a dipingere da autodidatta (anche il virtuoso della chitarra classica Jovan Jovičić era autodidatta). Al giovane Kalcina bastò toccare la chitarra classica per innamorarsene.

“Prima del 1993, quando iniziai la mia avventura italiana, non avevo mai preso in mano un martello né qualsiasi altro utensile manuale… La chitarra e poi il pennello erano gli unici ‘utensili’ che utilizzavo. Ogni giorno mi esercitavo alla chitarra, per almeno cinque ore… Una volta giunto in Italia, la mia preoccupazione principale era quella di sfamare la mia famiglia, quindi accettavo qualsiasi lavoro che mi veniva offerto, dal giardinaggio al restauro dei mobili antichi, finendo così per rovinare le mani, tanto che non riuscivo più a suonare la chitarra. Allora decisi di dedicarmi alla pittura, decisione che si rivelò un colpo di fortuna. Mi si aprì davanti un intero mondo in cui, dipingendo, riuscii finalmente a realizzare i miei sogni e le mie fantasie. Era come se tornassi bambino… La pittura mi diede l’opportunità di intraprendere nuove avventure, trasportandomi verso luoghi magici, verso altri mondi. Tutto quello che si era accumulato dentro di me nel corso degli anni emerse in superficie, soprattutto i sogni. Tanti sogni… Però senti, non ti venga in mente di elogiarmi! Mi interessano le critiche, non i complimenti…”.

Dico a Kalcina che un mio amico di Udine, dopo aver visto alcuni suoi dipinti su Internet , mi ha scritto: “La sua percezione surrealista delle cose è molto vicina e cara agli occhi, tranquilla e serena, estranea a quei surrealisti che con i loro dipinti suscitano in noi anche un senso di angoscia…”.

Silenzio dall’altra parte della cornetta. Sentir parlare con toni elogiativi della sua arte ha messo Kalcina in imbarazzo?

“I miei amici pittori hanno definito la mia pittura ‘surrealismo poetico’… Mi rende felice riuscire a far emozionare le persone con i miei quadri, ma non parto con questo obiettivo in mente, dipingo con ‘sincerità’, lo si percepisce facilmente… Ricordo una donna americana che, dopo aver visto un mio dipinto esposto in una mostra collettiva organizzata a Sveti Stefan, disse che doveva possedere assolutamente quel dipinto…”.

Inizialmente Kalcina vendeva malvolentieri i suoi quadri, ma era costretto a farlo per procurarsi il denaro per l’acquisto del materiale, piuttosto costoso, necessario per dipingere nella sua tecnica preferita (pittura ad olio su tela). Così molte opere di Kalcina oggi si trovano in diversi paesi europei, negli Stati Uniti, in Canada, in India… Ad oggi, come afferma lui stesso, ha realizzato oltre duecento quadri, tutti oli su tela, solo un olio su legno intitolato “Icaro vola ancora”.

Ivan mi ha poi raccontato il suo esordio nella pittura, avvenuto molto tempo fa nello studio del pittore Ibrahim Ljubović (1933-1995). “C’era un gruppo di amici, tutti pittori, tranne me. L’anno? Non ricordo che anno fosse, ma ricordo che ero molto giovane. All’improvviso, uno dei presenti, scherzando, mi disse di prendere in mano un pennello e di dipingere qualcosa. Ancora oggi non so cosa ne fosse uscito fuori, ma il pennello, che fino ad allora per me era un oggetto lontano, quasi sconosciuto, lo sentii come parte integrante del mio essere. Non mi infastidii nemmeno quando, ad un certo punto, qualcuno disse, sempre scherzando: ‘Dai Botticelli, vieni a bere qualcosa!’”. Kalcina ha dedicato un suo dipinto alla memoria del suo amico Ibrahim Ljubović con cui discuteva volentieri di pittura e di arte in generale.

Ivan è rimasto piacevolmente sorpreso quando gli ho detto che qui, in Friuli, ascolto volentieri uno dei suoi LP incisi prima della guerra in Bosnia che contiene le sue esecuzioni dei brani di alcuni grandi compositori tra cui Albéniz, Moreno Torroba, Tárrega, Malats e Lauro. L’immagine che compare sulla copertina del disco è una riproduzione di uno dei dipinti di Kalcina intitolato “Nostalgia” (1975). “È il mio primo dipinto!”

Senza rimproverarmi per aver citato solo i compositori delle canzoni incise sul lato B del disco, Kalcina mi ha raccontato che per lui, come musicista , la più grande sfida era eseguire la Ciaccona di Bach – originariamente composta per violino solo – alla chitarra classica. Ed è per questo che Kalcina ricorda volentieri le conversazioni stimolanti sul celebre brano di Bach intrattenute con Kurt Hauser (1916-2003) che per anni fu primo violino dell’Orchestra Filarmonica e docente del Conservatorio di Sarajevo. (In una lettera indirizzata a Clara Schumann, Bramhs definì la Ciaccona “uno dei brani musicali più belli e incomprensibili” che, pur essendo composto per un piccolo strumento, racchiude “un intero mondo intriso dei pensieri più profondi e dei sentimenti più intensi”.)

Fantasmagoria, olio su tela, Ivan kalcina

Fantasmagoria, olio su tela, Ivan kalcina

Ho chiesto a Kalcina come percepisce il rapporto tra musica e pittura.

“Nel mio caso era inevitabile che musica e pittura entrassero in simbiosi. Queste due forme espressive si intrecciano, si fondono… Gli strumenti musicali diventano soggetti dei miei dipinti, sorvolano i cieli, solcano i mari… Tutto diventa possibile… Ecco perché non ho permesso che il mio Icaro si schiantasse a terra. Non mi interessa il fatto che gli altri pittori preferiscono dipingere la caduta di Icaro. Icaro, nel mio dipinto, continua a volare… vuole raggiungere il suo obiettivo”.

Ivan ha poi fatto una digressione, raccontandomi un episodio della sua carriera calcistica nel FK Pofalićki. “Non chiedermi che anno era. Giocavamo contro il FK Romanija di Pale, dopo il primo tempo perdevamo 3-0, ma alla fine riuscimmo a vincere 7-3. Segnai tre gol, due dei quali ‘a sforbiciata’. Tra il pubblico c’era anche mio padre che, dopo la partita, mi chiese dove avevo imparato a fare tiri a sforbiciata. Al mare, sulla spiaggia, gli risposi. Chissà quante volte, maneggiando il pallone, ero caduto sulla sabbia prima di imparare i movimenti giusti. Tutto si può fare, basta volerlo”.

Poi mi ha raccontato un altro aneddoto. “Prima della guerra, l’Associazione degli artisti figurativi della Bosnia Erzegovina aveva più volte respinto la mia richiesta di adesione, e io ogni volta li avevo ringraziati! Sono sicuro che qualcun altro si sarebbe demoralizzato, ma io no. Alcuni erano rimasti sorpresi dal mio atteggiamento, ma io non ci vedevo nulla di strano. Perché gli altri non dovrebbero avere il diritto di giudicare le nostre opere? E un’opera, una volta iniziata, deve essere portata a termine”.

Infine, Kalcina mi ha spiegato che non ha mai lavorato contemporaneamente su due o tre opere. Una regola che oggi, superati gli ottant’anni, Ivan non ha alcuna intenzione di trasgredire. Ha pronunciato questa affermazione con un tono di voce sereno, come se il suo volto fosse illuminato da un sorriso che solo lui riusciva a percepire, un sorriso che rifletteva il suo atteggiamento nei confronti di tutto ciò che ha vissuto e creato. “Senti, per me ogni giorno è una festa, ogni giorno, non solo quando sto davanti al cavalletto con il pennello e la tavolozza in mano”.

E il futuro dell’arte?

“Credo sia importante che ognuno possa esprimere se stesso liberamente. È lì che sta il futuro dell’arte”.

 

Ivan kalcina – foto Franjo Likar

Ivan Kalcina nasce a Sarajevo nel 1940. Fin da giovanissimo si dedica allo studio della chitarra classica. Nel 1972 vince il Concorso internazionale di chitarra “Fernando Sor” organizzato a Palermo. Negli anni successivi intraprende numerose tournée nell’Unione sovietica (tiene due concerti nella celebre sala “Čajkovskij” a Mosca), in Italia, Germania, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria, trovando anche il tempo per incidere quattro dischi. Inizia ad esporre i suoi dipinti nel 1975, partecipando, fino al 1992, a più di quaranta mostre. Dal 1993 vive in Italia, nei dintorni di Torino, e a tutt’oggi continua a partecipare a mostre e concorsi d’arte.

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