Il sogno di Akram Aylisli
Qualche giorno fa lo scrittore Akram Aylisli avrebbe dovuto partecipare a Venezia al festival Incontri di Civiltà. Le autorità azere gli anno impedito di farlo. Ha inviato agli organizzatori una lettera, che ora pubblichiamo
Pubblichiamo in versione integrale il discorso inviato dallo scrittore azero Akram Aylisli al festival Incontri di Civiltà, e letto pubblicamente dal Prof. Aldo Ferrari. Le autorità azere hanno impedito al romanziere, candidato al Nobel per la pace, di lasciare il paese, trattenendolo per oltre 10 ore all’aeroporto di Baku. Dopo il rilascio, lo scrittore è stato informato dalle autorità che sarò processato per "teppismo". L’autore, 78 anni, è accusato infatti di aver colpito una guardia aeroportuale ferendola, accusa smentita dallo scrittore. Ringraziamo l’editore Guerini e Associati e la direzione del Festival per avere messo il testo a nostra disposizione. (Simone Zoppellaro)
Ancora a Baku, quando ho iniziato a pensare a come iniziare il mio discorso, mi sono venute in mente queste parole inquietanti: “Di fronte a voi sta una persona del tutto indifesa” Ma qui subito si è fatta sentire la mia voce interiore, turbata, che diceva: “Non lamentarti, non brontolare come un vecchio. Non sei certo l’unica persona al mondo in questa situazione e ci sono persone ancora più indifese di te!”.
E purtroppo è così, cari colleghi, adesso siamo tutti indifesi di fronte ad un’epoca impensabilmente crudele.
Nella storia ci sono periodi quando niente può riempire il vuoto dei cuori umani: non la religione, non la scienza, e neppure la letteratura. Le autorità spirituali ed artistiche sono irrimediabilmente scomparse nel passato. Le istituzioni statali dei paesi più avanzati sono risultate inadeguate a proporre una qualche idea adatta a farci uscire dal vicolo cieco morale e spirituale che si è creato.
Un tempo i miei compatrioti e correligionari maldicevano il potere sovietico perché aveva chiuso le porte dei nostri templi. Oggi nel mio paese il numero delle moschee quasi raggiunge quello delle scuole, ma non per questo qualcuno dei miei compatrioti si è avvicinato al cielo.
Nelle chiese e nelle moschee c’è poco spazio, nelle teste anche. Le persone non hanno più forza d’animo per guardare il futuro con speranza e l’uomo non ha più tempo per guardarsi nell’anima. In tutto il mondo il livello culturale è sceso e le persone hanno compreso che nella cultura non c’è salvezza.
“Signore, questo mondo mi ha raggelato
Perdona se giro per casa in cappotto
Qui abbiamo distrutto tutto quel che è tuo
E nulla di nostro ci riscalda”
È difficile esprimere meglio il dolore dei nostri cuori più di quanto abbia fatto il giovane poeta russo in questi quattro versi. Oggi tutti noi, in effetti, siamo impotenti. Non solo i singoli, ma interi popoli e nazioni si sono scoperti indifesi.
Nessuno porterà la responsabilità di criminali avventure politiche – in Cecenia, Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Yemen, Donbass…- che sono costate centinaia di migliaia di vite e hanno rovinato milioni di destini umani.
Come diceva Solženicyn, la violenza e la menzogna camminano sempre insieme. La violenza non vive da sola, non può; è sempre mescolata alla menzogna. Nulla può mascherare la violenza se non la menzogna.
La violenza non è solo fatta dagli atti terroristici che oggi hanno luogo nel mondo in quantità mai vista e che suscitano in ognuno di noi angoscia per la nostra vita e la sorte dei nostri familiari ed amici. La violenza non è meno terribile per il fatto che penetra di nascosto nella coscienza, deturpa i nostri cuori, uccide la fede nel bene e nella giustizia, ci rende impotenti di fronte all’ignoranza ed all’oscurantismo, confonde impietosamente il bene con il male.
Un’enorme quantità di uomini che nell’anima non hanno nulla, o solo un vuoto malvagio, si nascondono dietro la cosiddetta idea nazionale e diffondono i semi dell’odio tra popoli e nazioni che sino a ieri vivevano pacificamente fianco a fianco.
Il nazionalista è tanto più temibile in quanto per sua natura è un ottimista duro di cuore, che rifiuta la comprensione tragica della vita e si oppone pertanto radicalmente alla verità. La sua è una rivolta contro la religione e l’umanità, una sfacciata menzogna propagandata diabolicamente da uomini incrudeliti, che si arrogano impunemente il diritto di presentarsi come portatori dell’unica idea giusta e come combattenti per la felicità del popolo. E un patriottismo imposto dall’alto fornisce grandi opportunità a questi bastardi fascisteggianti di trasformare il popolo in una folla senza cervello. Ma noi sappiamo che ciò sta più vicino alla folla si può comprare facilmente. E che rivolgersi ad una massa come ad un popolo produce un duraturo e malvagio oscurantismo.
Quando vivi in mezzo ai peccatori, il peccato ti si appiccica addosso. Ma lo scrittore è un vero scrittore quando anche nelle condizioni più estreme sa conservare in sé una coscienza serena di fronte all’autenticità vera.
“La verità sta più in alto di Nekrasov, di Puškin, del popolo, della Russia”, così scriveva Dostoevskij. E un altro scrittore, il nostro contemporaneo Salman Rushdie, ci avverte: “State attenti agli scrittori che si proclamano voce della nazione”.
Per essere amati dalla massa si può scrivere come si vuole e ciò che si vuole, ma solo a pochi scrittori è dato di diventare cari al cuore del proprio lettore. Tutta la vera letteratura è un cammino onesto, un cammino percorso dal pensiero e dal sentimento dello scrittore. Uno scrittore non è tale per il fatto che viene adorato da una massa di lettori. Uno scrittore è tale se esprime autenticamente valori morali permanenti e il popolo gli affida il suo dolore. Lo scrittore è un insegnante uscito dal cuore del popolo e non è assolutamente colpevole se i politici non riescono a capire questa sua magica capacità.
La psicologia del potere non sopporta gli scrittori che hanno un proprio sguardo sugli avvenimenti decisivi che avvengono nella vita di un popolo. Il potere è stato crudele e senza misericordia.
Ma non voglio dilungarmi troppo su questo. Non voglio svergognare il mio piccolo paese di fronte ad un uditorio straniero; e non amerò di meno il mio paese in seguito a ciò che i suoi attuali governanti mi hanno fatto. Nella mia storia ci sono molte storie tristi, ma anche molte utili e istruttive.
Mi sembra che con questa mia piccola opera, pubblicata adesso anche in lingua italiana, io sia riuscito a raggiungere il mio scopo principale: salvare molti armeni dall’odio verso il mio popolo. Ho compreso che in questo conflitto sanguinoso non siamo colpevoli noi né gli armeni; i popoli non si farebbero mai la guerra se la politica non si intromettesse nella loro vita. Mi sono convinto ancora una volta che i nostri popoli sono buoni presi in sé, ma insieme sono semplicemente stupendi. Ho sempre saputo che dall’invisibile al visibile si può giungere solo attraverso la sofferenza. Adesso io ho percorso questo cammino con i miei passi, cercando di non inciampare, di non cadere. Evidentemente la mia anima doveva essere nuovamente tormentata per prendere coscienza e comprendere se stessa tra una moltitudine di persone inclini a vendersi rapidamente e a tradire stagionalmente.
Ci sono alcuni episodi della vita che valgono molte vite. In questo episodio della mia vita io sono un eroe per alcuni e un traditore per altri. Personalmente non ho mai pensato, neppure per un istante, di essere un eroe e neppure un traditore; ho sempre pensato di essere un normale scrittore e un umanista capace di compatire la sofferenza altrui.
Mi sono trovato nella situazione di Galilei, che non dubitò neppure per un secondo di avere ragione, ma che con questa verità per lui indiscutibile non riuscì però a raggiungere i cuori rugginosi dei custodi dei dogmi dominanti.
Ho perduto la tranquillità ed il benessere a causa di un piccolo passo per l’avvicinamento di due popoli affini, legati non solo da una vicinanza geografica, ma anche da un destino storico di molti secoli. E non ho sogno più intimo di quello di vederli di nuovo insieme. E vorrei tanto vivere sino a quel giorno luminoso.
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