Tipologia: Notizia

Tag:

Area: Italia

Categoria:

Il Patto di Stabilità per l’Europa sud orientale: una scheda tecnica

Gli oltre 40 firmatari del Patto hanno contratto l’impegno politico di "sostenere i Paesi dell’Europa Sud-Orientale nei loro sforzi di sviluppare la pace, la democrazia, il rispetto dei diritti umani e la prosperità economica, allo scopo di raggiungere la

27/12/2001, Redazione -

Pubblichiamo alcuni estratti della ricerca di Teresa Polara sullo stato dell’integrazione dei Balcani nelle istituzioni europee. Iniziamo con la scheda sul Patto di Stabilità.
Vai all’indice dell’intera ricerca
1. Strategia e funzionamento del Patto di Stabilità.

Il Patto di Stabilità per L’Europa Sud-Orientale, adottato a Colonia il 10 giugno 1999 in concomitanza con i lavori del Consiglio Europeo, è stato sottoscritto da un considerevole gruppo di firmatari:
– gli Stati membri della UE,
– la Commissione Europea,
– la Banca Europea per gli Investimenti,
– gli Stati della regione e confinanti: Albania, BiH, Bulgaria, Croazia, Macedonia, Ungheria, Romania, Slovenia, Turchia,
– Paesi del G8: USA, Canada, Giappone, Russia,
– organizzazioni internazionali: ONU, UNHCR, OSCE, Consiglio d’Europa, NATO, OECD, UEO, FMI, Banca Mondiale, BESR,
– organizzazioni regionali: Royaumont, BSEC, CEI, SECI, SEECP,
ai quali altri si sono aggiunti in un secondo momento, come Svizzera, Norvegia, Moldova.
L’iniziativa di lanciare il Patto di Stabilità è stata presa dall’Unione Europea e il documento fondativo del Patto fa propria l’impostazione già varata dalla Commissione, prospettando l’integrazione dei Paesi dell’Europa sud-orientale nelle strutture comunitarie. Gli oltre 40 firmatari hanno contratto l’impegno politico di "sostenere i Paesi dell’Europa Sud-Orientale nei loro sforzi di sviluppare la pace, la democrazia, il rispetto dei diritti umani e la prosperità economica, allo scopo di raggiungere la stabilità nell’intera regione". Tale impegno, nelle intenzioni dei firmatari, è funzionale al proposito degli stessi Paesi di entrare a far parte delle strutture euro-atlantiche, Unione Europea e NATO. Il Patto di Stabilità viene in tal modo a costituire uno strumento ulteriore e complementare, rispetto a quelli comunitari già esaminati, per assistere i Paesi della regione nel processo di avvicinamento all’Unione Europea. Analogamente a quanto verificatosi nel caso del Processo di Stabilizzazione e di Associazione, la RFY è stata inclusa solo dall’ottobre del 2000 nel novero di quei Paesi.
Il Patto si pone obiettivi ambiziosi – pace duratura, prosperità e stabilità per la regione – proponendosi come il primo serio tentativo della comunità internazionale di sostituire la politica finora praticata nei confronti dell’Europa sud-orientale, fatta di interventi di reazione alle singole crisi regionali, con una strategia complessiva, coordinata e di lungo termine per la prevenzione dei conflitti. I firmatari ritengono necessario, per garantire l’afficacia delle politiche di prevenzione dei conflitti e mantenimento della pace, progredire contemporaneamente in tre settori chiave: la sicurezza, l’adozione di sistemi democratici e il conseguimento del benessere economico e sociale. Apprezzabile intento, considerando che le guerre e i nazionalismi uniti ad una disastrosa transizione economica hanno pesantemente logorato il tessuto sociale, i vincoli tra le comunità, i servizi, le forme tradizionali di assistenza in buona parte dell’Europa sud-orientale.
Il Patto di Stabilità rappresenta quindi innanzitutto un impegno, una dichiarazione politica, un accordo quadro di cooperazione internazionale mirante all’elaborazione di una strategia condivisa per la stabilità e la crescita dell’Europa sud-orientale. Non costituisce un’organizzazione internazionale, non è dotato di bilancio autonomo né di strutture esecutive. Dal punto di vista organizzativo, il Patto si avvale di un Coordinatore Speciale, nella persona di Bodo Hombach, cui compito principale è quello di porre le strategie politiche dei partecipanti in linea le une con le altre e di coordinare e armonizzare tra loro le iniziative intraprese nella regione, in tal modo contribuendo ad evitare inutili sovrapposizioni.

TABELLA E: Il sistema organizzativo del Patto di Stabilità.

Il Coordinatore presiede il principale strumento del Patto, il Tavolo Regionale, che riunisce periodicamente rappresentanti di tutti i governi e le organizzazioni coinvolte ed ha il compito di tracciare linee di azione e di verificare quanto già realizzato. Tre Tavoli di Lavoro, strumenti operativi coordinati dal Tavolo Regionale, sviluppano i settori chiave definiti dal Patto. (TAB. E)
Per completare il quadro, la Commissione Europea e la Banca Mondiale coordinano le misure di assistenza economica per la regione e, congiuntamente, presiedono un Gruppo Dirigente ad Alto Livello di cui fanno parte i Ministri delle Finanze dei Paesi G8 e della UE, i rappresentanti delle Istituzioni Finanziarie Internazionali e il Coordinatore Speciale. Le misure di assistenza economica vengono intraprese sulla base di progetti, esaminati e selezionati dai Tavoli di Lavoro settoriali. I progetti selezionati non vengono finanziati dal Patto, ma sottoposti ad una Conferenza Regionale sul Finanziamento, alla quale intervengono i potenziali donatori.

2. I risultati conseguiti fino ad oggi.

Il Tavolo I "Democratizzazione e Diritti Umani" ha istituito una serie di Task Force, che propongono programmi di intervento nei settori: diritti umani e minoranze, democratizzazione, politiche giovanili e formazione, pari opportunità e questioni legate al genere, cooperazione parlamentare.
Il Tavolo II "Ricostruzione Economica" si occupa essenzialmente di intraprendere iniziative per favorire: sviluppo delle infrastrutture regionali, riforme tese a realizzare un’economia di mercato e favorire gli investimenti, strategie per promuovere il settore privato e le medie imprese, opportunità legate alle nuove tecnologie, ambiente, dimensione sociale.
Il Tavolo III "Sicurezza" ha la funzione di favorire la cooperazione regionale nel campo della difesa, in cui ricadono lo scambio di informazioni militari, la creazione di un Forum di coordinamento sul problema delle mine, la lotta alla circolazione incontrollata di armi leggere. Nel campo della giustizia e degli affari interni è stata istituita una Task Force contro la tratta di esseri umani e sono stati elaborati programmi per la lotta contro il crimine organizzato e per contrastare la corruzione, oltre che per favorire la cooperazione di polizia.
Si tratta complessivamente di azioni il cui potenziale in termini di efficacia andrà verificato nel tempo.
Il Tavolo Regionale ha tenuto sinora tre incontri, nel corso dei quali ha tra l’altro approntato un’Agenda per la Stabilità, e convenuto sull’opportunità di collegare le richieste di finanziamenti a progetti elaborati su priorità definite.
Alla prima Conferenza Regionale sul Finanziamento, svoltasi nel marzo del 2000, il Coordinatore Speciale ha quindi presentato alla comunità dei donatori alcuni progetti a medio termine ma soprattutto il "Quick Start Package", un pacchetto di 244 progetti relativi ai settori dei tre Tavoli di Lavoro da avviare entro 12 mesi, prescelti al termine di una complessa selezione. I progetti, per un ammontare totale di 1.800 milioni di Euro, sono stati quasi tutti predisposti dagli stessi Paesi beneficiari e per la maggior parte coinvolgono più Paesi, nello spirito della cooperazione regionale sollecitata dal Patto, nonché nello spirito del Processo di Stabilizzazione e di Associazione nel quale molti Paesi dell’area sono coinvolti.
Alla Conferenza i donatori si sono impegnati a elargire 2.400 milioni di Euro, superando le aspettative. Tra le somme promesse e i finanziamenti ad oggi effettivamente conferiti esiste tuttavia un divario, che si ripercuote nei tempi di realizzazione dei progetti, dovuto in parte alla lentezza di certe procedure utilizzate dai donatori, in parte, meno frequentemente, a scarsa capacità di assorbimento dei finanziamenti da parte dei Paesi beneficiari e in parte a problemi tecnici.
Pur tra mille ritardi e difficoltà, ad un anno di distanza, nel marzo del 2001, 201 progetti sui 244 totali, pari all’82%, sono stati concretamente avviati. Complessivamente, secondo il Rapporto sull’Implementazione del Quick Start Package presentato dal Coordinatore Speciale nel maggio 2001, il grado di attuazione sarebbe incoraggiante e il QSP avrebbe dato un’importante spinta in avanti alla realizzazione di sostanziali riforme interne volte ad avvicinare i Paesi dell’area alla UE. In particolare, la cooperazione regionale sarebbe considerevolmente migliorata.
Riguardo allo stato di attuazione, dei 144 progetti presentati nel quadro del Tavolo I, settore Democratizzazione e Diritti Umani, 112 stanno procedendo come stabilito, 21 procedono lentamente e 11 presentano un netto ritardo. Circa il 50% della somma stanziata in sede di Conferenza è stata versata.
Il Tavolo II, settore Ricostruzione Economica, comprende 50 progetti. Tra i 16 non relativi alle infrastrutture, 10 hanno compiuto progressi soddisfacenti. Tra i 34 relativi alle infrastrutture, 9 consistono nella realizzazione di uno studio. Degli altri 25 progetti, consistenti nella realizzazione di costruzioni, 15 hanno avuto inizio. Altri 7 hanno subito dei ritardi, mentre i rimanenti 3 sono risultati incompleti.
Il Tavolo III, settore Sicurezza, comprende 45 progetti. Per il settore Difesa, 15 progetti su 21 stanno procedendo secondo i tempi stabiliti, 4 sono iniziati con ritardo e i rimanenti 2 non sono iniziati. Per il settore Giustizia e Affari Interni, 16 progetti su 18 sono in corso di attuazione secondo i tempi stabiliti.
Ai 34 progetti per interventi sulle infrastrutture, che comprendono incentivi allo sviluppo del settore privato e credito alle imprese, sono state assegnate risorse per un totale di circa 1.237 milioni di Euro, una somma pari ai 2/3 circa di quanto richiesto in sede di Conferenza. Dalla sproporzione notevolissima tra l’impegno dedicato alla ricostruzione e gli sforzi prodigati negli altri settori, segnatamente in quello della democratizzazione e dei diritti umani, scaturiscono le critiche rivolte da alcuni settori della società civile al funzionamento del Patto di stabilità, che risulterebbe eccessivamente centrato sugli aspetti economici della ricostruzione e della transizione ad un’economia di mercato.
Per quanto attiene alla ripartizione dei finanziamenti per i 34 progetti sulle infrastrutture tra i vari Paesi e regioni, il maggior beneficiario risulta la Romania, seguita dalla Bulgaria, poi la Croazia, l’Albania, la Macedonia e la Bosnia-Erzegovina, infine il Kosovo e il Montenegro (TAB. F). La Serbia, nel testo costitutivo del Patto ritenuta implicitamente responsabile della mancata affermazione dei principi e dei valori democratici all’interno della RFY, non risulta beneficiaria. La Conferenza per i finanziamenti relativa a questo primo insieme di progetti si è infatti svolta precedentemente al mutamento politico intervenuto nella RFY nell’ottobre 2000, che costituiva per la UE la precondizione necessaria per integrare la RFY tanto nel SAP quanto nel Patto di Stabilità.

TABELLA F – Ripartizione per beneficiario degli investimenti su Progetti relativi a infrastrutture.

Si attendono notizie sull’avvio dei progetti a medio termine presentati in occasione della prima Conferenza. Complessivamente, nonostante la lentezza dei meccanismi del Patto di Stabilità, si intravedono i primi risultati. L’impalcatura del Patto, in ogni caso, ha rivelato alcune debolezze strutturali, prima tra tutte la vaghezza del ruolo e delle prerogative del Coordinatore Speciale e la scarsa chiarezza in merito alle responsabilità di attuazione.

Una seconda Conferenza Regionale sul Finanziamento si è tenuta il 25/26 ottobre 2001 a Bucarest.
La Conferenza non avuto, come la precedente, lo scopo primario di reperire fondi, quanto piuttosto quello di affinare strategie e priorità. Obiettivo annunciato della Conferenza consisteva infatti nel fare il punto sulla situazione dei programmi finanziati e sul processo consistente nel canalizzare le maggiori risorse verso le aree individuate come prioritarie. E’ stata inoltre esaminata l’opportunità di adottare nuove linee strategiche, consistenti principalmente nel favorire:
– la promozione del settore privato, soprattutto nell’ambito delle piccole e medie imprese;
– una maggiore liberalizzazione dei commerci, con l’obiettivo di ulteriore integrazione della regione. Sette Paesi dell’area balcanica (BiH, Croazia, Yugoslavia, Albania, Romania, Macedonia e Bulgaria) hanno, a questo proposito, firmato nel giugno 2001 un accordo con cui si impegnano a stabilire una zona di libero scambio entro la fine del 2002, nella prospettiva di creare una rete di accordi bilaterali di liberalizzazione del commercio che consenta di eliminare i diritti doganali su almeno il 90% dei prodotti scambiati fra i Paesi firmatari;
– la creazione di infrastrutture, da realizzarsi attraverso un coordinamento regionale.
Pur presentato come scopo secondario, il reperimento dei fondi ha tuttavia prodotto risultati molto consistenti. Alla Conferenza i donatori si sono infatti impegnati a elargire un totale di 3.000 milioni di Euro. Di questi, 2.400 milioni sono destinati a progetti riguardanti infrastrutture, 500 milioni a progetti per il supporto al rientro dei rifugiati in RFY, BiH e Croazia, e i restanti 100 milioni ad attività da realizzarsi nel quadro dei Tavoli di Lavoro I e III.
I Paesi donatori hanno riaffermato, in seguito ai fatti dell’11 settembre, il proprio impegno alla stabilizzazione della regione, riconoscendo che i Paesi dell’Europa sud-orientale hanno compiuto progressi sostanziali, tanto verso la stabilizzazione democratica ed economica quanto verso la cooperazione regionale. I Paesi beneficiari hanno espresso, da parte loro, un deciso impegno a consolidare ed espandere la cooperazione regionale e ad attuare le riforme economiche ed istituzionali.
A Bucarest è stato fatto circolare, tra l’altro, un documento informativo su un progetto di coinvolgimento delle Organizzazioni Non Governative nelle attività promosse dal Patto. Sulla base di iniziative precedenti, ed a seguito di dichiarazioni del Coordinatore Speciale sull’importanza delle ONG nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione, nella prevenzione dei conflitti e nella costruzione di una società tollerante e multietnica, nel maggio del 2001 è stata infatti decisa l’istituzione di un organismo consultivo composto di ONG. L’obiettivo dovrebbe essere quello di sviluppare un meccanismo consultivo all’interno del Patto di Stabilità, attraverso il quale assicurare che le questioni sollevate dalle ONG rispetto alle attività dei tre Tavoli vengano prese in considerazione, tanto sul piano nazionale quanto su quello regionale. Indubbiamente, ciò contribuirebbe a ridefinire le priorità delle azioni favorendo un maggiore equilibrio tra attività realizzate nel settore diritti umani e democratizzazione e attività di stampo economico. Resta da verificare in che misura e con quali risultati questo progetto di coinvolgimento verrà attuato.
Vai all’indice dell’intera ricerca

editor's pick

latest video

news via inbox

Nulla turp dis cursus. Integer liberos  euismod pretium faucibua

Possono interessarti anche