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Il mosaico musicale di Istanbul, città di mezzo

In questa intervista rilasciata alla rivista turca "Roll", Fatih Akin, regista e attore, racconta del suo recente film, della ricchezza culturale della Turchia, della potenzialità di collegamento tra occidente e oriente così tipica di Istanbul

05/07/2005, Redazione -

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Fatih Akin, madre di Istanbul e padre della regione del Mar Nero, nato e cresciuto nel quartiere popolare di Altona ad Amburgo, è uno dei giovani rappresentanti della comunità turca in Germania. Attore cinematografico, negli ultimi anni si è affermato però nel ruolo di regista. Tra i suoi successi più recenti m Juli (A luglio), Gegen die Wand (Contro il muro, apparso in Italia con il titolo "La sposa turca") e Solino (che narra le vicissitudini sentimentali di due giovani figli di immigrati italiani in Germania), film nei quali è ricorrente il tema dell’identità multipla di personaggi in bilico tra culture diverse. Sull’onda del successo e della notorietà che gli ha portato Gegen die Wand, è stato invitato a far parte della giuria dell’ultimo Festival di Cannes, presieduta da Emir Kusturica. Nella stessa occasione ha presentato fuori concorso il documentario (ma lui preferisce chiamarlo film musicale), Crossing the bridge/Istanbul hatirasi (Ricordo d’Istanbul).
Un affascinante viaggio nella ribollente varietà dei fermenti musicali della metropoli turca, chiamata a sintetizzare la complessità, che sfugge a qualsiasi tentativo di classificazione, non solo della musica ma di quel mosaico culturale che è la Turchia. Il film è costruito intorno ad Alexander Hacke, bassista degli Einsturzende Neubaten, nei panni del Virgilio che ha il compito di accompagnare lo spettatore nel paradiso sonoro sulle rive del Bosforo. Lo accompagnano in questa impresa i Baba Zula, un gruppo "Oriental Dub". Alla conturbante voce della cantante, l’irlandese Brenna McCrimmon, spetta poi anche il compito di chiudere il film con un’esecuzione alle prime luci dell’alba, a bordo di un battello sul Bosforo.
Il film è strutturato in due parti distinte: nella prima prendono posto cantanti e gruppi che rappresentano il presente della musica turca: ci sono i Duman (Fumo) gruppo grunge molto popolare tra i giovani grazie anche all’inconfondibile voce del suo cantante, i gruppi sperimentali come i Replikas e gli Orient Expressions, la stella dell’hip hop anatolico Ceza (Punizione) accompagnato dal suo eccentrico padre, i Siya Siyabend, un gruppo di musicisti da strada, i richiami sufi della musica tasavvuf del ney di Mercan Dede, i ritmi gitani dei Selim Sesler, che Alexander Hacke segue fino al loro villaggio natale in Tracia ed infine Aynur, la cantante curda che lascia letteralmente senza fiato lo spettatore con la sua interpretazione di una canzone tradizionale nella sua lingua madre, all’interno di un hamam.
Nella seconda parte invece un omaggio ad alcuni mostri sacri: l’ultraottantenne Muzeyyen Senar, icona della musica classica turca, che domina la scena cantando uno dei suoi classici, sorseggiando un bicchiere di raki, Orhan Gencebay, il padre del genere arabesk, nato negli anni ’70 utilizzando sonorità arabe appunto, i cui testi esprimono il dolore e le difficoltà vissute dalle popolazioni rurali coinvolte nel gigantesco processo di urbanizzazione dell’epoca. A lungo osteggiata dalle autorità ed anche dalle elites del Paese che la consideravano appunto troppo "orientale" e fatalista, fondata su sonorità considerate estranee alla tradizione turca, vive da alcuni anni una prepotente fase di riabilitazione. Infine la suadente e malinconica voce di Sezen Aksu, da vent’anni regina incontrastata della musica d’autore turca e poi Erkin Koray, colui che per primo ha portato le sonorità rock nella Turchia degli anni ’70, insieme con istrioniche provocazioni ed il suo anticonformismo.
Nelle settimane scorse Fatih Akin era ad Istanbul, proprio mentre nella metropoli si apriva la stagione dei concerti, prima con RockIstanbul che ha visto tra gli altri la presenza dei Megadeath, Garbage, Kraftwerk ed un festival internazionale heavy metal. Lo ha intervistato la rivista ROLL, una delle testate musicali più popolari tra i giovani turchi. f. s.

"Lo ha imparato dalla nonna", di Derya Bengi/Ogan Guner/Tacide Kaya, ROLL n. 6, Giugno 2005

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni

Nel documentario hai dato spazio a molti generi musicali diversi. Se avessi girato un film su una qualsiasi altra città del mondo, avresti potuto imbatterti nella stessa varietà?

Ci devo pensare. Ad esempio ad Amburgo ci sono molte culture musicali diverse, non solo quella tedesca. Turchi, greci, arabi, hanno portato le loro musiche. In un ristorante mangi falafel ed ascolti rai, vai in un club ed ascolti il London Sound, non puoi trovare una musica tipica di Berlino, piuttosto l’insieme di tutte queste culture musicali, alla fine tutte diverse.

Vuoi dire che non si sono sufficientemente influenzate tra loro…

Sì. Qui invece musica popolare, musica classica (turca. Nda), arabesk, hip pop, rock, eccetera, sono tutte in turco. Io ho viaggiato molto ma credo che ci siano poche città al mondo come Istanbul. Musiche tipiche, legate ad un posto specifico, che si nutrono delle persone di quel posto. Del resto come ha detto Alexander Hacke nel film "Abbiamo grattato solo la superficie" non siamo andati in profondità. La prima cosa che ci ha detto Orhan Gencebay dopo aver visto il film è stata "Questo film dovrebbe durare 6 ore, mancano molte cose"

Quando te l’ha detto?

Oggi. Io gli ho chiesto direttamente "Maestro, come l’ha trovato?" – "Abbastanza buono ma manca questo e quest’altro..". Ha ragione ma questo è quello che siamo riusciti a far stare in 87 minuti.

Ti ha fatto qualche esempio?

In realtà ero abbastanza ubriaco quindi ho potuto capire solo la metà delle sue parole. Mancano i cori, le musiche delle minoranze… Per esempio se guardiamo ai Sefarditi, nel 1400 hanno portato dalla Spagna la loro cultura musicale. Se avessimo avuto più soldi forse saremmo dovuti andare in India, forse seguire la Via della Seta, per comprendere la musica Rom. Non ci sono molti posti come la Turchia, è un ponte dal quale sono passati tutti. Le crociate, gli arabi, i greci, gli armeni, sono passati tutti e tutti hanno lasciato qualcosa.

Secondo te questa ricchezza è riconosciuta? In quante case puoi trovare i CD di Ceza oppure di Muzeyyen Senar?

Secondo me, però, tutti traggono ispirazione da qui. Diecimila anni fa i Mesopotamici hanno fatto musica qui. Cinquemila anni fa hanno fatto musica i turchi. Quando si parla di America per esempio, in fondo si tratta di una storia di 500 anni… Guardando alla situazione politica turca attuale, la musica ne rappresenta lo specchio. Forse lo sapevo ma non riuscivo ad esprimerlo. Bizon dei Siyabend nel film dice "Sono uno di quelli che crede che la musica possa cambiare qualcosa", io sono completamente d’accordo. Ho imparato molte cose girando questo film. Il lavoro di Mercan Dede sul Sufismo… Il Sufismo viene dal Buddismo, i Turchi prima di diventare musulmani erano legati alla cultura sciamanica, quelli che venivano dalla Cina erano buddisti. Dopo essersi convertiti hanno nascosto le filosofie del passato.
Del resto anch’io mi interesso di filosofie orientali, è molto di moda (ride).

Hai detto della musica che è lo specchio della politica turca…

Qui secondo me è un mosaico. I fascisti possono dire "Che diavolo significa mosaico, qui è tutto marmo!" (E’ lo slogan con cui i nazionalisti replicano alla crescente definizione della cultura turca come mosaico. Ndt) ma qui è realmente un mosaico. Se osserviamo quello che è successo dopo aver finito il film, sono accadute così tante cose: la protesta per la bandiera (Il riferimento è ai cortei in difesa della bandiera turca organizzati dopo che, nello scorso marzo, durante il Newroz due ragazzini curdi avevano tentato di bruciarne una. Ndt), le vicende armene, la vicenda di Orhan Pamuk. Proprio mentre si sta andando nella giusta direzione, all’improvviso succede qualcosa. Io ho veramente paura che possiamo diventare come la Jugoslavia. Ho un gran numero di amici jugoslavi serbi, albanesi, bosniaci. Questa storia del nazionalismo e delle minoranze si è già vissuta in Jugoslavia ed in più noi non siamo nemmeno dentro l’Europa, siamo più vicini ai luoghi della guerra. La Jugoslavia è andata in frantumi e nessuno è andato in suo aiuto. Hanno perso tutti in quella guerra. Ho paura che un giorno o l’altro ci possa accadere la stessa cosa… Per esempio io non ho ancora capito la questione armena… Se fosse davvero successa sarebbe una cosa molto naturale che una società analizzasse in modo critico la propria storia, il proprio passato. Lo fanno le società intelligenti… I film di Oliver Stone sono sempre rese dei conti con l’America. Non è possibile limitare Orhan Pamuk dicendo questo è vietato, quest’altro è vietato… Secondo me il film cerca di esprimere proprio questo. Aynur in modo molto naif dice "Che tutti si amino!" e mentre si girava il film il suo album è stato vietato! Non ci potevo credere, mi rattrista molto. Mi rattrista perché amo le persone di qui.

Credi che il tuo sia un film coraggioso?

No.

Ma si tratta di un film coraggioso. Stanne certo, molti ti daranno addosso dicendo che si tratta di un film pericoloso…

Ma questo film a chi può far del male, per chi può essere pericoloso? Vi rigiro la domanda.

A quelli che insultano Orhan Pamuk, a quelli che dicono che stiamo svendendo Cipro, a quelli che marciano per la bandiera, i grandi giornali, le televisioni…

Quindi posso diventare un traditore della patria.

Per esempio potresti diventare "il regista caduto nella trappola dei traditori della patria"…

Che dicano che sono un traditore della patria, non lo sono. Certo ci sono voci del genere ed anche molto forti. Ma c’è una cosa molto semplice che ho imparato da mia madre, la quale a sua volta l’ha imparata dalla sua: se il nemico ti lancia pietre, tu lanciagli del pane. Certo è una filosofia difficile, fino ad ora non abbiamo mai provato a metterla in pratica. Che cosa abbiamo fatto finora? Abbiamo preso le armi. Perché abbiamo preso le armi? Perché lo volevano i venditori di armi, la faccenda è tutta qui. Il nazionalismo radicalizzandosi può arrivare al fascismo, è molto stupido. Noi possiamo appropriarci di queste terre senza diventare fascisti, lo possiamo fare amando gli altri. Dico questo non solo per i militari ma anche per il PKK

Secondo te l’Europa come accoglierà questo film? Probabilmente non aderisce alle loro categorie, alle loro aspettative…

C’è una grande sorpresa là, una sorpresa che può arrivare fino all’invidia. Il mio film gli dice "La nostra cultura musicale è più ricca della vostra. Guarda fratello, qui è così, è una cosa diversa, una cosa più sentimentale". In realtà questo film è un ritratto di una città. Un ritratto che nello stesso tempo vale anche per la Turchia. Solo girando ci siamo accorti dell’importanza del lavoro che stavamo facendo. Il film sarà proiettato nei luoghi più importanti. Per esempio Cannes, riuscite a immaginarvelo? Orhan Gencebay ha avuto la possibilità di farsi conoscere a Cannes. Secondo me è una grande sorpresa. Alla fine si tratta di un piccolo film, indipendente. Non so quale effetti potrà avere, ma se riuscisse a mandare in crisi anche solo due-tre persone sarebbe sufficiente.

Qual è la differenza tra il Fatih Akin prima e dopo il film?

Sono una persona più matura, c’è in me una certa tranquillità. Dopo "Contro il muro" siamo riusciti a creare un’attenzione globale. Vale per ogni posto in cui è proiettato il film, l’Argentina, il Messico, l’Europa. Adesso tutti guardano con curiosità alla Turchia, è il turno di questo film adesso.

Hai usato in modo molto interessante la possibilità che ti è stata data dal successo di "Contro il muro". Avresti potuto sfruttarla per uno scopo molto personale ed invece hai spostato l’attenzione sulla Turchia…

Alla fine sono una persona che si interessa di politica. Leggo "Der Spiegel" e mi arrabbio. Fanno commenti, hanno un loro punto di vista. Voi come giornale utilizzate le vostre possibilità per esprimervi, io non sono d’accordo con le vostre posizioni ed allora vi mostro la mia. Per questo ho girato un documentario, in realtà si è trattato di un lavoro giornalistico. Ancora ci sono persone che mi chiedono "Ti senti più turco o più tedesco?" Me lo chiedono dopo ogni film ed io do sempre risposte diverse. Questa volta ho chiesto io la stessa cosa ad Istanbul "Sei oriente o occidente?" "Noi non siamo né oriente né occidente, siamo nel mezzo"

Oppure alla fine hai risposto "Che mi importa di questa domanda?"

Sì, anche secondo me ha risposto così: "Sono tutte e due, sono nel mezzo fra le due cose" . E’ una cosa strana identificarsi con una città, non con uno scrittore, un artista, una persona ma con una città, è una cosa strana.

Recentemente un giornale inglese ti ha chiesto: "Tu fai cinema d’emigrazione?", tu hai risposto "No, io faccio cinema"…

Quella è una vecchia categoria. Non giro film turchi, tedeschi, d’emigrazione, faccio film. Alla fine siamo tutti emigranti. Gli esseri umani da sempre sono andati da un punto A ad un punto B. E allora ogni film americano dovrebbe essere un film d’emigrazione. E’ riduttivo, questa cornice è stretta per le cose che voglio esprimere

Avresti potuto fare lo stesso film con i musicisti turchi che vivono in Germania?

No, perché sono lontani da qui. Credo dipenda dall’ambiente in cui vivono. La musica esprime le condizioni in cui l’artista si trova a vivere. La lingua e la musica dei turchi in Germania sono molto diverse e più povere. Forse solamente nell’hip pop siamo sullo stesso livello. Quello che qui riesce a fare Ceza, a Berlino lo possono fare anche Fuat o Killa Hakan.

A Parigi la comunità algerina è forse più attiva di quella in Algeria. Perché la Germania non è stata quello che per gli algerini è Parigi, perché non c’è stato un fenomeno rai tra i turchi?

La Germania non ha voluto essere Parigi, ecco perché. Non essendoci una musica popolare tedesca, i turchi non hanno trovato materiale di ispirazione

In Germania dopo la Seconda Guerra mondiale la musica è stata completamente annientata. Per questo dagli anni ’60 molti gruppi rock cercano di fare musica sperimentale che non abbia legami col passato. Anche se marginale, è venuta alla luce una musica molto intrigante.

E’ vero, abbiamo ottimi scrittori, letterati, nel cinema ottimi registi, molti di loro hanno una fama internazionale, partecipano ai festival. Perché la Germania ha una tradizione letteraria molto importante, c’è anche un ottimo cinema tedesco. Ma non esiste una ricca tradizione di musica popolare tedesca.

In una tua giornata tipo ascolti la stessa varietà di musica che hai messo nel film?

Dipende dal periodo. Ad esempio se trovo gli U2 alla radio, per una settimana ascolto gli U2. A volte c’è il periodo degli Einsturzende Neubaten, li ascolto per due settimane. Faccio anche il DJ, metto della musica nera, cerco di seguire le novità di questo settore, passo parecchio tempo nei negozi di dischi. Ma nella mia vita c’è sempre uno spazio per la musica turca, a volte la uso anche quando faccio il DJ

Nel film c’è anche questa frase "Da una parte ascolto Zeki Muren, dall’altra i Pink Floyd, alla fine abbiamo trovato una via di mezzo"…

Replikas

Ogni frase che c’è nel film, la sento come fosse mia. Vale anche per questa. Sono cresciuto con Fassbinder e Yilmaz Guney, non mi sento di appartenere completamente a nessuno dei due, ho cercato di metterli insieme e di creare qualcosa di nuovo… Per esempio i Replikas nel film dicono "Per poterci accorgere della musica di qui abbiamo dovuto aspettare di avere 19-20 anni". Anch’io ho cominciato a scoprire lentamente la musica ed il cinema turco, 5/6 anni fa.

Nel film si vede una scritta su di un muro: "No hip hop, yes muslum". Che ne dici?

Quella scritta è ancora su di un muro di Kadikoy. L’ho chiesto a Ceza, mi ha risposto che l’hanno fatta i Punk, è una frase contro la globalizzazione

Ma è anche una scritta globale, dice no e yes

Sì, è completamente incasinata, come Istanbul del resto.

Un ragazzo, carrozziere a Dolapdere ha detto: "L’arabesk è una musica per la società bene, noi ascoltiamo hip hop"…

Interessante. Secondo me attualmente è ancora un fenomeno sommerso, deve ancora esplodere. Durante le nostre ricerche abbiamo saputo che in Turchia è arrivata la disco music ma non il groove. Curtis Mayfield, Stevie Wonder, Isaac Hayes, non c’è nessuna traccia del funky, c’è questa mancanza ed è per questa ragione che l’hip hop è arrivato in ritardo.

La breakdance invece è arrivata rapidamente in Turchia, anche Michael Jackson…

La ragione dell’arrivo della breakdance è legata alla Germania, a metà degli anni ’80 sono tornati molti emigrati… l’84 è stato proprio l’anno della break dance. Ancora oggi i migliori breakdancer sono turchi

Il reggae invece non ha raccolto molti fans…

La gente di qui non ha sentito il bisogno della musica nera. Alla fine anche la musica Rom è musica nera. E’ una teoria interessante. Per esempio in Germania non c’è nulla di simile, non c’è nulla che possa richiamare il groove e tutto è arrivato dall’America. La Turchia in questo senso ha saputo difendersi

Hai detto poco fa che facendo questo film hai fatto del giornalismo?

In genere sono abituato a rispondere alle domande, questa volta è stato il contrario. Era necessario che chi era di fronte a me avesse fiducia, doveva sentire che non lo avrei tradito. Per poter creare questa situazione ho ascoltato molta musica ed ho cominciato ad interessarmi di un po’ di tutto. La differenza principale tra un documentario ed un film è che nel film crei una verità, nel documentario non la crei, cerchi di afferrarla.

Perché hai dato spazio solamente ai musicisti? Perché ad esempio non hai inserito anche chi ascolta musica oppure i luoghi in cui si ascolta? Dove sono i locali, i concerti, la gente?

Dal punto di vista teorico sarebbe dovuto essere così. Per esempio mentre facevamo le riprese con gli Orient Expressions, volevamo raccontare il mondo dei DJ. Siamo andati anche a qualche rave… Erano tutti vestiti di bianco e tutti impasticcati, erano situazioni pazzesche. Francamente non le ho trovate interessanti. Se avessi ripreso il mercato dell’ecstasy, sarebbe stato veramente comico, il film non sarebbe risultato serio. Ad esempio ho chiesto "Perché siete tutti vestiti di bianco?" Sai che risposta mi hanno dato? "A volte vediamo in Tv dei rave in Svizzera, abbiamo cercato di imitarli". Mi sono detto, no assolutamente, non voglio questa roba nel film.
Avrei voluto fare anche delle riprese nei locali ma abbiamo avuto dei problemi con le luci.
Avremmo voluto girare la sequenza con Aynur in un turku bar (bar dove si suona musica tradizionale. Ndt) ma c’era un’atmosfera un po’ turistica. Nel film non ho voluto mostrare una Istanbul immersa nella globalizzazione, né un’Istanbul orientalistica, piuttosto una cosa nel mezzo. Abbiamo quindi deciso di riprendere Aynur in un hamam, beh anche quello è un posto orientalista, per esempio Sertab Erener (la vincitrice della scorsa edizione di Eurovisione. Ndt) ha fatto una clip in un hamam. Aynur non voleva, ma l’acustica era così perfetta che alla fine l’abbiamo convinta.

La tua Istanbul non ha un aspetto molto "igienico"…

Certo tesoro, è così anche in "Contro il muro" . Quello che voi chiamate sporco lo possiamo chiamare vero? Che non si arrabbino i musicisti di Replikas ma nessuno di loro è bello, nessuno che assomigli a Tarkan. Hanno peli sulle spalle, denti rotti o marci ma suonano molto bene.

Nei titoli di coda appaiono anche nomi di artisti scomparsi…

Certo Safiye Ayla, Zeki Muren, Baris Manco, Cem Karaca, Tanju Okan, se fossero stati in vita senza dubbio avrebbero trovato posto nel film. Per esempio un artista come Zeki Muren sarebbe stata anche l’occasione per entrare nel mondo dei travestiti.

Erkin Koray

Non è stato facile probabilmente lavorare con Erkin Koray…

Ah lui è un tipo un po’ confuso, peggio di me, all’ultimo momento si è dimenticato di noi. Ci eravamo messi d’accordo, siamo arrivati davanti alla porta di casa sua io l’ho chiamato e mi ha detto candido "Ma io adesso sono a Izmir", cose che succedono. Ci siamo visti poi nel backstage del festival Rock’Coke, ho capito che si era completamente dimenticato di noi, mi guardava cercando di capire chi fossi, alla fine ha finto di riconoscerci. Ci siamo poi incontrati molte volte per definire la questione dei diritti d’autore di un paio di sue canzoni, ci siamo anche accordati ma alla fine, dopo aver firmato, abbiamo capito che lui non possedeva quei diritti!

Hai detto di avere chiesto ad Istanbul "Sei oriente o occidente?". Se avessi fatto la stessa domanda alla comunità turca in Germania quale sarebbe stata la risposta?

I concittadini che vivono all’estero non si considereranno mai tedeschi. Io stesso ci ho provato, mi sono detto "Io sono tedesco" ma non ha funzionato, del resto non posso nemmeno dire di essere turco, dentro di me ci sono tutte e due queste cose. Attualmente in Germania c’è una paura molto forte verso i tedeschi, soprattutto dopo l’11 settembre. E poi è stata rafforzata dai delitti d’onore (negli ultimi mesi una serie di omicidi di giovani donne turche motivati da "questioni d’onore" ha occupato la cronaca della stampa tedesca. Ndt)

Secondo te l’adesione della Turchia alla UE quali effetti potrà produrre?

Ridurre la paura tra i tedeschi. In Germania non c’è nessun problema verso i lavoratori greci, italiani o jugoslavi, la ragione è l’essere musulmani… Io francamente non so cosa dovremmo fare, entrare o non entrare nella UE? Non mi piace nessun governo, né Berlusconi né Tony Blair…. La Turchia ha veramente bisogno dell’Unione?

Vorresti rimanere in Turchia?

Definitivamente? No. Io là sto bene, qui voi siete tranquilli? Sembrate proprio dei tipi tranquilli. Di che cosa avete bisogno qui? Di diritti umani. Dal momento in cui la Turchia entrerà in Europa la questione dei diritti umani si sistemerà? Non lo so.

Se fossi un curdo che vive in Turchia vorresti entrare nell’UE?

Probabilmente la penso come Ahmet dei Siyabend "Su queste terre non siamo nemici, i nostri nonni le hanno difese, anche noi dovremmo farlo…". Quello che serve alla Turchia è chiaro: diritti umani, libertà di stampa, un sistema scolastico come si deve. Se riuscissimo ad avere tutto questo non ci sarebbe bisogno dell’Europa.

Com’è l’atmosfera tra i turchi in Germania?

Secondo me se la Turchia entrasse in Europa, i turchi se non tedeschi quantomeno si considererebbero europei, verrebbe annullata la distanza e si verrebbe a formare una nuova identità…. invece secondo quello che dice un amico, i turchi in Germania non sarebbero molto favorevoli all’ingresso della Turchia. Si troverebbero a dover condividere con i turchi della Turchia tutto quello che hanno faticosamente raccolto in molti anni. Sinceramente non so nemmeno io come la penso. Io chiedo ai musicisti di qui se vogliono entrare nella UE ma non l’ho mai chiesto ai miei genitori! Alla fine l’UE è una questione economica: l’età media in Turchia è diciassette anni, in Germania quarantuno. I tedeschi, che sono intelligenti, vogliono i turchi perché se non oggi, domani saremo noi tutti ad occuparci di loro….
Adesso però è un momento di crisi, ci sono cinque milioni e mezzo di disoccupati

Tra i turchi la disoccupazione è molto alta?

Certo. Dovunque la disoccupazione porta agli estremismi, è stato così nella Germania degli anni ’30 ed anche nella Turchia degli anni ’70, da una parte verso destra, dall’altra verso sinistra

I turchi in Germania stanno scivolando verso il nazionalismo?

C’è questo pericolo.

La politicizzazione dei turchi in Germania è arrivata più tardi rispetto a qui…

La contrapposizione degli anni ’70 in Turchia tra destra e sinistra tra i turchi in Germania è apparsa più tardi. Possiamo essere di destra o di sinistra ma adesso viviamo in un Paese straniero, questo era il pensiero dominante allora… dopo le vicende del PKK negli anni ’90 la situazione è cominciata a cambiare. Poi ci sono gli esiliati del 12 Settembre (il 12 settembre 1980 è la data del colpo di stato militare. Ndt)
Per esempio Demir Gokgol, che in "Contro il muro" è il padre di Sibel è uno di sinistra scappato in Germania negli anni ’80.

Ti è piaciuto il film "Gli ultimi 13 giorni di Hitler"?

Non saprei. C’è la volontà di non prendere posizione, non c’è né avversione verso Hitler né si fa propaganda. E’ un film fatto per il botteghino, a me sembra così, è un film di cui nessuno sentiva l’esigenza, è servito solo a rendere popolare Hitler.

Sai che "Mein Kampf" è un libro molto venduto in Turchia?

Sì ho letto e mi ha molto colpito. Perché è così? da cosa dipende?

Secondo alcuni commentatori ci troveremmo in una situazione simile a quella della Germania degli anni ’30, una situazione prodotta dai dibattiti sulla UE, sulla questione curda, su quella armena, Cipro…

Ma va! Non assomiglia per niente alla Germania. Del resto in Turchia il problema delle minoranze c’è sempre stato.

La tua famiglia ha visto il film?

Non ancora, la mia è una famiglia nazionalista. So già che le immagini di Aynur creeranno discussioni, niente di grave ma ci saranno discussioni. E’ una cosa normale.

Com’è il nazionalismo della tua famiglia?

La mia famiglia a grande maggioranza è nazionalista. La mia non è una famiglia ricca, è una famiglia di lavoratori. Non sono di sinistra, come possiamo definirli? Conservatori.
Mia padre è molto religioso, è un haci (titolo che va a coloro che hanno compiuto il pellegrinaggio alla Mecca. Ndt). A mia madre un tempo piaceva Ecevit, quando Ecevit era di sinistra… Adesso l’unico di sinistra della famiglia sono io. Posso dirmi di sinistra? Sì, anche se non conosco Marx, Lenin o Mao, semplicemente dico quello che penso. Su questo punto ho molto discusso con mio padre, sono la pecora nera della famiglia. Mio padre mi ha sempre dato del comunista "Allora comunista, cosa ti prepariamo da mangiare oggi?" ed io gli rispondevo " Allora haci, come va?" Questa è la nostra relazione. Certamente, cerco di fargli cambiare idea, e credo di essere sulla buona strada. Se riuscissi a convincere loro, allora significherebbe che potrei convincere una parte della società.

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