Il Kosovo, Bruxelles e l’allargamento
Nuovo governo del Kosovo, estensione della missione Eulex e negoziati con la Serbia. Ne abbiamo parlato con Viola von Cramon-Taubadel, parlamentare europea tedesca del gruppo verde/ EFA e rapporteur del Parlamento Europeo per il Kosovo
Viola von Cramon-Taubadel è una parlamentare europea tedesca del gruppo verde/ EFA. Ex membro del Bundestag, l’anno scorso è stata nominata relatrice permanente per il Kosovo dalla Commissione per gli affari esteri. Nell’ottobre 2019 ha diretto la missione di osservazione elettorale dell’UE per le elezioni in Kosovo. È inoltre vicepresidente della delegazione del PE per le relazioni con l’Ucraina e membro di spicco del gruppo per il sostegno alla democrazia e il coordinamento elettorale del Parlamento europeo. In questa intervista ci ha parlato del processo di allargamento dell’UE in generale e dei recenti sviluppi in Kosovo.
L’allargamento è stato il fiore all’occhiello della politica estera comunitaria. Negli ultimi anni, tuttavia, questo processo è stato rallentato e oggi sembra in sospeso. Il documento finale del recente vertice UE-Balcani occidentali non cita nemmeno la parola "allargamento". Cosa direbbe alle popolazioni dei Balcani occidentali, sempre più frustrate dall’atteggiamento dell’UE? Facendo parte del gruppo verde, il più favorevole all’allargamento, quali iniziative raccomanderebbe per ripristinare la credibilità del processo di allargamento?
Riesco a capire molto bene la frustrazione della popolazione dei Balcani occidentali. L’integrazione è stata rallentata in molti sensi. Naturalmente la cosa più importante è il processo di allargamento stesso, ma questa è una questione più complessa. Se guardiamo al processo di liberalizzazione dei visti in Kosovo, anche questo si è fermato. Prima chiediamo ai paesi dei Balcani occidentali una serie di azioni e riforme, poi non diamo nemmeno l’opzione dell’allargamento. Stiamo perdendo la nostra credibilità. Purtroppo alcuni stati membri hanno rallentato questo processo a causa di ragioni politiche interne, più che per la performance dei paesi potenziali candidati o candidati. E questo non è sempre un processo equo, ma comunque aiuta quando tutti gli stati dei Balcani occidentali spingono verso ulteriori riforme interne come l’indipendenza della magistratura, un settore dei media forte e indipendente e una democrazia pluralista e multipartitica.
Quando prevede di pubblicare il primo rapporto sul Kosovo al Parlamento europeo?
Se dipendesse da me, l’avremmo già pubblicato. Purtroppo la Commissione europea ha rinviato la sua relazione paese, che è tradizionalmente legata al nostro lavoro: prima alla primavera, poi si è parlato di giugno, poi luglio, e ora settembre. Naturalmente, questo ritardo è in parte dovuto alla crisi COVID-19. Personalmente, penso che sia uno strumento molto importante nelle mani della Commissione, quindi spero che avremo presto una vera data, ma non aspetteremo a oltranza la Commissione e adotteremo una relazione al Parlamento europeo nel 2020.
Il Kosovo ha appena superato una delicata crisi istituzionale. Il nuovo governo guidato da Avdullah Hoti si basa su una coalizione precaria che esclude il partito che ha ottenuto più consensi alle urne. Pensa che questa debolezza possa influenzare le relazioni con l’UE? Come può il governo del Kosovo riprendere il dialogo con la Serbia senza il sostegno di gran parte della società del paese?
Questa situazione era davvero molto delicata. La confusione è diventata evidente perché la Costituzione stessa non è chiara e neppure le precedenti decisioni della Corte costituzionale indicavano una direzione chiara. Ma ora c’è il governo di Hoti e dobbiamo vedere cosa può ottenere. E in tema di dialogo, il nuovo governo ha chiarito che vuole coinvolgere anche altri partiti politici, Hoti sa benissimo che per un risultato positivo serve un ampio sostegno e sta cercando di ottenerlo. E, per essere chiari, da parte di Belgrado non possiamo aspettarci alcun coinvolgimento di altri stakeholder o forze di opposizione.
L’UE è di gran lunga il principale donatore in Kosovo, negli ultimi anni ha investito oltre 3 miliardi di euro. Qual è la sua valutazione della missione EULEX e di ulteriori basi per l’estensione di questa missione? In Kosovo la maggior parte delle persone ignora gli sforzi finanziari dell’UE nell’area. Cosa dovrebbe fare l’UE per aumentare la propria visibilità e raggiungere le opinioni pubbliche?
È un errore strategico da parte dell’UE lasciar brillare altre forze come uniche sostenitrici dei Balcani occidentali. L’UE svolge un lavoro molto prezioso in Kosovo, ma a molti abitanti non viene nemmeno in mente quando si tratta di aiuti esterni. Spendiamo di più, ma non siamo visibili. Questa è una competizione tra attori internazionali e noi stiamo perdendo terreno nella regione, cosa che altri attori sono felici di sfruttare. Anche la missione EULEX dovrebbe essere estesa, in quanto svolge un ruolo molto importante nel campo dello stato di diritto e dei processi giudiziari. Spero che possa continuare il suo lavoro. Per ora, l’estensione del mandato di EULEX non è stata ratificata dal presidente del Kosovo, condizione per l’estensione. Speriamo che questo passaggio venga effettuato il prima possibile.
Perché l’UE sta temporeggiando sulla liberalizzazione dei visti nonostante il Kosovo abbia soddisfatto tutti i criteri? C’è qualche aspettativa che il Consiglio dell’UE possa dare presto il via libera?
Spero davvero che il Consiglio dia il via libera nel prossimo futuro. Ciò sarebbe molto importante per i cittadini del Kosovo, poiché ha un effetto molto tangibile sulla vita delle persone. Le persone si sentono isolate mentre a tutti i paesi vicini viene concessa la liberalizzazione dei visti. E poiché hanno soddisfatto tutti i criteri, hanno fatto i compiti, non c’è davvero bisogno di aspettare oltre. Sono due anni che non manteniamo l’impegno. Come possiamo chiedere altre riforme interne quando non manteniamo le nostre promesse? Questo mi preoccupa molto e sto cercando di convincere altri attori e colleghi degli Stati membri più scettici, ma purtroppo non dipende da me, ma dal Consiglio. Spero che sotto la prossima presidenza tedesca andremo finalmente avanti.
Per quanto riguarda la recente crisi istituzionale, non pensa che il ruolo attivo del presidente Thaci nella sostituzione del governo di Kurti sia stato come minimo inappropriato?
Non è mio compito valutare se sia stato appropriato o meno. La sua interpretazione della Costituzione del Kosovo ovviamente riflette il suo interesse politico. Ma il fatto è che la Costituzione non era chiara in merito, è ambigua e non dà alcuna direzione chiara in queste situazioni. La Corte costituzionale ha deciso in un modo che supporta la sua visione e in uno stato di diritto dobbiamo accettare la decisione di un tribunale. Le raccomandazioni per il prossimo governo sarebbero infine quelle di correggere le carenze e le evidenti contraddizioni della Costituzione in Kosovo, in modo che questi difetti non possano essere strumentalizzati politicamente in futuro.
Nonostante la persistente gravità della situazione ambientale, il tema in Kosovo non sembra essere una priorità nell’agenda dei partiti politici. C’è modo di invertire la tendenza e portare, ad esempio, la questione della qualità dell’aria al centro del dibattito politico?
Faccio parte dei verdi, quindi ovviamente penso che questi temi dovrebbero essere al centro del dibattito. Purtroppo la qualità dell’aria in Kosovo è così scarsa che non si può più evitare questo problema. I politici devono fare di più. La cosa triste è che il Kosovo fa parte della Comunità dell’energia, si è impegnato a integrarsi nel mercato elettrico europeo, a ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni dal 2005, ma non rispetta le proprie regole. Questo deve cambiare. Purtroppo la Comunità dell’energia, che è un’istituzione internazionale per l’integrazione del mercato europeo dell’energia elettrica, non ha il potere di sanzionare in caso di non conformità.
D’altra parte, rimango ottimista. Dato che il precedente piano di costruzione di una nuova centrale a carbone da parte di una società americana è stato recentemente abbandonato, e ora c’è lo slancio per riflettere su ciò che il Kosovo vuole in futuro, spero che il paese non voglia legarsi al carbone.
Per approfondire
Il progetto EUWeBER mira ad offrire agli studenti universitari una migliore conoscenza delle questioni di politica estera europea in particolare in rapporto ai paesi del sud-est Europa e del Partenariato orientale. Prevede seminari interattivi in aula e trasmessi online per un pubblico più vasto, opportunità di tirocinio presso Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT), un blog. E’ promosso dal Centro di eccellenza Jean Monnet dell’Università di Trento in collaborazione con Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e con il sostegno dell’Unione europea.
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