Il goal della bandiera
La firma dei protocolli armeno-turchi, volti a istituire relazioni diplomatiche tra i due stati, ha suscitato forti reazioni anche in Nagorno Karabakh
I protocolli armeno-turchi sottoscritti il 31 agosto hanno suscitato ampia risonanza all’interno degli ambienti politici e sociali dell’Armenia. Del resto, non a caso, tali protocolli sono stati definiti armeno-turchi, proprio perché una polemica "panarmena" era prevedibile. In effetti, la diaspora armena, costituita essenzialmente dagli discendenti delle vittime del genocidio sotto l’impero Ottomano, ha reagito con asprezza. Ma cosa ne pensano invece gli armeni del Nagorno Karabakh?
Come è noto, in principio la controparte turca aveva sempre posto almeno tre condizioni per lo stabilimento di relazioni diplomatiche con la Repubblica Armena: il riconoscimento da parte armena dell’attuale linea di confine fra i due Stati, l’esclusione dall’agenda della politica estera armena di lavori miranti al riconoscimento del genocidio degli armeni e la restituzione all’Azerbaijan dei territori liberati del Karabakh. I segnali successivi indicavano che Ankara era disponibile a stabilire relazioni diplomatiche con l’Armenia, previo adempimento di anche una sola fra le condizioni poste. Su quale di esse sarebbe caduta la scelta?
Secondo il presidente del Consiglio Pubblico per la Politica Estera e la Sicurezza del Nagorno Karabakh, Masis Mailyan, nei testi pubblicati dei protocolli si ritrova pienamente l’istanza relativa al riconoscimento dei confini determinati dagli accordi internazionali, e, parzialmente, quella riguardante il "congelamento" del processo di riconoscimento internazionale del genocidio degli armeni. Mailjan ritiene che entrambi gli elementi debbano suscitare una reazione negativa da parte dell’opinione pubblica armena. L’assenza di un riferimento diretto fra la normalizzazione delle relazioni armeno-turche e la risoluzione del conflitto del Nagorno Karabakh, a suo parere, è però un aspetto estremamente positivo.
Tuttavia, diversi esperti sono concordi nel sostenere che tale riferimento, invece, esista.
Secondo Grač Arzumanyan, esperto di questioni di sicurezza di Stepanekert, è necessario esaminare il problema in maniera più approfondita e non limitarsi alla sfera diplomatica. "Dal momento che non siamo chiamati direttamente in causa nell’esame dei protocolli, inevitabilmente lo saremo ad altre tappe nel corso del processo. È impossibile risolvere la questione dell’apertura del confine armeno-turco, del riconoscimento del genocidio degli armeni, dell’Armenia occidentale, senza sfiorare il problema del Karabakh. Una volta raggiunta la ‘riconciliazione’ sugli altri punti, inevitabilmente ci scontreremo con tentativi di pressione sul fronte Karabakh. E già se ne riscontrano i primi sintomi," ha rimarcato Arzumanyan.
Vagram Balayan, uno dei leader della Federazione rivoluzionaria armena Dashnak, sostiene che nei protocolli armeno-turchi alcuni punti riguardano, indirettamente lo status del Nagorno Karabakh e la questione del Karabakh nel suo insieme. "Ad esempio, nel documento è scritto che entrambe le parti devono riconoscere l’integrità territoriale di parti terze. Domanda: al momento l’integrità territoriale dell’Azerbaijan è riconosciuta a livello internazionale; di conseguenza, domani, dopo la firma del documento, sia alle grandi potenze sia alla Turchia si presenterà la questione del riconoscimento del principio di integrità territoriale. Di fatto questo tocca direttamente il problema del Karabakh".
Tuttavia non si può dire che nel Karabakh predomini la diffidenza nei confronti dei protocolli. Ad esempio, il presidente della Commissione Permanente dell’Assemblea Nazionale della Nagorno Karabakh per le relazioni esterne, Vagram Astanesyan, ritiene che sia meglio avere a che fare "con una Turchia prevedibile piuttosto che con una Turchia imprevedibile. Lo stabilimento delle relazioni diplomatiche rende prevedibili gli sviluppi nelle relazioni tra i nostri due Paesi."
E cosa ne pensano invece le de facto autorità del Nagorno Karabakh?
Intervenendo alla conferenza "panarmena" dedicata alle relazioni armeno-turche e al problema del Karabakh, promossa a Stepanakert su iniziativa della Federazione rivoluzionaria armena Dashnak, il presidente della Repubblica del Nagorno Karabakh, Bako Saakyan, ha dichiarato che qualunque cambiamento nelle relazioni armeno-turche non deve e non può essere intrapreso a danno della risoluzione del conflitto del Nagorno Karabakh, dal momento che tali tentativi di legare due questioni che giacciono su piani diversi, condurranno inevitabilmente ad un vicolo cieco.
È pur vero che poco dopo, il 2 settembre, nel corso delle celebrazioni per il diciottesimo anno della proclamazione dell’indipendenza della Repubblica del Nagorno Karabakh, il presidente Bako Saakyan ha rilasciato una dichiarazione molto netta, senza precedenti.
Constatando che il Nagorno Karabakh segue attentamente gli sviluppi delle relazioni armeno-turche, o, per usare le parole del presidente, "i sinceri sforzi armeni per costruire questi rapporti", Bako Saakjan ha anche sottolineato con rammarico che "per adesso avremo a che fare con quei Paesi, Turchia inclusa, in cui l’inganno è parte integrante della politica" … Sappiamo che sono state promulgate le intese preliminari, che devono essere convertite in accordo, esattamente come conosciamo i commenti fatti immediatamente dopo da parte dei funzionari turchi. Non possiamo illuderci sulla speranza di stabilire relazioni oneste e sincere".
Ma è giusto sottolineare che Saakyan ha rilasciato la dichiarazione in questione in una fase in cui si dubitava seriamente che la Turchia avrebbe ratificato i protocolli. Proprio allora il Presidente dell’Armenia aveva affermato che sarebbe andato ad assistere alla partita di ritorno fra le squadre di calcio di Armenia e Turchia a Bursu il 14 ottobre 2009 solo in caso si fosse rilevato un progresso deciso nel processo di normalizzazione delle relazioni armeno-turche. Il presidente del Nagorno Karabakh, probabilmente, aveva voluto così, esprimere supporto, sia pure in maniera impulsiva, al suo omologo di Yerevan.
Più o meno contemporaneamente si è verificato un secondo "incidente". I collaboratori del giornale turco "Millyyet" e del canale televisivo turco NTV in trasferta a Stepanakert, hanno intervistato il ministro degli Affari Esteri del Nagorno Karabakh, e questo ha sollevato sconcerto non tanto in Turchia, quanto in Azerbaijan. A breve distanza dal fatto, la stampa azera ha diffuso l’informazione secondo cui Ankara avrebbe riconosciuto come "illegale" la trasferta dei due giornalisti turchi in Nagorno Karabakh.
L’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri del Nagorno Karabakh ha replicato sostenendo che nonostante la polemica sollevata da Baku con riferimento alla trasferta in Nagorno Karabakh dei cineoperatori turchi del canale televisivo NTV, e la pressione esercitata dall’Azerbaijan sul governo turco, i giornalisti turchi continuano a rivolgersi alle autorità del Nagorno Karabakh per l’ottenimento del permesso ad entrare sul territorio che controllano con lo scopo di documentare gli avvenimenti in corso. "Il Nagorno Karabakh è aperto ai giornalisti, indipendentemente dal loro paese di provenienza" si sottolinea nel comunicato.
E allora, andrà o non andrà all’incontro calcistico di ritorno il presidente armeno Serzh Sargsyan, e come reagiranno gli abitanti del Karabakh? Secondo l’opinione prevalente fra gli esperti, nonostante tutto, Sargsyan ci andrà. Anche se gli abitanti del Karabakh sono interessati soprattutto a quello che sarà il risultato finale della cosiddetta "diplomazia del calcio", o "football diplomacy". All’andata i turchi hanno vinto a Yerevan per due a zero. Per molti abitanti del Karabakh, il risultato della "football diplomacy" è lo stesso che si è visto nello stadio: una secca sconfitta. Come ha detto un esperto del Karabakh, nonché grande tifoso di calcio: "Speriamo che questa volta i nostri segnino almeno il goal della bandiera!"
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