Il crossover dei Meszecsinka
Un gruppo i cui membri provengono da Bulgaria, Polonia, Ungheria, Croazia e che attinge a lingue differenti, fra cui arabo, russo e spagnolo: i Meszecsinka
Si respira un mondo magico, il lato più intimista e malinconico dei Balcani. E il motivo potrebbe risiedere nel fatto che a comporre questo gruppo sono persone provenienti da ogni dove: Bulgaria, Ungheria, Croazia, e Polonia. E come se non bastasse c’è la grande capacità di esprimersi attingendo a linguaggi diversi, fra cui arabo, russo e spagnolo. I Meszecsinka sono una delle proposte provenienti da est più interessanti del momento e ne possiamo parlare oggi in occasione dell’uscita del nuovo disco, Alomban ébren (Awake in a dream). Il nome della band deriva dal bulgaro "piccola luna", e concerne una proposta musicale in grado di parafrasare molti generi: trance-dance, folk bulgaro e ungherese, flamenco, psichedelia, musica sperimentale. Ma ci sono anche rimandi ai The Orb, capisaldi inglesi dell’ambient house, e agli Ozric Tentacles, anch’essi anglosassoni, fra rock progressivo ed elettronica.
La band è composta da Annamaria Olah (voce e flauto); Emil Biljarski (tastiere e chitarra); Arpad Vajdovich (basso); David Krolikowski (percussioni). Si formano nel 2012. Si fa avanti la Narrator Records, etichetta ungherese molto interessante, che annovera fra gli altri gli italiani Oi Dipnoi, un nu-folk trio siciliano; e il brillante e innovativo musicista israeliano, Amir Gwirtzman . Il primo disco è intitolato col nome della band. Ci sono l’affascinate lamento di "E kertem" e "Cabrito", molto più movimentata: la voce di Annamaria in primo piano e la canzone sostenuta da un ritmo sincopato che induce al ballo. La decima traccia, "Vetre le", è fra le più convincenti, con un’intro strumentale di un minuto, che precede il canto suadente della vocalist, non lontano da certe melodie mediorientali.
Il secondo disco è del 2014 e si intitola Kinyilok (I open up). Ci sono brani importanti come l’ipnotica e spagnoleggiante "Piconera "; l’incalzante e vibrante "Veres az ég"; e soprattutto il singolo "Kinyilok ", supportato da un video girato da Eszter Csepelli, una canzone che non può essere definita, se non facendo riferimento a brani trasognanti, avvolgenti, senza tempo. Il lavoro ottiene il sesto posto nella classifica stilata dal britannico World Music Network e da fRoots Magazine.
Nel 2015, con i buoni risultati ottenuti dai dischi d’esordio, l’ensemble dà alle stampe New & Best, una specie di raccolta fra brani inediti e pezzi che hanno destato maggiore successo. La canzone che emerge è "Cigane", il brano su Youtube con più di 50mila visualizzazioni. E la band è, dunque, pronta per diffondere il proprio verbo, raggiungendo alcune università ungheresi e danesi dove dà lezioni di musica e tradizioni balcaniche.
La stampa è entusiasta. Per il Journal Frankfurt sono dischi dal "suono magico, di alta qualità"; per Now Magazine "è un viaggio a metà strada fra il sogno e la realtà"; mentre il New York Music Daily elogia Annamaria Olah, per la sua voce, l’attitudine alla danza e la passione che mostra esibendosi dal vivo. La band si fa conoscere anche in Europa occidentale, dove effettua diversi tour.
Lo scorso anno ha fatto tappa anche in Italia, in occasione dell’Alkantara Fest, rassegna itinerante di musica folk e world organizzata in provincia di Catania dall’Associazione culturale Darshan. Si sono visti in Canada e negli Stati Uniti; e l’inizio del 2017 l’hanno festeggiato esibendosi a New York durante la conferenza annuale dell’Association of the Performig Arts Presenters. Significativa, infine, la comparsa a Budapest per Womex, World Music Expo.
E siamo all’ultimo lavoro, Alomban ébren (Awake in a dream), prodotto dal chitarrista russo-armeno Karen Arutyunyan, ritenuto un genio musicale, secondo la critica artefice di uno fra i migliori dischi di world music usciti quest’anno. La copertina la dice già lunga; è enigmatica. Con il volto misterioso di Annamaria che si sdoppia introducendo idealmente alla "schizofrenia" delle tracce musicali. Con i nomi citati all’inizio c’è anche quello di Kovacs Ferenc, alla tromba e al violino. Sono sei tracce, per un lavoro maturo e pronto per far fare alla band il grande salto. Si apre con "Nehéz", arabeggiante; prosegue con "Mièrt nem latsz", più introspettiva; e si chiude con la dolce "Hajnalban". Insomma, ce n’è di carne sul fuoco; ed è ora che, lo star system e chi in Italia ama la buona musica, se ne rendano conto.
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