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Il coraggio di protestare: 1956, il primo movimento giovanile della Georgia

Lamara Museridze partecipò nel 1956, da studentessa, a manifestazioni anti-sovietiche. Da allora ha ispirato generazioni di giovani nella sua famiglia che non hanno mai rinunciato al valore dello scendere in piazza per far sentire la propria voce

06/04/2020, Lasha Shakulashvili -

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(Pubblicato originariamente da Chai Khana il 12 febbraio 2020)

I nonni tendono a raccontare ai nipoti fiabe, storie di fantasia o grandi gesta di eroi. Io sono cresciuto ascoltando diversi tipi di storie: le avventure della vita reale di mia nonna.

Mia nonna, Lamara Museridze, è scesa in piazza durante le manifestazioni del 1956 contro l’Unione Sovietica a Tbilisi. Aveva solo 23 anni all’epoca e il suo coraggio ha continuato a ispirare generazioni di bambini nella nostra famiglia.

Da bambini, non abbiamo afferrato appieno il coraggio che nostra nonna aveva avuto per unirsi alle proteste. Ma i suoi racconti su quel giorno, su come era riuscita a sopravvivere e su come aveva trovaro la forza di esprimersi contro il sistema repressivo sovietico, hanno ispirato generazioni della sua famiglia a seguire le sue orme.

L’autore con la nonna, Lamara Museridze – Chai Khana

Nel marzo 1956, a Tbilisi sono scoppiate manifestazioni a seguito della famosa denuncia dei crimini di Stalin (originario della Georgia, ndr) da parte di Nikita Krusciov. Le proteste di quei giorni sono state spesso attribuite allo sdegno dei georgiani per il discorso fatto da Krusciov ma Irakli Khvadagiani, ricercatore del Soviet Past Research Laboratory, sottolinea che quelle manifestazioni si sono rapidamente trasformate in una protesta antisovietica, fatto che il governo sovietico ha cercato di tenere nacosto.

"Nonostante l’intera protesta fosse pro-Stalin, era anche molto antisovietica. Le proteste del marzo 1956 davano voce al disaccordo verso l’intero sistema sovietico", afferma il ricercatore.

"Questa particolare ondata di protesta è stata abbastanza significativa non solo a Tbilisi, ma in tutta l’Unione Sovietica".

Mentre i giornali sovietici – in Georgia e in altre parti dell’Urss – ignorarono le proteste, il Georgian Opinion, con sede a New York, ne pubblicò un resoconto dettagliato: "L’esempio più vivido e tragico della politica coloniale di Mosca può essere osservato in Georgia. Come sapete, il mese scorso si sono verificate proteste contro Mosca. La stampa georgiana si è accodata alla versione di Mosca e ha spiegato questi scontri come simpatia del popolo georgiano verso Stalin. Riteniamo che quest’ultimo scenario sia sbagliato e possiamo a sostegno di questa affermazione portare numerose prove. Riteniamo che gli scontri a Tbilisi abbiano avuto un significato diverso. Per avere una migliore comprensione delle azioni dei georgiani, ricorderemo il passato. Come sapete, la Georgia è stata occupata dall’Unione Sovietica nel febbraio 1921, il che ha causato l’abbandono di ogni valore spirituale che la Georgia aveva creato nel corso dei secoli. La Georgia è l’unico paese dell’Unione Sovietica che, durante il dominio di Stalin, ha organizzato tre scontri armati contro Mosca, che non dimostrano amore dei georgiani verso Stalin".

Il 27 marzo 1956 il New York Times citò il quotidiano sovietico di lingua russa Zaria Vostoka (Alba orientale) riportando che "gli studenti georgiani stanno boicottando le lezioni sul marxismo-stalinismo e sulla storia e letteratura russa. Quest’ultimo fatto non significa amore degli studenti per Stalin. Lo Zaria Vostoka riconosce anche che gli studenti sono interessati alla storia antica della Georgia".

Lamara Museridze, nel mezzo

Mia nonna aveva appena 23 anni al tempo, era una giovane studentessa di tedesco e latino. Figlia di un’intellighenzia repressa, la giovane Lamara aveva molti rancori nei confronti del sistema sovietico e nessun amore per Stalin. Fino a quando non si è unita alla manifestazione, i suoi atti di protesta contro la brutalità delle repressioni di Stalin erano stati in gran parte limitati a piccoli gesti di gentilezza.

Lamara ricorda l’amaro sentimento del dover ammutolire i suoi sentimenti di protesta mentre osservava i residenti del loro quartiere – un insediamento storicamente tedesco – venir deportati e nessuno poteva fare nulla.

"Nel 1945, quando i prigionieri tedeschi vennero condotti in Georgia per lavorare nel settore delle costruzioni alcuni di loro finirono per essere assegnati al nostro quartiere. Avevo un grande desiderio di parlare di nuovo in tedesco e continuavo a cercare opportunità di parlare con questi prigionieri, ma avevo paura. A 12 anni, la paura del sistema era già cresciuta ed aveva effetti nel mio comportamento", racconta Lamara.

La situazione è cambiata un giorno quando ha trovato il coraggio di dare da mangiare a uno dei tedeschi che lavoravano nel quartiere. "Avevo paura, ma ho anche ascoltato la mia voce interiore che diceva che gli esseri umani sono esseri umani ovunque e che dovremmo aiutare i bisognosi. Quando ho porto il cibo, il soldato mi ha ringraziato e mi ha consigliato di fare attenzione, perché ‘i muri hanno orecchie’".

Quando ha sentito parlare delle manifestazioni, Lamara ricorda di essersi sentita spinta da un senso di poter cambiare qualcosa. Ed ha rischiato la vita e la carriera quando ha deciso, assieme ad un’amica, di unirsi alla protesta del 9 marzo 1956, esprimendosi contro il sistema che aveva ferito la sua famiglia e i suoi cari.

"Sono arrivata alle manifestazioni. I raduni iniziati nei primi giorni di marzo si erano trasformati in un grandioso uragano di protesta con una terribile ondata di rabbia", dice.

"I manifestanti rappresentavano tutti i gruppi sociali ed economici della società. Ero particolarmente felice di vedere una combinazione di giovani e anziani".

"In quei giorni c’erano molti slogan che la gente intonava. Ricordo quello che ho cantato il 10 marzo, quando marciammo verso la residenza Krtsanisi a Tbilisi. Insieme ai manifestanti ho cantato ‘Zhu De, Zhu De’ perché sapevamo che quel giorno il leader comunista cinese Zhu De era a Tbilisi. Ciononostante, né Zhu De, né nessun’altra persona è venuta a parlarci; come se tutti si nascondessero nel loro guscio", ricorda Lamara.

Documenti top secret ora declassificati del Comitato centrale del Partito comunista dell’Unione Sovietica indicano che si è trattato di proteste molto diffuse e che i soldati furono "costretti a usare la forza" per disperdere le folle: "… i manifestanti hanno deciso di attaccare la stazione radio, l’ufficio postale, il telegrafo, la casa editrice del giornale "Comunista". Con questi ultimi tentativi, parte della folla, circa 5000 persone, sono partiti in manifestazione. Nonostante i numerosi avvertimenti della polizia o dell’esercito – hanno continuato ad essere violenti anche lanciando pietre, bastoni, rompendo finestre, attaccando le forze di sicurezza e ferendo anche diversi membri delle forze armate. I soldati sono stati costretti a usare la forza. A causa del fatto che gli alleati dei (nostri) nemici hanno iniziato a diffondere voci sugli eventi del 9 marzo, il Comitato centrale del Partito comunista della Georgia a Kutaisi, Batumi, Gori è impegnato a inviarvi propri membri e candidati per educare i cittadini sulla vera essenza degli eventi di marzo e sulla loro valutazione politica".

Oggi, a 87 anni, Lamara può ancora ricordare il terribile rumore dei soldati che si avvicinavano quando è iniziata la repressione.

"Era già sera tardi quando ho sentito uno sparo, ma era così basso che la gente non prestò molta attenzione; tuttavia, non potevamo sapere che sarebbe seguito un’intensa sparatoria". Lamara e la sua migliore amica sono scappate dalla sparatoria e si sono nascoste, come molti altri giovani quel giorno. Quando tornò a casa, la sua famiglia temeva che fosse stata ferita o arrestata. La mattina dopo, la gente cercava amici, sorelle, fratelli o parenti. 

"Abbiamo sentito dire che le perdite sono state molto più alte di quanto si potesse pensare. Ricordo la famosa attrice Leila Abashidze, che era in piedi accanto all’obitorio mentre cercava instancabilmente suo fratello", ricorda Lamara.

Il sentimento di protesta e di rabbia aumentò qualche giorno dopo, quando nessun giornale o notiziario proferì una sola parola sulla repressione mortale dei manifestanti a Tbilisi.

Il Communist non ha menzionato le proteste o la sanguinosa repressione nel suo articolo sulla visita di Zhu De in Georgia. La storia in prima pagina del giornale dopo la manifestazione era un articolo intitolato "Statuto dei lavori agricoli di villaggio e gestione collettiva della produzione agricola".

Il governo sovietico era deciso nell’impedire che le proteste si diffondessero.

"In sostanza, prima del 1988, in Georgia c’erano state solo due ondate di proteste auto-organizzate, una nel 1956 e l’altra nel 1978. La manifestazione del 1956 fu il primo movimento guidato da giovani in Georgia che causò perdite significative", racconta Khvadagiani (non vi sono dati ufficiali su quanti furono i morti tra i manifestanti in quei giorni di proteste, ma si ritiene centinaia , ndr). A più di 60 anni di distanza, aggiunge, poco è cambiato nel modo di protestare dei georgiani.

La mia famiglia è ancora ispirata dal coraggio di mia nonna, dalla voglia di rischiare per un domani migliore.

Quel giorno, il 9 marzo 1956, Lamara si ispirò all’idea che lei, in un’onda di migliaia di persone, potesse portare un cambiamento. "A volte, basta presentarsi", dice. "Ricordo di aver incontrato alcuni amici e parenti tra la folla. Erano felici di vedermi e lo ero anch’io".

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