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Il centenario dell’impresa di Fiume, anniversario che divide

Da una parte a Fiume una mostra denuncia le violenze fasciste dell’occupazione italiana di Fiume, nel 1919, dall’altra, a Trieste, a D’Annunzio si dedica per l’occasione addirittura una statua. La memoria divisa dell’Alto Adriatico

16/09/2019, Denis Romac -

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(Pubblicato originariamente da DW l’11 settembre 2019)

Il controverso poeta e attivista politico italiano Gabriele D’Annunzio divide ancora una volta Fiume e Trieste, ovvero la Croazia e l’Italia. In questi giorni ricorre il centenario dell’impresa di Fiume, un’operazione militare guidata da D’Annunzio che portò all’occupazione della città di Fiume, durata 16 mesi. L’anniversario viene ricordato sia a Fiume che a Trieste, ma con narrazioni e messaggi completamente diversi e contrapposti.

Lo scorso 12 settembre, nel giorno del centenario dell’impresa di Fiume, a Fiume è stata inaugurata una mostra intitolata “D’Annunzijeva mučenica – L’olocausta di Fiume”. Il titolo, scelto dalle autrici della mostra Tea Perinčić e Ana-Maria Milčić, richiama le parole di D’Annunzio, che nei suoi discorsi che teneva dal balcone del Palazzo del Governatore, parlava spesso di Fiume come una città “olocausta”, martire, riferendosi alla mancata annessione di Fiume all’Italia dopo la Prima guerra mondiale.

Fiume, città martire

Anche nella summenzionata mostra sull’impresa fiumana di D’Annunzio Fiume è rappresentata come martire, ma da una prospettiva completamente diversa da quella dannunziana. L’occupazione di Fiume, durata 16 mesi, portò alla totale rovina questa città multinazionale e multiculturale. Sotto il governo di D’Annunzio Fiume fu colpita da sanzioni economiche, e D’Annunzio instaurò un regime di terrore contro gli slavi che vivevano nella città, considerati da D’Annunzio – che fu un fervente sostenitore dell’imperialismo italiano – come appartenenti a una razza inferiore. Mussolini prese proprio da D’Annunzio l’ideologia antislava, ma anche le uniformi nere e diversi simboli, compreso il cosiddetto saluto romano, che poi divennero parte integrante della simbologia del movimento fascista, di cui D’Annunzio fu precursore.

La mostra “D’Annunzijeva mučenica – L’olocausta di D’Annunzio” – che è la prima grande mostra organizzata nell’ambito nel progetto Rijeka – Capitale europea della Cultura 2020 – racconta l’impresa di Fiume da una prospettiva antifascista, affrontando uno dei periodi più difficili della storia della città. D’Annunzio intraprese la marcia su Fiume sotto la spinta degli irredentisti fiumani che chiedevano che la città di Fiume venisse annessa all’Italia. Dopo l’occupazione di Fiume da parte di D’Annunzio iniziò la persecuzione della popolazione non italiana della città, soprattutto quella croata. La mostra offre uno sguardo unico su quel complesso periodo storico, visto dalla prospettiva delle donne che vivevano a Fiume all’epoca di D’Annunzio, tra cui molte donne italiane che seguirono D’Annunzio nella sua impresa, comprese le sue numerose amanti. D’Annunzio, che governava Fiume da tiranno, distrusse la vita a molte donne, lasciando dietro di sé una città martoriata. Questo è il principale messaggio che la mostra “L’olocausta di D’Annunzio” vuole trasmettere.

Le celebrazioni a Trieste

Sull’altra sponda dell’Adriatico, a Trieste, il centenario dell’impresa di Fiume viene ricordato partendo da una lettura completamente diversa della vicenda. Una grande mostra dedicata all’impresa fiumana, attualmente in corso a Trieste, presenta D’Annunzio come poeta, avventuriero e rivoluzionario, la cui affascinante ideologia nazionalista aveva aspetti positivi. In quest’ottica è presentata anche l’impresa di Fiume, come un’azione compiuta da un avventuriero e libertario, anziché un’impresa fascista. La mostra, intitolata “Disobbedisco. La rivoluzione di D’Annunzio a Fiume 1919-1920”, è stata finanziata dal comune di Trieste con quasi 400mila euro.

Che l’amministrazione comunale di Trieste ci tenga molto al centesimo anniversario dell’impresa di Fiume lo dimostra anche il fatto il comune è stato uno degli organizzatori di un convegno intitolato “D’Annunzio e i granatieri. L’amore per una città” (il riferimento è alla città di Fiume), tenutosi a Trieste mercoledì 11 settembre. Durante il convegno sono stati messi in mostra alcuni effetti personali dei granatieri che parteciparono alla marcia su Fiume, nonché una serie di documenti inediti su questa “spedizione”. Le celebrazioni del centenario dell’impresa di Fiume sono culminate giovedì 12 settembre con l’inaugurazione di una statua di D’Annunzio in Piazza della Borsa a Trieste.

Non vi è quindi alcun dubbio che gli eventi organizzati a Fiume e Trieste per ricordare l’impresa fiumana di D’Annunzio riflettono due narrazioni contrapposte. Mentre a Fiume l’occupazione della città intrapresa da D’Annunzio allo scopo di annetterla all’Italia viene vista come espressione di un nazionalismo e imperialismo aggressivo, a Trieste si cerca di giustificare l’impresa di Fiume e di presentarla come un’operazione legittima, idealizzando D’Annunzio come un rivoluzionario stravagante, ma simpatico.

D’Annunzio, una figura che divide

Mila Orlić, docente di storia presso l’Università di Fiume, da anni residente a Trieste, spiega che oggi in Italia la figura di D’Annunzio viene strumentalizzata allo scopo di costruire una nuova narrativa nazionale. Stando alle sue parole, l’inaugurazione di una statua di D’Annunzio in pieno centro storico di Trieste – città che non ha nulla a che vedere con l’impresa di Fiume, dal momento che i legionari guidati da D’Annunzio partirono dalla città di Ronchi – è un atto politico con forti connotazioni simboliche e nazionalistiche, ma anche neo-irredentiste. Nonostante l’amministrazione comunale di Trieste sostenga che il monumento celebra D’Annunzio come poeta, il fatto che la statua sia stata inaugurata nel giorno del centenario dell’impresa di Fiume induce a pensare che le principali motivazioni alla base dell’iniziativa c’entrino poco con la poesia di D’Annunzio.

Mila Orlić spiega che questa iniziativa si iscrive in un processo iniziato alla fine degli anni Novanta e intensificandosi a partire dal 2004, quando è stato istituito il Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe e degli esuli istriani. “Nei territori di quello che in Italia viene chiamato ‘confine orientale’, ovvero nei territori di confine tra Italia, Croazia e Slovenia, si cerca di promuovere una nuova narrazione imperniata sull’idea di riconociliazione del popolo italiano. Questa narrazione è incentrata sulle vittime delle foibe, e ora si cerca di inserirvi anche la figura di D’Annunzio. Nell’ambito di questo processo è stata risollevata anche la questione dei confini tracciati alla fine della Seconda guerra mondiale, senza però mai menzionare il fascismo e Mussolini, che ancora dividono l’Italia”, spiega Orlić.

La figura di D’Annunzio – come afferma Orlić – viene utilizzata per promuovere una vecchia nuova visione nazionale, che ignora completamente le responsabilità storiche del fascismo e cerca di rappresentare l’Italia esclusivamente come vittima della Seconda guerra mondiale, a causa dell’esodo giuliano dalmata e delle foibe, e ora anche con riferimento alla mancata annessione di Fiume. “Lo scopo della mostra di Trieste e di questa nuova narrazione è quello di allontanare D’Annunzio dal fascismo e di trasformarlo in un fattore unificante della nazione italiana. Si tratta di una manovra politica che in parte riflette l’attuale clima politico in Italia, anche se questo progetto non gode dell’appoggio dell’intera popolazione, ma le voci dissenzienti vengono emarginate e sono presenti solo negli ambienti scientifici”, spiega Orlić.

In Italia D’Annunzio viene presentato come un poeta e una figura unificante e questo, stando alle parole di Mila Orlić, è l’ultimo atto di un processo che ha fatto sì che oggi gli italiani non debbano più scusarsi per i crimini del fascismo, dal quale però hanno preso elementi ritenuti utili, come la figura di D’Annunzio, “purificandola” da tutti gli aspetti negativi che la legano al fascismo. “Oggi in Italia vengono commemorate le vittime delle foibe e le vittime dell’Olocausto, ma non anche le vittime del fascismo. Si tratta di una tendenza estremamente problematica, finalizzata al superamento della dicotomia tra fascismo e antifascismo, cercando un nemico esterno. Nell’attuale dibattito sul ‘confine orientale’ questo nemico siamo noi, gli slavi”, conclude Orlić.

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