Il carbone soffoca i Balcani occidentali (e l’Europa)
Il 25% dell’inquinamento su tutto il continente europeo legato alle centrali a carbone sarebbe causato da sole due centrali, una in Serbia e l’altra in Bosnia Erzegovina. L’allarme lanciato in un recente rapporto
I Balcani occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Albania) si attestano tra i primi posti in Europa per l’inquinamento dell’aria dovuto ai combustibili fossili, con conseguenze anche per i paesi confinanti. Un drammatico problema ambientale sottolineato da un recente rapporto pubblicato il 19 febbraio 2019 nel contesto della campagna di "Europe Beyond Coal " (L’Europa oltre il carbone) e promosso dalle ong HEAL (Health and Environment Alliance), Sandbag, Climate Action Network (CAN) Europe, CEE Bankwatch Network.
Le centrali a combustione di carbone portano, come riportato dagli autori del rapporto, alla morte prematura di migliaia di persone sul continente europeo: nel 2016 sarebbero stati 2013 i decessi avvenuti in paesi dell’Ue e 1239 quelli riscontrati nei Balcani occidentali. A questo vanno aggiunti gravi problemi respiratori e cardiovascolari in adulti e bambini. Danni alla salute dovuti alle sostanze inquinanti che provengono dalla combustione del carbone; tra queste si evidenziano il particolato, il diossido di zolfo (SO2) e gli ossidi di azoto (NO2). Impatti sulla salute – si sottolinea nel rapporto – derivano da un’esposizione sia a breve che a lungo termine.
Queste centrali – notano i ricercatori – non hanno effetti solo sulla salute delle persone ma – di conseguenza – anche sui sistemi sanitari nazionali, i quali devono aumentare continuamente i loro budget annuali. Nel rapporto si è stimato che le centrali a carbone siano costate, sempre nel 2016, una cifra che va dai 2 ed i 4 miliardi ai sistemi sanitari dei Balcani occidentali e dai 3,5 ai 5,8 miliardi di euro, lo stesso anno, ai paesi dell’Ue dove i paesi maggiormente colpiti sarebbero la Croazia e la Romania.
Maglie nere: Kostolac B e Ugljevik
Le centrali più inquinanti sul continente europeo si trovano in primo luogo nei Balcani occidentali (8 su 10): una sola centrale a carbone nei Balcani occidentali emette quantità di SO2 e PM venti volte maggiori rispetto ad una centrale sul territorio dell’Unione Europea. Kostolac B in Serbia e Ugljevik in Bosnia Erzegovina sono considerate le centrali produttrici di più di metà del diossido di zolfo di tutta l’area dei Balcani occidentali (25% della produzione se si considerano l’Unione Europea e Balcani insieme). Il report sottolinea il fatto che, nel 2016, 16 impianti a carbone collocati nei Balcani occidentali hanno inquinato quanto 250 centrali nell’Unione europea. Un’aggravante a questa situazione già problematica è il fatto che le centrali dei Balcani spesso non presentano impianti per rimuovere l’SO2 (conosciute come tecnologie di desolforazione). Altre volte, pur essendone in possesso, questi impianti non sono funzionanti.
Mentre a livello comunitario ci sono vari stati che puntano alla sospensione della produzione di energia elettrica derivante dal carbone entro il 2030, i paesi dei Balcani occidentali soffrono di una forte povertà energetica e si basano ancora su impianti molto datati e inquinanti. Come conseguenza aziende come la statale Elektroprivreda Srbije prevede ad oggi addirittura un piano di allargamento della centrale Kostolac B, appaltato alla CMEC (China Machinery Engineering Corporation) e finanziato dalla Banca cinese EximBank.
All’interno del report viene spesso segnalato che l’implementazione delle energie rinnovabili attualmente non ha più un costo esagerato – se comparato al passato – e richiede solamente diversi cambiamenti al sistema regolatorio e un impiego più puntuale dei fondi statali.
Questa necessità di cambiamento – si evidenzia nel rapporto – ha portato alla nascita di diversi gruppi ambientalisti (tra cui il Clear Air Movement, in Bosnia Erzegovina), preoccupati soprattutto dell’eccessivo inquinamento dell’aria, che stanno chiedendo ai propri governi un maggior coinvolgimento nella questione. Non sono gli unici a farlo: in Serbia molti medici già nel 2015 avevano firmato una petizione con la richiesta di ridurre l’inquinamento atmosferico che causa le malattie cardiache e respiratorie.
Seermap
Il report cita due paesi, la Bosnia Erzegovina e la Macedonia del Nord (aventi un alto potenziale nell’utilizzo delle energie rinnovabili grazie alle numerose risorse naturali), in cui sarebbe possibile portare avanti azioni riguardanti la decarbonizzazione e riduzione delle emissioni nei Balcani occidentali, attuabili seguendo le linee guida del SEERMAP (The South East Europe Electricity Roadmap), un progetto che si concentra su aree di politiche pubbliche nel settore energetico, preoccupandosi dello sviluppo energetico rinnovabile a lungo termine e della fine dell’utilizzo del carbone. In entrambi i paesi, si riuscirebbe ad eliminare dell’85% entro il 2050 l’energia elettrica proveniente da combustione fossile.
Il report mette inoltre in risalto l’impegno del SEERMAP nel lanciare in questi due paesi un programma di decarbonizzazione promuovendo l’energia rinnovabile – eolico ed idroelettrico in particolare – ma in modo sostenibile tenendo quindi conto della tutela degli ambienti naturali, in modo trasparente e coinvolgendo le comunità locali.
Nonostante la sicurezza energetica che questi programmi potrebbero portare e il conseguente avvicinamento dei paesi dei Balcani occidentali all’Unione Europea, il report evidenzia che c’è una forte riluttanza ad attuare questi programmi nella classe politica di questo gruppo di paesi, che percepisce questa transizione verso energie rinnovabili come una minaccia ai privilegi e ai guadagni a breve termine.
Alla luce di questi dati per gli autori del report è quantomai necessario affrontare le conseguenze delle centrali a carbone dei Balcani occidentali, in modo da portare ad una maggiore integrazione di questi paesi nel sistema economico e politico europeo. In conclusione, il rapporto individua diverse raccomandazioni per i decisori politici di entrambi i fronti: all’Unione Europea è richiesto di fare propria la lotta contro l’inquinamento rafforzando le politiche restrittive interne ed esterne e dando priorità al controllo delle politiche anti-inquinamento dell’aria nel processo di adesione all’Unione Europea. Ai paesi dei Balcani occidentali è richiesto di implementare urgentemente la Direttiva europea sulle centrali ad alta combustione per gli impianti esistenti, di chiudere il prima possibile le centrali a carbone più inquinanti ed implementare gli standard firmati durante l’accordo di Parigi del 2015, optando per forme di energia rinnovabili. In entrambi casi è necessario che gli attori prestino particolare attenzione agli interessi e alle richieste dei loro cittadini, oltre che controllare che qualsiasi investimento per la riduzione dell’inquinamento sia in linea con l’obbiettivo di proteggere l’ambiente in generale.
* Maria Giulia Anceschi sta effettuando una periodo di stage presso la redazione di OBCT
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