Il calcio di Dayton
La Federazione Calcio della Bosnia Erzegovina è articolata secondo gli stessi criteri etnici che regolano la politica nazionale. Il trionfo della corruzione, l’ira dei tifosi dopo il licenziamento di Meho Kodro, un allenatore che badava solamente al gioco
«Il calcio in Bosnia Erzegovina riflette la politica al cento per cento, la Federazione Nazionale Calcio segue le assurdità dell’architettura istituzionale dello Stato: abbiamo una presidenza tricefala con un presidente bosgnacco (bosniaco-musulmano), uno croato e uno serbo; ci sono due associazioni, una per entità (quella della Republika Srpska e quella della Federazione bosniaco erzegovese), e nella Federazione abbiamo un’associazione per ogni Cantone». Sanjin Buzo, del movimento antinazionalista Dosta!, parla di calcio sia perché Dosta! ha partecipato alle ultime proteste dei tifosi, sia perché è un appassionato dello Zeljeznicar, una delle due squadre di Sarajevo. «Non solo i capi della Federazione Nazionale sono corrotti – continua Sanjin – ma capita che tifino per le nazionali dei nostri vicini. Il presidente croato della Federazione, Dominkovic, è andato agli Europei a vedere la partita della Croazia indossando la maglia rossa e blu, pagandosi il viaggio però con i soldi dell’associazione calcio bosniaco…»
Nelle scorse settimane il calcio in Bosnia Erzegovina è diventato motore dell’indignazione dei cittadini/tifosi nei confronti delle proprie istituzioni. Una di queste è la Savez NFSBiH (Federazione calcio della Bosnia Erzegovina) che, il 17 maggio scorso, ha licenziato il nuovo coach della nazionale, l’ex attaccante del Barcellona Meho Kodro, perché si è rifiutato di giocare un’amichevole con l’Iran non ritenendola buona per la squadra. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Kodro infatti era considerato dai tifosi e dai giocatori come il primo segnale di un cambiamento nel calcio bosniaco, in quanto si sapeva che aveva accettato la panchina della nazionale a certe condizioni, di autonomia rispetto agli interessi della NFSBiH.
In suo sostegno sono scesi in piazza il 23 maggio 2.000 tifosi da tutta la Bosnia Erzegovina uniti dai BHFanaticos, un gruppo nato dalla diaspora bosniaca che sostiene la nazionale in tutte le discipline, dalla pallamano alla pallacanestro.
«Per la prima volta in assoluto – racconta Sanjin – hanno fatto fronte comune gruppi di tifosi normalmente rivali. Sono arrivati a manifestare contro la Federazione i Sila Nebeska da Bihac, i Maniacs da Sarajevo, i Tukare da Tuzla, i Rodjeni da Mostar, i Robiasi da Zenica e i BHFanaticos», con l’appoggio esterno del movimento Dosta!.
Alla manifestazione la polizia ha picchiato duro, con cariche e una quarantina di arresti, ritenendo che per l’opinione pubblica sarebbe stato accettabile colpire gli ‘hooligans’. Ma una settimana dopo, il primo giugno, si è verificato un altro avvenimento particolare: allo stadio Koševo di Sarajevo si sono trovati in un’amichevole a sostegno dell’allenatore Kodro 20.000 persone, fra cui la prima squadra della nazionale, e molte star del football e dello sport bosniaco. Addirittura l’Alto rappresentante internazionale Miroslav Lajčak era presente a Koševo: «Sostengo ogni iniziativa civica che porta progresso», ha detto ai giornalisti. Nello stesso momento, nella vicina città di Zenica, si stava giocando l’amichevole con l’Azerbaijan, organizzata dalla Federazione Nazionale Calcio, che è andata deserta. «Erano in 75 a vedere la partita di Zenica – racconta il giornalista sportivo di Oslobodjenje Jasmin Ligata – 25 giocatori si sono rifiutati di giocare quel match, hanno dovuto mettere in campo i parenti, e negli spalti pure». Un grido di ribellione da parte degli amanti del calcio, stanchi di essere presi in giro dalla Federazione Calcio bosniaco erzegovese.
I BHFanaticos conducono una dura lotta contro la NFSBiH da alcuni anni, presentandosi a tutte le partite in Europa dove gioca la Bosnia Erzegovina con striscioni che chiedono di salvare il calcio bosniaco dalla mafia della Federazione nazionale. A Oslo, nel 2006, sono riusciti a fermare il gioco buttando in campo torce al magnesio: «Se buttiamo le torce in campo – dice Nizar Attinawi, referente in Bosnia dei BHFanaticos – è la Federazione che deve pagare i danni». Ma perché la Federazione è considerata così criminale?
«Funziona così – spiega Nizar – se vuoi giocare in nazionale devi pagare circa 5.000 euro alla Federazione. Se non paghi loro paghi i procuratori che ti possono garantire quei pochi minuti di gioco con la maglia della Bosnia Erzegovina, per poterti vendere ad un club europeo con più facilità».
L’allenatore in definitiva sceglie molto poco su come condurre la squadra. Si racconta che Zlatan Ibrahimović, dieci anni fa, avesse chiesto di poter giocare per il suo paese di origine, ma poiché all’epoca non aveva i soldi richiesti, la Federazione gli ha sbattuto la porta in faccia.
Nel 2006, con una lettera aperta, 13 giocatori della nazionale hanno dichiarato che non avrebbero più indossato la maglia della Bosnia Erzegovina a meno di un azzeramento dei vertici della NFSBiH e di un cambiamento della gestione della squadra. La presidenza tripartita retta da Iljo Dominković per i croati, Slobodan Čeko per i serbi e Sulejman Čolaković per i bosgnacchi, ha dismesso il direttore della squadra Ahmed Pašalić addebitando a lui ogni colpa per il malfunzionamento del calcio bosniaco e, a gennaio, il direttivo ha assunto come coach Meho Kodro, giocatore bravo, famoso e difficilmente ricattabile.
A quel punto i calciatori hanno fatto un passo indietro, pronti a giocare nuovamente per la rappresentanza bosniaca, ma è durato poco: «Kodro è stato il primo a dire di no – racconta ancora Ligata di Oslobodjenje – e a parlare con i giornalisti, raccontando come funzionava. A me personalmente ha mostrato l’sms di Dominkovic che gli chiedeva come mai non avevano giocato i ‘suoi’ ragazzi».
Il malfunzionamento della Federazione Calcio si riflette anche sul campionato nazionale, seguito sempre meno dagli appassionati: «Tutte le partite sono fissate – spiega Ligata. Sono pochissime le partite vinte in trasferta e perse in casa, e le squadre che vincono il campionato seguono anch’esse la logica nazionale. Quest’anno ha vinto il Modrića, una squadra serbo-bosniaca, l’anno scorso ha vinto il Sarajevo, una squadra bosgnacca, e l’anno prossimo ci puoi scommettere che vincerà o lo Siroki Brijeg o lo Zrinjski Mostar, di appartenenza croato-bosniaca».
La Federazione Calcio, tuttavia, non sembra ascoltare ragioni. Dopo le proteste e la partita del primo giugno non ci sono state dichiarazioni. Tutti sono in attesa del prossimo direttivo, che si terrà il 6 luglio, ma sono poche le possibilità che qualcosa cambi. Per tenersi lontano dalle proteste, tra l’altro, la NFSBiH tiene le assemblee importanti lontano dalla ‘calda’ Sarajevo. L’ultimo incontro si è svolto a Medjugorje, e il prossimo sarà a Banja Luka, dove le sorti del calcio bosniaco sono molto meno sentite.
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