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I romeni partono, i cinesi arrivano

Dopo l’entrata della Romania nell’Ue l’emigrazione di lavoratori è drammaticamente aumentata, al punto da mettere in pericolo la stessa crescita economica. Qualcuno però ha trovato la soluzione: un’industria manifatturiera ha fatto arrivare dalla Cina 800 lavoratori

19/04/2007, Redazione -

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Di Silivia Nistor – www.wall-street.ro
Traduzione e selezione a cura di Le Courrier des Balkans e Osservatorio sui Balcani
I bassi salari e il recente ingresso della Romania all’Unione europea alimentano un’ondata di emigrazione che potrebbe portare ad un rallentamento del boom economico registrato in questi ultimi anni, lo afferma il quotidiano tedesco Der Spiegel.

Per evitare questa crisi, che tocca numerosi settori industriali già in penuria di manodopera, Sorin Nicolescu, dirigente di un’azienda di confezionamento, ha avuto un’idea originale: assumere 800 operai cinesi.

"La spiegazione è molto semplice: non vi sono lavoratori romeni a sufficenza, se ne sono andati per lavorare nei Paesi dell’Europa occidentale e centrale", si lamenta Nicolescu, direttore generale in Romania del gruppo svedese Wear Company, la cui sede si trova a Bacau, nord-est della Romania.

La Romania, paese in pieno sviluppo, ha attirato in questi anni numerosi investitori stranieri grazie al basso prezzo della sua manodopera e alla recente adesione al mercato unico europeo. Ciononostante sono questi stessi fattori a causare la partenza massiccia di onde d’emigranti. Questi ultimi mettono in pericolo la crescita economica del paese. "Questo fenomeno esisteva già prima dell’integrazione nell’Ue, non ha fatto che peggiorare", afferma Ana Murariu, dirigente presso la Wear Company.

La Romania ha una popolazione di 21,6 milioni di abitanti, ma questi ultimi decrescono ogni anno dello 0,2%. Allo stesso tempo il paese ha assorbito negli ultimi anni più di 9 miliardi di euro di investimenti diretti stranieri. Questa cifra ha contribuito notevolmente alla crescita economica del paese, al 7% nel 2006. All’inizio del 2007 il tasso di disoccupazione era del 5,4%, ben sotto la media dei paesi europei.

Con un salario medio di circa 280 euro netti la Romania ha registrato un’emigrazione rilevante a partire dai primi anni ’90: quasi 2 milioni di persone, più dell’8% della popolazione totale del paese. Le destinazioni preferite dei rumeni desiderosi di guadaganre salari più alti sono state Italia e Spagna. Questi emigranti fanno in prevalenza lavori fisici e sono pagati meno dei cittadini italiani o spagnoli.

E’ in questo contesto che Sorin Nicolescu ha deciso di cercare manodopera in Cina. Alcune aziende partner, con sede in quel paese, l’hanno messo in contatto con un’agenzia cinese per l’impiego. Hai lavoratori cinesi il trasferimento è costato caro: chi ha risposto all’offerta ha pagato – secondo un operaio cinese – circa 2000 dollari per il trasporto e per una commissione versata all’agenzia.

Una volta arrivati a Bacau, una città industriale di 180000 abitanti situata a circa 300 km da Bucarest, i lavoratori cinesi hanno iniziato la loro nuova vita lavorativa in un enorme capannone situato nella periferia della città. 170 donne cinesi che lavorano alle loro macchine da cucire circondate da cataste di tessuto che attende le loro mani agili. La capacità produttiva di quest’azienda è in realtà superiore, alla fine di maggio dovrebbero arrivare dalla Cina infatti altri 500 lavoratori. Riceveranno un salario netto di 260 euro al mese, quasi il doppi del salario minimo rumeno, che è di 132 euro.

Questa strategia di recrutamento è la conseguenza di un periodo nel quale l’azienda è rimasta addirittura chiusa, nel 2003, per mancanza di manodopera. Le offerte di lavoro pubblicate sui giornali locali non avevano ricevuto alcuna risposta.

"E’ un lavoro difficile e malpagato", riconosce il direttore che incontra severe difficoltà a rimpiazzare il personale che ha raggiunto l’età per la pensione.

"Questa soluzione non è la migliore per noi perché, oltre al salario mensile, dobbiamo anche offrire vitto e alloggio", aggiunge Sorin Niculescu. "I costi aggiuntivi divengono 100 euro per lavoratore al mese, oltre ai 400.000 euro investiti per costruire gli alloggi".

Alcuni analisti ritengono che Nicolescu avrebbe trovato lavoratori rumeni se solo avesse offerto stipendi maggiori. Ma secondo il direttore i suoi prodotti avrebbero di conseguenza perso la loro competitività sulla scena internazionale, anche perché molte industrie manifatturiere hanno già preferito la Cina all’Europa.

La direttrice dell’ufficio di collocamento di Bacau ritiene che i cinesi che vi lavorano vengono trattati bene e che vivano in condizioni milgiri di molti lavoratori rumeni emigrati all’estero. Xiu Xian Hong è dello stesso avviso anche se le mancano molto il marito e la figlia di tre anni. Conta di rimanere in Romania tre anni, il tempo di mettere da parte risorse per aprire una propria attività in Cina. Sono caratteristiche simili e gli stessi desideri che ritroviamo al di fuori delle nostre frontiere, presso i rumeni partiti per l’estero per realizzare i propri sogni.

Se l’emigrazione continua a questo ritmo la popolazione rumena nel 2050 raggiungerà la soglia critica di 15,5 milioni di abitanti. Solo salari pari perlomeno ai tre/quarti dei salari dei paesi occidentali potranno convincere i lavoratori rumeni a ritornare nel loro paese d’origine. Nel frattempo occorre abituarsi a questa nuova mobilità: alcuni se ne vanno ed altri arrivano per prendere il loro posto.

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