Tipologia: Recensione

Tag: BeEU

Area: Europa

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Europa ribelle

Da maggio in edicola e libreria "Europa ribelle", una raccolta di saggi sull’Altra Europa, tutt’altro che euroscettica. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

16/05/2014, Vittorio Filippi -

Europa-ribelle

In questo contenuto volumetto (poco più di cento pagine) si vuole tratteggiare una sorta di “contro Europa” partendo dai conflitti sociali che attraversano oggi i paesi dell’Unione nella morsa della lunga recessione. Ne esce una Europa più europea di quanto si pensi proprio perché legata stretta da un esplosivo fil rouge composto da crisi economica e contraddizioni sociali.

Come si scrive nell’introduzione, occorre “Chiarire ciò che avvicina un precario tedesco… a un disoccupato greco, a un pensionato portoghese, o a una partita iva italiana”. Sono undici le aree prese in considerazione: la Grecia, i Balcani, la Spagna, il Portogallo, la Francia, Belgio ed Olanda, la Germania, l’Inghilterra, la Scandinavia, la Polonia, l’Ungheria. Manca l’Italia: volutamente, si avverte, per riflettere su di noi partendo dalle esperienze degli altri paesi partner. Obbligandoci quindi ad alzare lo sguardo su di una dimensione più ampia di quella di casa nostra.

Nelle pagine dedicate ai Balcani – sono loro “il ritratto dal vero dell’Europa” avverte l’autore Luka Bogdanic – si sottolinea come per anni, già sotto Tito, l’Europa era la meta ideale verso cui tendere, sentimento questo amplificatosi durante le guerre degli anni novanta. Un ammirare l’Europa più per la sua macchina produttiva e consumistica che per la sua democrazia, vista l’esperienza deludente dei diritti negli Stati post-jugoslavi.

Ma con la crisi economica l’Europa ha perso molto appeal e la transizione balcanica (dal socialismo fallimentare al capitalismo opulento) sembra perfino fare passi indietro. Nascono quindi nuovi conflitti ed inedite forme di lotta. In Croazia scatta l’occupazione della facoltà di Lettere a Zagabria (non accadeva dal lontano e flebile ’68 jugoslavo) nell’aprile del 2009 e si ricomincia a studiare Marx, cosa inaudita nella Croazia che fu tudjmaniana. A cui si aggiunge sempre a Zagabria il Subversive Festival che produrrà il Balkan Forum. L’occupazione della facoltà promuove la nascita del Plenum, un modello di democrazia diretta assembleare che riecheggia la filosofia dell’autogestione d’antan.

La formula del Plenum la si ritrova anche nella disastrata Bosnia, dove le proteste contro un disagio sociale ormai insopportabile nascono a Tuzla, terza città della Repubblica, e si estendono ovunque superando le antiche fratture nazional-etniche e rovesciando vari governi cantonali. Difficile oggi dire se i Plenum genereranno un movimento politico o addirittura un nuovo partito (a ottobre si vota in Bosnia), ma la tensione rimane alta.

A Belgrado apre nel 2010 la Fondazione Rosa Luxemburg con il supporto del partito tedesco Die Linke che insieme con l’associazione Gerusija avviano una miriade di iniziative culturali di storia dal basso con una attenzione particolare all’antifascismo e all’autogestione. E nel 2012 a Lubiana nasce l’Istituto per gli studi operai (IDS) che organizza cicli di conferenze di stampo marxista ed ovviamente antinazionalista mentre scuole simili appaiono anche a Zagabria e a Skopje. Sempre a Lubiana, insieme alle proteste del 2012-2013 appare un partito – Iniziativa per il socialismo democratico – che vuol convogliare i voti ed i sentimenti degli sloveni verso una idea di sinistra anticapitalista europea.

Tre sono, alla fin fine, le novità espresse dalle osservazioni di Bogdanic. La prima è che si tenta di far ripartire una sinistra politica e culturale che abbia anche un respiro jugoslavo, e ciò grazie alla rete. Due parole – sinistra e jugoslavo – che sembravano cancellate con ignominia da ogni narrazione ideologica balcanica di questi ultimi venti anni. La seconda è che si tratta di tentativi europeisti (certo, di una Europa che si vuole radicalmente diversa) e non euroscettici e tanto meno neopopulisti o astensionistici. Infine sembra che ciò che i Balcani post-jugoslavi temono di più oggi sia proprio l’insorgere di una Europa balcanizzata da disuguaglianze, chiusure e nazionalismi. Tutti fenomeni che i primi hanno conosciuto fin troppo bene e a caro prezzo.

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