Essere bulgari a Tzaribrod
La comunità bulgara di Dimitrovgrad-Tzaribrod è meno isolata di quella di Bosilegrad, ma anche qui i problemi non mancano. Nell’attesa di poter tornare a studiare bulgaro e di migliori condizioni economiche, molti continuano a guadagnarsi il pane col contrabbando di sigarette. La seconda parte di un reportage di Tanya Mangalakova
Foto di Tanya Mangalakova
La municipalità serba di Dimitrovgrad si trova sul confine con la Bulgaria, ed è abitata da circa 11.500 abitanti, l’80-90% dei quali di etnia bulgara. Nella città capoluogo, chiamata solitamente dai sui abitanti col vecchio nome bulgaro di Tzaribrod, vivono 7000 persone, anche qui in stragrande maggioranza bulgari.
I bulgari di Dimitrovgrad-Tzaribrod non sono isolati come quelli di Bosilegrad, a causa della disposizione geografica della città. Qui passano la strada e la ferrovia che portano a Nis e Belgrado, distante circa 340 chilometri. Ci sono investimenti, e le infrastrutture sono visibilmente migliori.
Nei casi di co-finanziamento pubblico, i progetti nella municipalità sono finanziati per il 60% dallo stato, che partecipa con il 10% in più rispetto al normale, visto che Dimitrovgrad è una municipalità di confine, racconta ad Osservatorio il sindaco Veselin Velichkov. Nonostante i 38 gradi di un’estate davvero afosa, i lavori di rifacimento del corso centrale, via "Balkanska", sono in pieno svolgimento. Velichkov ci racconta anche del progetto di gasificazione e cablatura della città, dal costo previsto di tre milioni di euro.
Le fabbriche di Tzaribrod sono passate attraverso un penoso periodo di fallimento, per essere poi recentemente privatizzate, come l’industria tessile "Svoboda", acquistata da poco dalla "Dika",che garantisce oggi 150 posti di lavoro. In molti dei villaggi circostanti si sta sviluppando il turismo ecologico: si segnano i sentieri e si realizzano percorsi per passeggiate a cavallo ed escursioni off-the-road.
La "Nenatex" è una delle prime aziende private in città, avendo iniziato a lavorare nel 1978. Produce coperte, filato e tappeti. Nel 1995 ha raggiunto 70 dipendenti, che oggi sono però ridotti a una trentina. Stoycha Ivanov, manager dell’azienda, ritiene che il futuro della ditta risiede nel raggiungimento dei grandi mercati, Unione Europea e Russia. Ivanov è convinto che per i propri figli sia fondamentale poter accedere a buone strutture per l’educazione e la formazione, sia in Serbia che in Bulgaria. "Sempre che i bulgari non diventino troppo europei, non lasciandoci più entrare", ci dice con fare scherzoso.
Il sindaco Velichkov ci mostra con orgoglio la nuova palestra. Poco distante sorge il mercato ortofrutticolo, con la sezione appena realizzata per il commercio di carne e prodotti caseari, investimento costato 464mila dollari. Secondo Velichkov il mercato attirerà presto molti clienti dalla vicina Bulgaria, visto che i prezzi dei prodotti alimentari sono più alti oltre confine. "Un tempo eravamo noi a venire a fare acquisti in Bulgaria. Oggi la Bulgaria è nell’Ue, e i prezzi lì crescono velocemente. E’ arrivato il tempo in cui saranno i bulgari a venire qui a fare shopping".
I visti
Il confine con la Bulgaria è a soli sei chilometri, e Sofia ad appena 45, ma da gennaio 2007 chi non possiede anche il passaporto bulgaro non può viaggiare liberamente verso il nuovo membro dell’Ue, ed è costretto a richiedere il visto nei consolati di Nis o di Belgrado. Tutti sperano che la Bulgaria possa introdurre l’esonero dal visto per chiunque viva a meno di 50 chilometri dal confine.
"Sofia deve agire in fretta, e se vuole facilitarci deve farlo entro due o tre mesi, perché, credo, l’anno prossimo la Serbia verrà depennata dalla "lista nera", e allora questo provvedimento non avrà più senso", ci dice Veselin Velichkov. "Non è facile ricevere il visto, bisogna recarsi a Nis due volte e aspettare in fila per ore. Sarebbe meglio pagare 10 euro per il visto alla frontiera piuttosto che viaggiare. Si risparmierebbero tempo e soldi", è il pensiero di Stoycha Ivanov della "Nenatex".
Sasho Kostov si è laureato nell’università di Veliko Tarnovo, facendo gli esami grazie ad un protocollo individuale. Anche lui, fino a poco tempo fa, non aveva il visto, nonostante lavori nel centro culturale bulgaro "Tzaribrod".
Senza classi in lingua bulgara
Molti dei giovani di Tzaribrod studiano in università bulgare. Ogni anno, circa 30 bulgari di Serbia ricevono borse di studio per seguire gli studi in Bulgaria. I problemi non finiscono però con il visto.
Da anni nelle scuole di Tzaribrod non si studia la lingua bulgara come lingua materna, ma solo come lingua supplementare facoltativa, per 3-4 ore a settimana. Tzvetko Ivanov, consigliere comunale, ricorda il periodo in cui, negli anni ’60, si potevano seguire le lezioni in lingua bulgara. "Allora", ci dice Tzvetkov, "soltanto i ragazzi dei villaggi sceglievano di studiare nella loro lingua madre".
La lingua bulgara non è indispensabile solo nella prospettiva di terminare gli studi in Bulgaria, ma anche per la conservazione della propria identità culturale. "E’ assurdo che l’inglese sia obbligatorio, e il bulgaro facoltativo", ci dice Sasho Kostov. Nelle scuole cittadine non esistono classi dove si studino tutte le materie in bulgaro.
Secondo Kostov, "la paura tra i bulgari di Tzaribrod non è ancora scomparsa". In città ci sono persone che hanno timore ad entrare nel centro culturale bulgaro, e che preferiscono mandare amici e conoscenti ad informarsi su diverse questioni, collegate alla Bulgaria.
Il centro culturale "Tzaribrod" è nato dieci anni fa, e durante il regime di Milosevic è stata una vera oasi culturale per la comunità bulgara. Dopo il processo di democratizzazione, il centro si finanzia attraverso la partecipazione a progetti, come ad esempio corsi di computer e di formazione per le piccole e medie aziende. Dalla fine del 2003 il centro fornisce attestati che certificano l’origine etnica bulgara, necessari per l’ottenimento della cittadinanza. Gli attestati vengono emessi subito, ma per il passaporto "europeo" (bulgaro, ndr) si aspettano anche tre anni.
Un nuovo partito dei bulgari
I bulgari di Tzaribrod, come spesso succede, sono divisi, e ognuno pretende di prendere la guida della comunità. Esistono già tre o quattro DSBJU (Unione democratica dei bulgari in Jugoslavia). Parte dei leader di Tzaribrod non condividono i metodi dei propri connazionali di Bosilegrad.
"I consigli comunali di Bosilegrad e Tzaribrod vedono le cose in modo diverso. Se vogliamo contare, dobbiamo partecipare alle consultazioni popolari", dice ad Osservatorio Nikolay Manov, segretario del Consiglio Nazionale dei Bulgari in Serbia e segretario del centro culturale "Tzaribrod".
Insieme ad un gruppo di intellettuali di Tzaribrod e Bosilegrad, Manov registrerà a luglio un nuovo partito dei bulgari in Serbia, il Partito Democratico dei Bulgari, che parteciperà alle elezioni locali previste per l’autunno.
"A differenza del consiglio comunale del DSBJU di Bosilegrad, noi prenderemo parte attivamente alle elezioni locali, vogliamo essere partecipi e possibili partner. Siamo già la seconda forza politica a Tzaribrod, dopo il Partito Democratico di Tadic, e abbiamo il potenziale per poter diventare la prima".
"Non siamo d’accordo col gruppo di Ivan Nikolov a Bosilegrad. Nel loro programma insistono per una qualche forma di autonomia territoriale e politica per i bulgari di Serbia. Ma la domanda è, la Bulgaria appoggia tali richieste? No, se escludiamo la posizione di Ataka", dice ancora Manov.
Il contrabbando
A Tzaribrod ci sono circa 3mila pensionati, e soltanto 800 posti di lavoro, perlopiù in comune e nel settore pubblico. Molti uomini lavorano nell’edilizia in Bosnia e in Montenegro. I giovani con diploma e laurea preferiscono spostarsi nei grandi centri, in Bulgaria o Serbia. Alcuni hanno piccoli business commerciali. Sono in molti, infine, a guadagnarsi il pane con il contrabbando di sigarette in Bulgaria.
"Il commercio in valigia" ha salvato la città dall’emigrazione di massa durante l’embrago. I duty-free shop danno la possibilità di guadagnare qualcosa anche senza avere un lavoro fisso.
Recentemente una piccola imprenditrice del posto, proprietaria di una fabbrica di vernici a Sofia, ha chiesto aiuto al centro culturale "Tzaribrod" per cercare lavoratori di Tzaribrod dotati di passaporto bulgaro, e offrendo un buon salario, 3-400 euro, contratto regolare e trasporto gratuito.
"Ho aspettato a lungo, ma purtroppo nessuno si è fatto vivo. Pensandoci, credo che chi ha un passaporto bulgaro di sicuro ha possibilità migliori di far soldi", ci racconta Sasho Kostov.
E’ la differenza di prezzo tra le sigarette vendute in Serbia e Bulgaria il motore di questa forma di contrabbando. In molti negozi di Sofia, così come a "Zhenski Pazar", il mercato popolare, si vendono sigarette Viceroy prodotte in Serbia.
Petar Kostov, vice-direttore della dogana di Dimitrovgrad, racconta ad Osservatorio che al momento non esisterebbe un vero e proprio contrabbando organizzato delle sigarette. I doganieri serbi trovano sigarette serbe, pronte per essere esportate illegalmente, soprattutto sui treni. "Ci sono casi in cui sono state scoperte 100-200 stecche, e una volta addirittura 1600. La marca più "esportata" è proprio la Viceroy, prodotta in Serbia."
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