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Elezioni in Kosovo, pronti al via

Terminata la campagna elettorale, non senza polemiche, il Kosovo si avvicina al giorno delle elezioni. Sabato 23 ottobre, quasi un milione e mezzo di elettori si recherà alle urne. Un aggiornamento alla vigilia delle elezioni

21/10/2004, Luka Zanoni -

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A partire da venerdì mattina sia in Kosovo che in Serbia e Montenegro sarà in vigore il silenzio elettorale. Terminata la campagna elettorale dei partiti e dei candidati, la provincia si appresta ad affrontare quella che viene considerata la più importante tornata di elezioni dal 1999, anno in cui il Kosovo è passato sotto amministrazione internazionale.

Alle elezioni di sabato 23 ottobre sarà eletta l’Assemblea kosovara. Diritto al voto lo avranno un milione e quattrocentomila elettori. Nel Parlamento kosovaro saranno eletti 120 deputati dei quali 20 saranno riservati alle minoranze nazionali. 33 sono le liste registrate delle quali fanno parte 22 partiti e 11 tra coalizioni e iniziative civiche.

In 11 città della Serbia e in 5 del Montenegro saranno aperti i 110 seggi elettorali dove potranno recarsi a votare i Serbi sfollati.

I Serbi del Kosovo potranno votare per una delle due liste che si sono presentate: Gradjanksa Inicijativa Srbija guidata da Slaviša Petković e Srpska lista za Kosovo, quest’ultima guidata da Oliver Ivanović, già membro della coalizione "Povratak", membro del Partito socialdemocratico e membro del Presidenza del Parlamento kosovaro: secondo alcuni il braccio destro di Nebojša Cović, il responsabile del Centro di coordinamento per il Kosovo. La lista di Ivanović è stata l’ultima ad essere registrata, dopo che il presidente della repubblica Boris Tadić ha invitato ufficialmente i Serbi del Kosovo a presentarsi alle urne.

L’invito pubblico di Tadić all’inizio di ottobre ha letteralmente spaccato in due la Serbia: da un lato chi sostiene la partecipazione dei Serbi al voto, dall’altro, in linea con il premier Koštunica, chi ritiene che la partecipazione alle attuali condizioni sia un errore.

Ad ogni modo l’ambiguità di Belgrado non ha fatto che portare a galla la mancanza di una strategia nazionale sulla questione del Kosovo.

I Serbi del Kosovo si sono divisi a loro volta. A differenza della dichiarata partecipazione alla tornata elettorale espressa all’ultimo da Ivanović e prima ancora dalla Gradjanska Inicijativa, gli altri politici serbo-kosovari sono decisi per boicottare le elezioni e per diversi giorni hanno manifestato e protestato invitando la gente a non recarsi al voto.

Una manifestazione controversa è stata quella del 13 ottobre davanti al palazzo del Parlamento a Belgrado. I dimostranti hanno protestato contro la presa di posizione di Tadić, ma secondo alcuni, compreso lo stesso presidente della Repubblica, la protesta sarebbe stata organizzata e finanziata da qualche partito politico serbo.

Dopo due settimane di ripetute proteste nelle enclave serbe del Kosovo, il 20 ottobre a Kosovska Mitrovica si è tenuto l’ultimo meeting anti elettorale. Marko Jakšić, presidente dei comuni della comunità serba, ha invitato esplicitamente i Serbi e le altre minoranze a non presentarsi al voto di sabato 23.

L’ondata di proteste contro la partecipazione dei Serbi alle elezioni ha destato la preoccupazione dell’UNMIK. Il vice capo dell’amministrazione internazionale della provincia, Lawrence Rosin ha detto ai microfoni di Radio Free Europe che "è normale che ognuno abbia le proprie posizioni e che le esprima, ma una così intensa campagna contro le elezioni, al limite del maltrattamento di quei Serbi che vogliono votare, non è salutare per la democrazia, così come non è salutare per la popolazione serba del Kosovo, né per l’intera provincia".

Il vice di Jessen Petersen, capo dell’UNMIK, ha ribadito inoltre che non è ancora il momento per trasferire tutto il potere alle istituzioni kosovare. In particolare Rosin fa riferimento alla consegna del ministero della difesa e degli esteri, per i quali sarà necessario definire prima lo status della provincia.

Tuttavia, durante la campagna elettorale, da parte dei politici albanesi non si è perso tempo nel dichiarare che il Kosovo è sulla via della indipendenza. Così, Haradinaj, leader dell’Alleanza per il futuro del Kosovo (AKK), ma pure Hashim Thaci presidente del Partito democratico del Kosovo (PDK) e Veton Surroi leader e fondatore della lista civica ORA.

I tre partiti albanesi favoriti a queste elezioni sono la LDK (Lega democratica del Kosovo) di Ibrahim Rugova, l’AKK di Ramush Haradinaj e il PDK di Hashim Thaci. Tuttavia è probabile che non riescano a mettersi d’accordo per la formazione di un governo di maggioranza, sicché i voti conquistati dalla lista di Veton Surroi potrebbero fungere da ago della bilancia per la formazione del futuro esecutivo.

Alcuni analisti ritengono che dopo le elezioni possa scatenarsi una vera e propria bufera. I primi mesi dopo le elezioni saranno decisivi e rimane sempre la paura che incidenti come quelli del marzo scorso, in cui un’ondata di violenze ha investito soprattutto la comunità serba del Kosovo, possano verificarsi di nuovo.

Nel frattempo sul versante internazionale si è fatto sentire il responsabile del TMC, Temporary Media Comissioner, Robert Gillette, il quale il 13 ottobre ha annunciato, alla radio Kosova Live, che inizierà la procedura contro diverse stazioni TV, accusate di aver coperto in modo inadeguato gli eventi del marzo scorso.

Durante le violenze della metà di marzo, rivolte contro la comunità serba del Kosovo, alcuni media locali, in particolare la televisione del Kosovo RTK, sono stati accusati di aver incitato la rivolta albanese e tacciati pertanto di comportamento anti professionale.

Secondo Gillette il processo dovrebbe iniziare dopo le elezioni del 23 ottobre, tuttavia "il processo non passerà dalla corte, ma attraverso un gruppo di giudici composto da un internazionale e due locali. Se questo gruppo troverà che le televisioni in questione hanno violato il Codice di conduzione del programma durante le proteste di marzo, allora il TMC imporrà delle sanzioni. Queste misure non potranno essere effettive senza l’approvazione del Media Appeals Board".

Secondo il direttore della RTK, Astrit Salihu, si tratterebbe di una decisione esclusivamente politica. "Gillette ha pregiudicato la sentenza della RTK anche nel suo rapporto. Inoltre il rapporto del Segretario generale dell’ONU Kofi Annan si legge che la RTK verrà sanzionata anche senza tenere in considerazione l’opinione del Media Appeals Board".

Infine, per motivi di sicurezza, da parte della KFOR, la forza militare multinazionale a guida NATO, è stato annunciato un rinforzo del contingente militare presente in Kosovo. Dal 6 ottobre al 6 novembre è previsto infatti un aumento di 2.000 uomini, che porteranno a 19.000 il numero complessivo di soldati internazionali di stanza nell’area.

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