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Elezioni in Azerbaijan, trucchi e magie del regime

Le elezioni politiche tenutesi lo scorso 9 febbraio in Azerbaijan non possono che far pensare a trucchi e magie, purtroppo però non si è trattato né di un film fantasy né di uno spettacolo di prestidigitazione, bensì dell’ennesima dimostrazione di autoritarismo in stile Aliyev

12/02/2020, Arzu Geybullayeva -

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La magia è ciò che viene in mente quando si cercano le parole giuste per descrivere le elezioni anticipate di domenica 9 febbraio in Azerbaijan. Immaginiamo un bambino che cerca di fare colpo sugli spettatori con un nuovo trucco. Ora pensiamo ad un’urna che viene svuotata sul tavolo di un seggio. Il bambino attira la tua attenzione mormorando le parole magiche, "Abracadabra", "Hocus Pocus" o "Bibbidi-bobbidi-bu!" e, all’improvviso, qualcosa appare in superficie. Ora torniamo a quel tavolo e alle schede che determineranno i 125 membri del prossimo parlamento. E lì, in pochi secondi, compaiono da sotto il tavolo nuove schede che si mescolano rapidamente alla pila appena uscita dall’urna. E questa volta, invece di battere le mani e fare una standing ovation per il piccolo trucco a cui abbiamo appena assistito, ci mettiamo le mani nei capelli, ci mangiamo le unghie e urliamo increduli perché proprio lì, davanti ai nostri occhi, è appena avvenuta una frode elettorale.

Questione di punti di vista

Così alcuni osservatori e candidati indipendenti in corsa per il Parlamento si sono sentiti mentre assistevano alle ennesime elezioni truccate. Così, il 9 febbraio, adulti che fanno gli insegnanti e i presidi hanno preso il posto dei bambini, fingendo di fare una magia, ma non era una magia.

Bisogna riconoscere l’intraprendenza delle autorità. Il presidente Aliyev e la Commissione elettorale centrale (CEC) hanno dimostrato di avere molti altri assi nella manica. Ambulanze che trasportavano elettori da un collegio all’altro, membri dei Comitati elettorali che tentano di soffocare un osservatore indipendente, balli nei seggi al suono di tamburi, funzionari elettorali scomparsi con le schede verso destinazioni ignote, elettori risorti che i familiari giuravano di aver seppellito personalmente mentre il personale del seggio si rifiutava di accettarne la perdita, schede depositate anche dopo la chiusura ufficiale delle votazioni, telecamere ai seggi coperte con documenti o nastro adesivo e via così.

Ma torniamo un attimo indietro.

Il 28 novembre, alcuni parlamentari azerbaijani avevano chiesto al presidente Aliyev di sciogliere le camere in quanto non in grado di attuare pienamente le riforme previste. Una settimana dopo il presidente, con la benedizione della Corte costituzionale, aveva firmato un decreto che liberava i legislatori dalle loro funzioni. Le elezioni, originariamente previste per novembre 2020, erano state anticipate al 9 febbraio.

I 125 parlamentari sono eletti da collegi elettorali a mandato unico per un periodo di cinque anni. Il 9 febbraio non è stato possibile organizzare le elezioni in un totale di 10 collegi elettorali, territori attualmente occupati a causa del conflitto in corso con l’Armenia. Circa 5,2 milioni di elettori sono stati registrati per votare (anche se i cittadini in età da voto secondo il Comitato statistico statale sono circa 2 milioni in più). Le elezioni sono gestite dalla Commissione elettorale centrale (CEC), 125 Commissioni elettorali locali (ConEC) e 5.573 Commissioni elettorali di seggio (PEC).

In totale, all’inizio della campagna sono stati registrati 1.637 candidati. Tuttavia, 313 si sono ritirati. Tra questi c’è chi ha giustificato la scelta affermndo di sostenere altri candidati, chi ha rifiutato di commentare e chi ha dichiarato di essere stati spinti dalle autorità locali a ritirarsi, il che è in contrasto con il paragrafo 7.7 del Documento OSCE di Copenaghen del 1990 e la giurisprudenza della Corte EDU.

L’ex parlamento era composto prevalentemente da membri del partito al potere (65 seggi), ma ciò non significa necessariamente che il resto dei parlamentari rappresentasse opinioni alternative. 12 membri dell’opposizione sostenevano il partito di maggioranza, mentre 38 parlamentari indipendenti in genere votavano in linea con il governo. 99 dei parlamentari uscenti hanno votato a favore della mozione di scioglimento delle camere. 80 ex parlamentari hanno chiesto la rielezione e, al 10 febbraio, la CEC ha confermato che 79, che avevano dichiarato di non essere in grado di attuare il pacchetto di riforme, sono tornati in parlamento.

Il rappresentante del partito di governo Mubariz Gurbanli ha affermato che si è trattato comunque di un restyling. "Fare elezioni parlamentari e rinnovare il parlamento non significa che tutti i parlamentari saranno sostituiti [da nuove persone]. Questo non può succedere. Il rinnovamento significa nuove persone, nuove forze. Sono fiducioso che il rinnovamento, il cambiamento delle persone, si farà vedere. E il parlamento lavorerà più velocemente ora per attuare le riforme”. Gurbanli non è riuscito a spiegare come questa velocizzazione si manifesterà esattamente, quando gli stessi parlamentari che hanno chiesto di essere licenziati sono tornati. Ha anche respinto le segnalazioni di violazioni e brogli elettorali definendole come nient’altro che un tentativo di offuscare l’immagine del paese.

Una delle prime violazioni del codice elettorale è stata segnalata da osservatori indipendenti che hanno riferito la mancanza di trasparenza delle urne. Il direttore della CEC Mazahir Panahov ha negato, affermando che le urne erano trasparenti come prescrive la legge e, se qualcuno ha visto diversamente, è a causa del suo punto di vista.

Osservatori internazionali

Nel frattempo, la missione di osservazione internazionale che ha coinvolto l’Ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR), l’Assemblea parlamentare dell’OSCE (OSCE PA) e l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) ha espresso un’opinione diversa. Nel report preliminare, la missione ha concluso che:

  • la restrittività di legislazione e ambiente politico ha impedito un’autentica concorrenza;
  • la campagna è stata fondamentalmente inesistente a causa di un ambiente politicamente controllato;
  • agli elettori non è stata fornita una scelta significativa a causa della mancanza di una vera discussione politica;
  • i media mainstream non hanno informato correttamente gli elettori sui candidati e le loro piattaforme e non hanno coperto gli eventi della campagna, mentre il presidente ha ricevuto ampia copertura;
  • la copertura delle notizie relative alle elezioni è stata ridotta alle notizie sulle attività della CEC;
  • la campagna era priva di coinvolgimento politico, essenziale per una vera competizione;
  • il voto è stato valutato negativamente nel 7% dei seggi elettorali osservati, mentre il conteggio è stato valutato negativamente in 66 su 113 osservazioni;
  • l’inchiostrazione obbligatoria degli elettori è stata spesso omessa e gli osservatori hanno riferito casi di riempimento delle urne e votazione di gruppo;
  • le PEC spesso hanno omesso i controlli incrociati numerici, non contavano le firme negli elenchi degli elettori e non registravano i dati prima dell’apertura delle urne;
  • la tabulazione è stata valutata negativamente in 22 delle 109 ConEC osservate, principalmente a causa della scarsa organizzazione del processo e della mancanza di comprensione delle procedure da parte dei membri delle ConEC.

Durante una conferenza stampa del 10 febbraio, la missione di osservazione internazionale ha anche sottolineato che lo spazio per le donne era limitato, in quanto non solo sono sottorappresentate nella vita pubblica e politica, ma non esistevano requisiti legali per promuovere le donne candidate. Un giornalista di un quotidiano pro-governativo Xalq [Gente], apparentemente insoddisfatto della conclusione, ha ricordato che l’Azerbaijan è stato il primo paese a dare il diritto di voto alle donne. Questo è un dato di fatto, di cui le donne azere sono orgogliose, ma non spiega perché non vi siano condizioni giuridiche pertinenti che incoraggino una più attiva partecipazione politica o la bassa posizione dell’Azerbaijan quando si tratta di combattere la violenza domestica e promuovere la parità di genere.

Un altro giornalista della stessa testata ha contestato la valutazione della legge elettorale da parte della missione, rilevando che tutte le modifiche alla legge elettorale esistente sono state apportate in conformità con le raccomandazioni delle organizzazioni presenti in sala e della Commissione di Venezia. Pertanto, le loro critiche alla legge esistente dovrebbero essere auto-critiche, poiché il codice si basa sulle loro raccomandazioni. E ancora una volta, se è vero che la legge elettorale dell’Azerbaijan è stato rivisto, nessuna delle revisioni ha seguito le raccomandazioni di lunga data dell’ODIHR e della Commissione di Venezia relative alle libertà di riunione ed espressione, indipendenza e imparzialità dell’amministrazione elettorale, finanziamento della campagna, ambiente mediatico e registrazione dei candidati.

Gli indipendenti

Eppure, nonostante le violazioni ampiamente segnalate, alcuni candidati non rimpiangono di aver partecipato. Turgut Gambar, candidato indipendente del blocco politico "Movimento", ha affermato che, sebbene il voto e la tabulazione dimostrino che le autorità non avevano alcuna reale intenzione di cambiamento o riforma, partecipare era comunque la decisione giusta. “Come sempre hanno condotto un’elezione falsa. Hanno nominato più o meno le stesse persone […] Sono certo che, piuttosto che non fare nulla, partecipare e usare questa piccola finestra di opportunità sia stata la decisione giusta”.

Allo stesso modo Samad Rahimli, avvocato per i diritti umani e candidato indipendente dello stesso blocco, ha dichiarato: “La decisione di candidarsi in queste elezioni è stata un passo giusto. Anche se sapevamo che sarebbe stata una frode. È stato importante partecipare e continueremo a partecipare anche alle prossime elezioni. Perché non tutti i cambiamenti politici avvengono dall’oggi al domani”.

Altri sono più pessimisti. Commentando le elezioni, il veterano osservatore politico Altay Goyushev el ha interpretate come il segno di una catastrofe. “Chi pagherà per questo? Coloro che hanno falsificato queste elezioni. Ho osservato un generale degrado intellettuale, culturale, estetico e di altro genere nella nostra comunità. Questo sistema di gestione individualistico, in stile KGB, non avrebbe mai portato illuminazione alle persone. Perché, in fondo, stava invece conducendo una politica di degenerazione collettiva. E i risultati sono davanti a noi. Persino gli insegnanti sono diventati una categoria degenerata”.

Per il presidente Ilham Aliyev, queste sono state elezioni di successo che hanno espresso la volontà della gente. Ma è piuttosto difficile capire a chi si riferisca il presidente quando la metà degli elettori non si è presentata alle urne, e anche laddove c’è stata affluenza c’era una discrepanza nel numero di elettori registrati. In oltre la metà dei collegi elettorali, tale indicatore si è discostato dalla media in misura maggiore a quella consentita dalla legge, minando concretamente la correttezza del voto. O forse il presidente alludeva agli abili addetti al riempimento delle urne e ai partecipanti al voto a carosello. Potrebbe anche aver fatto riferimento ai membri delle Commissioni elettorali locali, che si sono prodigati per impedire a osservatori e giornalisti di svolgere il proprio lavoro, a volte persino facendo pratica di wrestling. In tal caso, queste persone hanno certamente espresso la propria volontà. Per tutti gli altri, compresi molti candidati indipendenti e aspiranti a riforme democratiche, le elezioni del 9 febbraio hanno schiacciato l’ennesima speranza con quello che è sembrato un trucco di magia a buon mercato.

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