Elezioni, crisi, democrazia
La grave crisi economica che si abbatte sulla Romania e le imminenti elezioni presidenziali. Due questioni di grande rilievo affrontate nella nostra intervista con Mircea Kivu, uno dei più importanti esperti di politica e questioni sociali in Romania
Mircea Kivu, uno dei più importanti esperti di politica e questioni sociali in Romania, è tra i co-fondatori di IMAS, il primo istituto di ricerca e marketing privato del paese, di cui è stato presidente ed amministratore dal 2004 al 2006. Ha un master in Scienze Demografiche e Sociali ottenuto all’École des Hautes Études en Sciences Sociales, Parigi, e una laurea in Sociologia dell’Università di Bucarest. E’ professore associato alla Facoltà di Scienze del Giornalismo e della Comunicazione dell’Università di Bucarest, e ha collaborato con la Scuola Nazionale di Studi Politici ed Amministrativi di Bucarest.
Sig. Kivu, pensa che l’affluenza alle urne per le prossime elezioni presidenziali sarà più elevata grazie al referendum che il Presidente Traian Băsescu ha indetto per la stessa data, il 22 novembre, per diminuire il numero di parlamentari dagli attuali 471 a 300 e trasformare il parlamento in unicamerale?
Penso che avverrà piuttosto il contrario – l’affluenza per il referendum sarà più alta grazie al fatto che è stato indetto nello stesso giorno delle elezioni, dato che di solito più persone votano per le elezioni presidenziali che per altri tipi di elezioni, anche grazie al fatto che in Romania la politica è fortemente personalizzata. La gente di solito non presta attenzione ai programmi o alle strutture di partito. Per questo motivo le elezioni presidenziali sono le più interessanti, perché un candidato viene eletto sulla base della popolarità e della fiducia che è riuscito ad ottenere. Inoltre, l’elettorato in questo momento è diviso in due correnti decise: pro e contro Băsescu. Saranno elezioni molto interessanti.
Uno dei problemi più grandi della Costituzione rumena è il fatto che non stabilisce chiaramente se lo Stato sia una repubblica presidenziale o parlamentare. Perché alla popolazione non viene chiesto anche chi vorrebbero che governasse nel loro paese?
Il punto è proprio questo: se alla popolazione venisse posta questa domanda, la risposta sarebbe che il presidente dovrebbe essere il fattore più decisivo nel processo governativo. E’ frutto di una mentalità diffusa. Inoltre credo che in un periodo di crisi come questo sia normale che la popolazione attribuisca la colpa ad una mancanza di potere decisionale. E questo è proprio il problema della democrazia. La democrazia è insufficiente per sua stessa natura. Quindi se un solo uomo avesse il potere di prendere ogni decisione forse le cose funzionerebbero meglio, ma inevitabilmente questo porterebbe ad una dittatura. E la storia ne è la riprova. Ad esempio, pensiamo ad Hitler. Le crisi producono dittatori. In Romania diversi sondaggi hanno dimostrato che la popolazione desidererebbe un leader con il "pugno di ferro".
Si tratta di un paradosso singolare: dal 1965 al 1990 la Romania ha già vissuto l’ esperienza di adottare una soluzione analoga con un uomo simile, Nicolae Ceauşescu…
Sì, ma la gente pensa: "Ma lui era un idiota. Se invece avessimo un leader fedele alla popolazione e preoccupato dei loro bisogni…" E c’è quindi il rischio enorme di minimizzare il valore della democrazia. Perché tutto ciò che accade oggi in Romania alla fine porta alla riduzione della democrazia al minimo: il governo approva misure d’emergenza senza interpellare il parlamento, il presidente vuole ridurre il potere legislativo, etc. E la mia paura è che più lunga sarà la crisi, più alto sarà il rischio di irrigidimento della democrazia.
In che modo Băsescu è riuscito a conquistare l’ampio elettorato delle zone rurali del paese, che tradizionalmente appoggia i partiti più a sinistra, rappresentati in Romania dai Social Democratici?
Oggi l’ideologia di partito conta meno, ciò che conta sono la personalità e l’etichetta che un candidato riceve dalla popolazione. Da questo punto di vista Băsescu è un politico abbastanza "di sinistra". Il leader dei Socialdemocratici Mircea Geoană cerca di essere "popolare", ma non è esattamente a suo agio in quel ruolo. Inoltre Băsescu ha una maniera molto diretta di affrontare i problemi, che alla gente piace. Ci sono ovviamente persone che non lo appoggiano. Secondo le statistiche al momento il suo supporto è del 35%, il che significa che l’altro 65% non lo vuole più come presidente. In Romania abbiamo vissuto situazioni simili in passato: un candidato forte che domina la scena elettorale e un altro, leader dell’opposizione, che piano piano riesce a conquistare sempre più supporto. In questo senso la posizione di Băsescu è molto simile a quella del presidente Ion Iliescu nel 1996: a quel tempo Iliescu appariva molto forte nei sondaggi, raccogliendo il 40% delle preferenze, mentre Emil Constantinescu, che alla fine vinse le elezioni, ne raccoglieva solo il 25%. La stessa cosa accadde nel 2004 quando Năstase dominava i sondaggi ma fu alla fine battuto da Băsescu. Se dovessimo esprimere un giudizio basato su quello che accadde in passato, diremmo che Băsescu non ricoprirà un secondo mandato.
Tre anni fa la Romania era nel pieno di un boom economico: le cose andavano a gonfie vele per il ceto medio, molti compravano la seconda macchina e potevano permettersi lunghe vacanze. Quello che sta accadendo ora si profila come una triste fine per il ceto medio che sembrava essere appena emerso…
Alla metà del 2008 il ceto medio aveva un buon tenore di vita. Il numero di persone che andava in vacanza era in aumento, e in aumento era anche il numero delle automobili vendute. A questo punto dovremmo chiederci chi fa parte del ceto medio. Personalmente credo che si tratti soprattutto di giovani intorno ai 30 anni con una buona preparazione professionale. Giovani che sono entrati sul mercato del lavoro dopo il 2000, quando la crescita economica era già iniziata e che nel frattempo hanno raggiunto posizioni semi-dirigenziali nelle aziende in cui lavorano. Nell’istituto con cui collaboro la maggior parte dei dipendenti rientra esattamente in questa categoria, ed ha fra i 30 e i 40 anni. Il loro tenore di vita è migliorato di anno in anno.
E quindi ad un certo punto tutto è crollato improvvisamente?
Sì, tutto è crollato improvvisamente, ed è particolarmente evidente per questa fetta della popolazione. Per loro sembrava naturale che gli stipendi potessero solo salire. Molti non avevano nessun problema a comprare una macchina pagando con rate che ammontavano alla metà del loro stipendio, perché sapevano che l’anno successivo sarebbe aumentato. Per quanto mi riguarda, ho attraversato periodo difficili. Ho vissuto prima del 1989, quindi se il mio stipendio diminuisce posso cavarmela. La domanda tipica quando si voglia fare un sondaggio più approfondito sul tenore di vita è "Cosa ne pensi del tuo reddito?". Le risposte vanno da: "Non ho più abbastanza denaro per arrivare a fine mese" a "Me la cavo, ma non posso più acquistare beni costosi", e così via. Il ceto medio è rappresentato dalla risposta: "Posso ancora soddisfare i miei bisogni e mettere da parte un po’ di risparmi". Ad un certo punto la percentuale di coloro che potevano permettersi di dare questa risposta aveva raggiunto il 20%. Ora sta di nuovo scendendo.
Tra il 2007 e il 2009 abbiamo visto una rapida crescita nei consumi, e molti analisti erano allarmati dal fatto che i rumeni spendevano tutto senza mettere da parte nulla…
E’ vero. Era l’epoca dei prestiti bancari per chiunque. La gente chiedeva prestiti per soddisfare ogni suo minimo bisogno. La quota di risparmi messi da parte in Romania era ed è praticamente uguale a zero. Solo durante l’ultimo anno il numero di versamenti è salito, ma è semplicemente frutto di una congiuntura di fattori, dovuta al fatto che le banche hanno iniziato ad offrire tassi di interesse più alti su tutti i risparmi. E nella pratica non si tratta di depositi a lungo termine, ma a breve termine, volti ad accumulare guadagni veloci. Si può versare denaro e prelevarlo in uno o tre mesi godendo di tassi molti buoni. Inoltre, i rumeni al giorno d’oggi non pensano minimamente a risparmiare per il futuro.
Quanto pensa che l’attuale situazione assomigli al tracollo economico degli ultimi anni ’90 in Romania?
Non molto. Una delle differenze maggiori fra allora ed oggi è che all’epoca la gente sperava che sarebbero arrivati tempi migliori. Oggi nessuno sa cosa accadrà. E’ importante però sottolineare che la crisi economica non è ancora così grave. Molti hanno paura di perdere il lavoro, ma il tasso di disoccupazione rimane comunque piuttosto basso in confronto agli altri paesi dell’UE. Inoltre, la popolazione continua a consumare. La maggior parte approfitta dei periodi di saldi nei vari settori dell’industria e semplicemente continua ad acquistare beni. Allo stesso tempo, l’attuale governo, che è caduto a fine ottobre, ma è ancora in carica ad interim, ha preso decisioni che hanno rimandato molte questioni spinose al prossimo anno, fra cui la più seria è l’aumento del debito. Per questo dico che forse la crisi non ha ancora raggiunto il culmine, ma temo che accadrà molto presto. Si dovranno prendere provvedimenti difficili, fra cui la diminuzione dei salari da una parte e l’aumento delle tasse dall’altra. Per questo, mentre ad occidente sembra che perlomeno si sia evitato un ulteriore declino, temo che noi non ci riprenderemo mai del tutto da quello che ci sta accadendo oggi.
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