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Eko Forum Zenica: per un’aria più pulita in Bosnia Erzegovina

L’acciaieria di Zenica, acquistata nel 2004 dal colosso multinazionale AcelorMittal, ha un profondo impatto sulla qualità dell’aria nella città bosniaca. Qui nel 2008 un gruppo di cittadini ha dato vita all’Eko Forum, con l’obiettivo di difendere il diritto alla salute ed alla protezione dell’ambiente. Un’intervista

31/10/2022, Francesco Martino -

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Dal 2008, quando è ripartita la produzione nelle acciaierie locali acquisite dalla multinazionale ArcelorMittal, la città di Zenica ha registrato livelli allarmanti di inquinamento atmosferico. In reazione al significativo peggioramento della qualità dell’aria, un gruppo di cittadini ha dato vita all’iniziativa civica Eko Forum. Abbiamo intervistato Samir Lemeš, presidente del direttivo dell’associazione.

Come è nata l’iniziativa Eko Forum?

Nel 2004 l’acciaieria locale di Zenica è stata acquisita dalla multinazionale dell’acciaio ArcelorMittal. La produzione è ripartita quattro anni dopo, nel 2008. A quel punto il problema dell’inquinamento atmosferico è diventato più evidente, così un gruppo di persone di Zenica ha deciso di riunirsi e di creare Eko Forum, nato nel dicembre dello stesso anno.

La maggior parte degli attivisti erano medici, giornalisti, ingegneri dell’acciaieria in pensione o persone che conoscevano il funzionamento della fabbrica dall’interno. Non avevamo molta esperienza nelle attività della società civile, quindi si è trattato di un processo di apprendimento. Abbiamo iniziato a raccogliere e diffondere informazioni sulla fabbrica attraverso il nostro sito web.

In quel momento era in corso il processo per l’ottenimento dei permessi ambientali, quindi vi abbiamo partecipato attivamente: durante le udienze pubbliche abbiamo avanzato suggerimenti e denunce. Tuttavia, sono stati completamente ignorati dalle istituzioni, così abbiamo deciso di organizzare delle proteste. Fin dall’inizio sapevamo che, avendo a che fare con una multinazionale, dovevamo internazionalizzare il problema, così abbiamo iniziato a collaborare con organizzazioni locali e internazionali che ci aiutassero a raggiungere il nostro obiettivo, cioè avere una produzione industriale quanto più possibile pulita.

In questo tentativo di internazionalizzazione, abbiamo collaborato con l’organizzazione ceca Arnika, che ci ha aiutato a strutturare le nostre competenze nell’implementazione della Convenzione di Aarhus [la Convenzione delle Nazioni Unite sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, ndr]. Nel 2014 abbiamo anche consegnato i primi esposti contro la nuova autorizzazione ambientale, sia contro l’azienda che contro le autorità pubbliche. Purtroppo non ha portato a niente, perché secondo il pubblico ministero non c’erano prove sufficienti per dimostrare la chiara intenzione di inquinare. Tuttavia, dopo questa esperienza, le autorità locali hanno iniziato a prenderci più sul serio e hanno capito che siamo un’importante parte in causa.

Cosa intende quando dice che le autorità locali vi prendono più sul serio?

Prima di allora, non potevamo nemmeno ottenere informazioni dalle autorità locali, anche se esiste una legge sulla libertà di accesso alle informazioni. Dopo il procedimento legale, sono diventate più disponibili e hanno iniziato a condividere con noi le informazioni. Siamo anche riusciti a portare alla modifica di alcuni regolamenti nazionali, come quello relativo al monitoraggio delle emissioni degli impianti industriali. Secondo il regolamento precedente, solo i laboratori registrati e accreditati in Bosnia Erzegovina potevano effettuare il monitoraggio. Il problema era che qui non abbiamo un laboratorio accreditato, quindi le misurazioni non potevano essere effettuate. Ci è voluto quasi un anno di trattative con il governo, ma alla fine siamo riusciti a cambiare la situazione. Ora, in mancanza di un laboratorio locale, è possibile affidare il monitoraggio a un laboratorio straniero.

Ritiene che i cittadini siano sufficientemente consapevoli del problema?

Penso che siano consapevoli della situazione, ma il loro atteggiamento è influenzato anche dalla politica. La gente [in Bosnia Erzegovina] ha un atteggiamento apatico nei confronti di tutto, perché pensa che nulla potrà mai cambiare. Sono delusi dai politici locali, ma anche dalle promesse della comunità internazionale. La maggior parte delle persone qui conosce la situazione, ma raramente decide di agire e fare qualcosa per cambiarla.

ArcelorMittal è un attore economico dominante, pensa che questo possa essere un motivo per cui le persone sono caute nell’agire?

La presenza di ArcelorMittal influisce sicuramente sull’atteggiamento della popolazione locale. È un attore economico molto importante, soprattutto a livello federale, perché la maggior parte dei benefici della produzione metallurgica va alla Federazione, non alla nostra città: la fabbrica è il primo cliente della compagnia ferroviaria federale e paga molte tasse alla Federazione. L’acciaieria impiega circa 2000 persone su una popolazione di 100.000 abitanti, e la maggior parte di questo 2% proviene da fuori Zenica. Quindi a livello locale abbiamo solo molto inquinamento e una piccola parte di occupazione.

Come si è sviluppata la situazione dell’inquinamento atmosferico nel corso degli anni?

Dal 2008 la produzione delle acciaierie è aumentata gradualmente. Ora ha raggiunto circa un terzo della produzione prebellica, ma le concentrazioni di polveri e anidride solforosa hanno quasi raggiunto i livelli degli anni Ottanta e Novanta. È importante notare che negli anni ’80 non esisteva la tecnologia di cui disponiamo oggi. Quindi oggi dovremmo avere una situazione migliore, ma non è così perché gli investimenti non sono stati sufficienti. La situazione peggiore si è verificata tra il 2014 e il 2015, quando il livello di anidride solforosa ha superato il limite fissato dalla legge per 252 giorni, quasi un anno intero. In seguito la situazione ha iniziato a migliorare e l’anno scorso il livello ha superato il limite "solo" per 50 giorni. Tuttavia, sebbene la situazione sia migliorata, è ancora lontana dall’essere buona.

Questo sviluppo è dovuto ad alcuni miglioramenti apportati all’acciaieria?

Sì, è dovuto agli investimenti e all’installazione di filtri in diverse parti della fabbrica. Lo scorso inverno hanno anche chiuso la centrale elettrica a carbone e sono passati alla nuova centrale a gas. Ne è risultata una chiara  riduzione delle polveri e dell’anidride solforosa nell’aria. Rimane il problema degli inquinanti organici, come il benzene, provenienti dalla centrale a carbon coke. Questo è ora il fulcro delle nostre attività: stiamo cercando di convincerli a investire in questa parte altamente inquinante della fabbrica.

La fabbrica è l’unica fonte significativa di inquinamento atmosferico in città?

Purtroppo l’anagrafe degli inquinatori non è gestita correttamente: abbiamo solo i dati del 2016 che non forniscono una risposta chiara su chi contribuisce all’inquinamento e in che misura. Secondo alcune stime, l’inquinamento industriale rappresenta il 60-70%. C’è una miniera di carbone, ma le sue emissioni non sono così elevate come quelle delle acciaierie. L’altra grande fonte di inquinamento è il riscaldamento privato delle famiglie che usano carbone o legna, mentre il traffico è solo una causa minore.

Esistono dati affidabili sull’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute pubblica a Zenica?

Purtroppo non abbiamo dati sulla relazione tra l’inquinamento e la salute della popolazione. Esistono alcuni rapporti, ma sono piuttosto generici e non è possibile ottenere informazioni specifiche su quali siano le aree più colpite, ad esempio. Le istituzioni sono responsabili di queste analisi, ma si lamentano sempre di non avere le capacità per svolgerle. Negli ultimi anni alcune ambasciate straniere, come quella degli Stati Uniti e quella della Svezia, hanno promosso progetti per rafforzare le capacità in tal senso delle istituzioni locali. Il risultato è stato un rapporto sull’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute, ma anche in questo caso sono stati presentati solo dati aggregati di intere città che non sono molto utili.

Esiste un software chiamato Air Q Plus che mette in relazione le medie annuali di PM2,5 con il numero di morti e di casi di malattie cardiovascolari e altri problemi di salute. Abbiamo cercato di utilizzare questo programma per una delle nostre cause legali davanti al tribunale, ma hanno detto che quei dati non dimostravano chi fosse il responsabile dell’inquinamento, quindi non è stato utile nemmeno quello.

Pensa che l’inquinamento atmosferico a Zenica possa essere un motivo per cui le persone decidono di trasferirsi altrove?

Può influire su questa decisione, ma la situazione politica ed economica sono così negative che credo rimangano le ragioni prevalenti. Direi che la prima ragione dell’emigrazione è politica: la gente pensa che nulla cambierà nel prossimo futuro. La seconda è una ragione economica, perché molte persone non riescono a trovare un lavoro. Poi ci sono le ragioni ambientali, che impediscono ad alcune persone di vivere qui. Alcuni miei amici hanno un figlio con il diabete, ogni anno vanno in Turchia per un mese e lui sta bene, poi quando tornano a Zenica inizia ad avere problemi. Ci sono molte persone in questa situazione, quindi l’inquinamento può sicuramente essere un motivo per emigrare.

La Bosnia Erzegovina ha una struttura amministrativa piuttosto complicata: vede qualche differenza significativa nel modo in cui i diversi livelli dell’amministrazione affrontano l’inquinamento atmosferico?

Le autorità pubbliche a tutti i livelli hanno lo stesso atteggiamento: dicono che non è loro responsabilità e trovano sempre qualcun altro da incolpare. Il problema è anche che mancano le capacità, perché le istituzioni sono piene di persone con un passato politico, c’è molto nepotismo e corruzione. Non hanno abbastanza persone in grado di affrontare questi problemi, quindi si limitano a evitarli. Per questo motivo la maggior parte delle nostre attività non è rivolta a chi inquina, ma alle istituzioni: stiamo lottando perché facciano il loro lavoro.

E per quanto riguarda il monitoraggio del livello di inquinamento atmosferico? Esistono dati affidabili?

Prima del 2013 non avevamo strumenti per misurare l’inquinamento atmosferico, quindi abbiamo organizzato proteste, con migliaia di persone che sono scese in strada. Abbiamo fatto pressione sulla città, che alla fine ha acquistato tre stazioni di misurazione automatiche grazie alle quali abbiamo iniziato a raccogliere informazioni in tempo reale sulla qualità dell’aria. Il problema è che ci sono voluti anni per calibrare correttamente gli strumenti e per manutenerli adeguatamente; inoltre questi strumenti non raccolgono dati sugli inquinanti organici, per i quali sono necessari strumenti sofisticati e costosi.

Un altro aspetto riguarda la misurazione degli inquinanti provenienti dalla fabbrica. Nel 2015, quando ArcelorMittal ha presentato domanda per ottenere la nuova autorizzazione ambientale, il governo ha formato un team di esperti per effettuare visite sul campo. Abbiamo avuto la possibilità di nominare due esperti come membri di questo team, il che è stato un grande risultato per noi. Quando si sono recati in fabbrica, hanno scoperto che i dispositivi di misurazione non erano stati installati correttamente, il che significa che tutti i dati raccolti fino a quel momento erano sbagliati e inutili. Il nuovo permesso li obbligava a installare le nuove apparecchiature entro 6 mesi, ma in realtà hanno impiegato due anni e mezzo per farlo.

Lei ha parlato di proteste e vie legali; ci sono altre iniziative con cui cercate di affrontare la situazione?

Alcuni anni fa una fondazione svizzera ha finanziato un progetto volto a stabilire un dialogo inclusivo tra tutte le parti interessate: la società civile, le imprese e le istituzioni. Per due anni abbiamo partecipato a molti incontri con loro per creare fiducia tra di noi. Il progetto ha avuto un successo solo parziale. Mentre siamo riusciti a costruire un rapporto migliore con le istituzioni, che non ci vedono più come un nemico ma come un partner disposto a trovare una soluzione al problema, non siamo riusciti a cambiare l’atteggiamento dell’azienda. I suoi rappresentanti non erano aperti al dialogo, né pronti a negoziare con noi. Si può avere un dialogo così inclusivo solo se tutti gli attori sono allo stesso livello, ma loro sono molto più potenti di noi e anche delle istituzioni, quindi probabilmente pensano di non dover rispettare nulla. Ecco perché una parte del progetto è fallita.

Lei ha detto di aver collaborato con un’organizzazione ceca. Siete membri di altre network? Quanto è importante per voi il networking?

A livello nazionale siamo membri di Eko BiH, che è la rete delle organizzazioni ambientali della Bosnia Erzegovina. Facciamo anche parte della rete dei centri di Aarhus, che conta 65 centri e copre Europa e Asia. Partecipiamo a diversi network a livello regionale, la maggior parte dei quali sono finanziati dall’UE o dagli Stati Uniti.

Sono molto utili, perché da un lato partecipando a queste reti possiamo ottenere dei fondi per diversi progetti, dall’altro possiamo ottenere dai nostri partner l’esperienza e le competenze che ci mancano. Inoltre, le nostre dichiarazioni pubbliche vengono prese molto più seriamente quando le facciamo come rete piuttosto che come singola organizzazione.

Avete una strategia per trattare con i media? Com’è il vostro rapporto con loro?

Non abbiamo una strategia specifica, ma siamo molto ben coperti dai media: ogni volta che facciamo una protesta, ad esempio, ci sono giornalisti di diversi media nazionali ma anche internazionali – dalla Serbia, dalla Slovenia, dall’Italia, dalla Francia ecc. – che sono pronti a fare un reportage.

Sono già stati pubblicati diversi documentari su di noi e sul nostro lavoro: uno di Dino Mustafić, noto regista bosniaco, mentre un altro è in fase di post-produzione e sarà trasmesso dalla HBO.

A un certo punto un’équipe della BBC è venuta qui per registrare un servizio giornalistico su Zenica e l’acciaieria. Hanno chiesto tutti i dettagli e i documenti di supporto per testimoniare che ciò che abbiamo raccontato era vero al 100%. Il motivo era che c’erano avvocati di ArcelorMittal che cercavano di trovare il minimo dettaglio per fare loro causa. Dopo tutte queste pressioni, la BBC decise di non trasmettere il servizio. Poi, un anno dopo, il  Guardian ha ripreso la nostra storia e ha pubblicato un articolo; il giorno dopo è stato citato in giudizio da ArcelorMittal. Non so cosa sia successo dopo e chi abbia vinto la causa.

Ciò che abbiamo imparato da questa storia è che è molto importante avere una portata internazionale nei media per promuovere la nostra causa. Qualche anno fa un fondo di investimento svedese voleva acquistare alcune azioni di ArcelorMittal, ma quando è venuto a Zenica e si è reso conto che gli standard ambientali non erano rispettati ha deciso di non investire. Ci siamo resi conto che ci sono attori ancora più potenti delle aziende, e sono le istituzioni finanziarie. Abbiamo quindi capito che è molto importante lavorare anche su di loro.

Qual è il ruolo dell’Unione europea? Ha affrontato il problema?

So che hanno speso milioni di euro in progetti, ma la maggior parte di questi progetti sono stati presi da alcune aziende di consulenza degli stati membri, quindi abbiamo ottenuto solo le briciole. Le questioni ambientali non sono mai state una priorità in Bosnia Erzegovina. Quando l’UE ha stanziato dei fondi, di solito lo ha fatto per questioni di sicurezza, per il sistema giudiziario, per la lotta alla corruzione, ecc. Solo una quantità limitata di fondi era disponibile per l’ambiente. Hanno iniziato a investire di più in questo settore due o tre anni fa. Il problema era che la Bosnia Erzegovina non aveva una strategia di protezione ambientale: questa era la scusa usata dall’UE. Alla fine è stata pubblicata una bozza di documento che ora è aperta alle audizioni pubbliche.

 

"Cambiamenti climatici, rischio ambientale e mobilitazione sociale nei Balcani" è un progetto cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Il MAECI non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina del progetto

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