E’ tempo di “Salonicco II”
Sei anni fa a Salonicco si era tenuto un importante summit che definiva la prospettiva di adesione all’Ue dei Balcani occidentali. Tuttavia il processo di integrazione ha subito un evidente rallentamento. Secondo il professor Teokarević è giunto il tempo di un nuovo summit
Di Jovan Teokarević*
Sei anni dopo il summit di Salonicco, che ha riunito i rappresentanti dell’Unione Europea e degli stati dei Balcani Occidentali, è giunto il tempo del "Salonicco II". Il messaggio principale del "Salonicco I" era duplice: gli stati dei Balcani Occidentali hanno una prospettiva reale di adesione all’Ue, e la "mappa dell’Europa sarà completa solo quando gli stati della regione entreranno in Ue". Nel frattempo, questi stati hanno compiuto considerevoli progressi nell’ambito delle riforme politiche ed economiche avvicinandosi all’adesione all’Ue, ma tutto questo ora è stato gravemente rallentato. Per evitare una crisi generale, le idee chiave del summit di giugno 2003 dovrebbero essere rinnovate e arricchite, prendendo in considerazione l’acquisito livello di europeizzazione della regione, così come altri importanti cambiamenti, sia nel vecchio continente che nel mondo.
Recentemente, tra i politici e i cittadini dei Balcani Occidentali sta crescendo un pensiero condiviso, secondo il quale la strada per l’Ue promessa a Salonicco sta diventando sempre più lunga e incerta; questo perché, oltre ad uno sguardo retrospettivo, questi paesi hanno bisogno di una visione ancor più approfondita e strategica rivolta al futuro, da elaborare insieme all’Ue.
Questa potrebbe essere la descrizione più concisa dell’obbiettivo che potrebbe porsi il nuovo summit dei capi di stato e di governo Ue-Balcani Occidentali. Entrambe le parti potrebbero beneficiare soprattutto, prima che dal summit in sé, dalla moltitudine di attività intellettuali, politiche e diplomatiche che lo precederanno. Il summit di alto livello non dovrebbe essere tralasciato, dal momento che soltanto il Consiglio europeo, rafforzato dai leader della regione, potrebbe prendere delle decisioni con impegno importante, duraturo e vincolante da entrambe le parti.
"Salonicco II", infatti, è stato previsto nelle conclusioni del summit precedente, come una occasione in cui i rappresentanti delle due parti si potessero incontrare nuovamente in futuro. L’altro, il "Forum Ue-Balcani Occidentali", includeva ministri degli Esteri e degli Interni, e se necessario altri ministri. Fortunatamente i loro incontri sono diventati una routine negli ultimi anni, ma il summit d’alto livello non è più stato ripetuto.
Oltre agli annuali Progress Report, negli ultimi sei anni l’Ue ha adottato diversi documenti importanti relativi ai Balcani Occidentali che sono stati usati come punto di partenza per le discussioni dei "Forum Ue-Balcani Occidentali", ma anche per correggere, modificare e rinnovare le politiche europee nei confronti della regione. Inoltre, sono stati organizzati numerosi incontri multilaterali e bilaterali tra le due parti. Bisognerebbe sottolineare, dato che l’Ue non perde mai occasione per farlo, che l’Unione non si è mai tirata indietro dalla sua promessa di Salonicco. Al contrario, ha arricchito la sua cooperazione e il suo aiuto ai Balcani Occidentali con molti nuovi programmi e iniziative, che sono stati utilizzati dai paesi della regione, e senza i quali il progresso sarebbe stato molto più difficile, non solo per quel che riguarda l’integrazione europea.
Nel frattempo i paesi della regione sono stati impegnati in un ambizioso processo di europeizzazione e hanno raggiunto molti risultati, così da rendere la situazione attuale molto più stabile e prosperosa rispetto a sei anni fa. I governi si sono messi all’opera, i cittadini mostrano un eccezionale euro-entusiasmo, e tra gli stati vi è una competizione costruttiva nel processo di integrazione europea, tra cui anche la cooperazione.
In seguito ad accordi bilaterali, è entrato in vigore un nuovo accordo multilaterale di libero scambio CEFTA, nonostante i comprensibili "dolori di parto"; il Consiglio di Cooperazione Regionale, nato dal Patto di Stabilità per il Sud est Europa, sta diventano sempre più attivo e l’intera regione sta diventando sempre più parte della famiglia di nazioni europee attraverso vari programmi, dal trasporto alla comunità energetica, l’educazione e la ricerca, la collaborazione tra forze di polizia, ecc.
Gli stati della regione sono stati premiati per i loro sforzi con alte posizioni sulla scala di "adesione europea", includendo anche i finanziamenti. Al tempo del "Salonicco I", solo la Croazia aveva presentato la sua candidatura. Nel frattempo, questo stato non solo è diventato un candidato ufficiale per l’adesione della Ue (seguito dalla Macedonia), ma ha anche concluso la maggior parte dei capitoli di negoziazione. Tutti gli altri paesi sono ancora considerati potenziali candidati, ma hanno firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione (quelli di Macedonia e Albania sono stati ratificati). Negli ultimi mesi Montenegro e Albania hanno ufficialmente presentato la loro candidatura di adesione all’Ue.
Secondo molti osservatori e partecipanti, visti i buoni risultati, tutti nei Balcani Occidentali dovrebbero essere molto soddisfatti, in particolare se si confronta la situazione attuale con la disillusione e la poca speranza di una decina d’anni fa. Per questo molte persone suggeriscono di proseguire su questa strada finché, ovviamente, porterà frutti. Si dovrà lavorare "come al solito", ciò significa che le coordinate sono già state tracciate e ciò che si deve fare è mantenere la via prescelta.
Comunque, manca ancora una seria valutazione sul lavoro fatto finora e sui risultati ottenuti, così come sulle politiche e le prospettive, e la cosa migliore sarebbe accompagnare tutto questo con un dialogo tra i leader. Da qui l’idea di un "Salonicco II", che oggi è supportata non solo nei Balcani, e non solo dagli esperti dalle organizzazioni di società civile. Alcuni tendono più a parlare della stessa cosa in termini di "Processo di Zagabria", mentre altri, come il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, vorrebbero che gli Usa partecipassero attivamente e fossero presenti all’incontro.
In ogni caso, ci sono svariate motivazioni dietro a questa iniziativa. A cominciare dal recente avvertimento del presidente serbo Boris Tadić, il quale, parlando praticamente per l’intera regione, ha affermato: "si ha l’impressione che l’Ue non sia pronta in questo momento ad accettare i paesi dei Balcani Occidentali quando noi tutti lo vorremmo". Gli abitanti della regione temono che aumenti la "fatica d’allargamento" all’interno dell’Ue, che paradossalmente coincide con il quinto anniversario dell’ultimo allargamento, che ha dimostrato di essere molto vantaggioso sia per i vecchi che per i nuovi stati membri dell’Ue. Almeno tre fattori legati tra loro hanno portato alla "fatica d’allargamento", e nessuno di questi esisteva al tempo di "Salonicco I" in una forma così chiara e spaventosa.
Il primo fattore è la crisi economica interna ai paesi membri Ue, scoppiata per lo scarso adeguamento alla globalizzazione, e attualmente aggravata dal crollo finanziario a livello mondiale e dalla recessione economica. Sfortunatamente tutti i paesi si sono rinchiusi nel protezionismo, e una conseguenza attesa è stata la resistenza nei confronti di un ulteriore allargamento, che può essere facilmente manipolata nelle politiche interne.
Il secondo fattore è la crisi istituzionale dell’Ue, che non è certo nuova, ma è diventata manifesta durante il processo di assestamento istituzionale dell’Unione: dal fallimento della Costituzione europea nel 2005, agli sforzi attuali per completare con successo la ratificazione del Trattato di Lisbona entro la fine del 2009. Non è solo "affare" degli stati Ue, ma anche di quelli dei Balcani Occidentali, in quanto senza le riforme istituzionali previste, un ulteriore allargamento è semplicemente impossibile, fatta eccezione per la Croazia, nel cui caso potrebbero essere usate delle misure palliative.
Il terzo fattore che ha portato alla "fatica d’allargamento" è stato un reale, anche se informale inasprimento dei criteri per i paesi dei Balcani Occidentali. Da un lato, un esplicito riferimento a tutti i criteri di Copenhagen in un articolo del Trattato di Lisbona, e dall’altro, il criterio a lungo dimenticato di "capacità di assorbimento" (in seguito denominato "capacità d’integrazione") è stato evidenziato in altri documenti. Di conseguenza, il messaggio implicito dell’Ue agli aspiranti candidati è decisamente cambiato. Mentre ai paesi dell’Europa centrale, prima del 2004 era stato detto: "Entrerete quando sarete pronti per noi", a quelli dei Balcani Occidentali è stato detto. "Entrerete non solo quando sarete pronti per noi, ma anche quando noi saremo pronti per voi".
Sono molti i segnali del rallentamento dell’integrazione europea dei paesi dei Balcani Occidentali. La Macedonia ha già aspettato tre anni e mezzo come candidato ufficiale all’Ue per avviare i negoziati di adesione. Con molta probabilità questa potrebbe essere la prospettiva degli altri paesi della regione quando finalmente diverranno candidati. A causa della non piena collaborazione della Serbia con il TPI dell’Aja, per un anno intero l’Ue non ha attivato l’Accordo commerciale temporaneo con la Serbia, che dovrebbe aprire la strada per l’implementazione e la ratifica dell’Accordo di stabilizzazione e associazione. Tutti concordano nel dire che l’attuale ritardo dell’integrazione europea della Bosnia Erzegovina deriva dal fatto che il paese è molto lontano dal trovare un consenso interno sul suo futuro, più lontano rispetto ad un paio di anni fa.
Grande e altrettanto spiacevole sorpresa il blocco tuttora attivo dei negoziati di adesione della Croazia da parte della Slovenia. Stando ai piani di un anno fa, la Croazia avrebbe dovuto concludere tutti i capitoli di negoziazione entro il 2009, cosa che avrebbe permesso la firma e la ratifica dell’Accordo di adesione entro i successivi 20 mesi. In altre parole, tutti si aspettavano che la Croazia ottenesse il via libera per l’adesione all’Ue alla fine del 2010 o all’inizio del 2011. Ora si parla perfino del 2014 che, solo pochi anni fa, secondo le aspettative di molti, era la data ultima per l’entrata di tutti i paesi dei Balcani Occidentali nell’Unione Europea.
Visto il rabbuiarsi degli umori a Bruxelles ogni volta che viene nominata una richiesta di adesione di altri paesi della regione, è ovvio che passerà molto tempo tra questa domanda, l’avis positivo, la garanzia dello status ufficiale di candidato e l’effettivo inizio dei negoziati di adesione – si parla di anni più che di mesi. Tutti si chiedono, quindi, quanto possano durare questi negoziati di adesione, ma difficilmente meno di quelli dei nuovi stati membri dell’Europa centrale. Tutto sommato, una volta entrata la Croazia, gli altri stati della regione – e non tutti, molto probabilmente – potranno contare sull’adesione all’Ue soltanto nella seconda metà del prossimo decennio.
Tutti incontreranno degli ostacoli sul loro cammino: il sottosviluppo economico, sommato all’insufficiente controllo dello stato e la troppa corruzione e crimine organizzato, oltre alla mancanza di capacità amministrative; la Bosnia sarà inoltre alle prese con le sue divisioni interne, e la Serbia e il Kosovo con la questione dello status e le relazioni reciproche.
Nel frattempo, un’ondata estremamente preoccupante di relazioni incrinate ha colpito l’intera regione. La dichiarazione di indipendenza del Kosovo del febbraio 2008 è stato un motivo importante, ma anche un pretesto. Oltre ai rapporti bilaterali, la cooperazione regionale è stata duramente danneggiata, quando aveva appena iniziato a svilupparsi, e con molti sforzi visti i conflitti armati degli anni ’90.
Molti paesi dei Balcani Occidentali hanno seri problemi bilaterali con alcuni stati membri Ue: la Croazia con la Slovenia per la questione dei confini, la Serbia con l’Olanda riguardo al livello di cooperazione con il Tribunale dell’Aja, la Macedonia con la Grecia per la questione del nome del paese. Queste tensioni stanno rallentando non solo i singoli paesi sul loro percorso verso l’Ue, ma la regione intera. Anche se Croazia e Albania sono entrate nella Nato lo scorso aprile, ci sono dei dubbi riguardo ad un ulteriore allargamento dell’Alleanza Atlantica nella regione, visto il veto della Grecia all’entrata della Macedonia e la decisione della Serbia di restare neutrale. Ritardare o fermare completamente l’allargamento Nato potrebbe compromettere seriamente l’allargamento Ue.
L’impegno futuro di Ue e Nato in Bosnia Erzegovina e in Kosovo è una questione che dà adito a controversie, così come lo status della regione nel suo insieme: non è più una priorità, soprattutto per la politica USA, e ora potrebbe diventare una delle principali vittime dell’attuale crisi economica.
Se ci sono sufficienti ragioni per una "Salonicco II", come qui dimostrato, passiamo agli obbiettivi che questo summit dovrebbe raggiungere. In primo luogo è importante riaffermare e consolidare la prospettiva europea dei Balcani Occidentali in una nuova modalità, con un piano realistico e stimolante per le azioni future. In secondo luogo, si dovrebbe mettere a punto un nuovo meccanismo, capace si collegare in modo più diretto le riforme fatte con i progressi evidenti e lampanti nel processo d’integrazione europea, in modo che sia comprensibile a tutti i cittadini (come l’attuale questione dei visti).
Il terzo obbiettivo riguarda il rafforzamento dell’esistente partenariato europeo tra Ue e Balcani Occidentali attraverso un impegno comune ad alto livello. I leader dell’Ue dovrebbero includere lo status di candidato, senza limitarsi a questo, e avviare i negoziati di adesione per tutti gli stati della regione. In questo modo i paesi dei Balcani Occidentali non sarebbero svincolati dal rispetto dei criteri di Copenhagen. Tuttavia, ad un intero decennio dal lancio del Processo di stabilizzazione e associazione, e in seguito ad un grande lavoro congiunto di Ue e paesi della regione, è comunque naturale aspettarsi che tutti gli stati ottengano lo status di candidati, e siano anche capaci di avviare i negoziati di adesione: né più né meno di questo.
Sarebbe particolarmente significativo per il summit escogitare una strategia per aumentare radicalmente i rapporti multilaterali e bilaterali nei Balcani Occidentali; a tal fine dovrebbe essere organizzato un summit regionale di alto livello parallelo o preliminare, come ha suggerito Igman Initiative, una Ong attiva in Bosnia, Croazia, Montenegro e Serbia.
Infine, per evitare l’apatia sul lungo percorso futuro per l’entrata in Ue, e per stimolare sia l’identità europea che la responsabilità nei confronti di questo processo da parte delle società e dei governi della regione, si potrebbe pensare anche all’inclusione di tutti questi paesi che vogliono accedere in un più ampio numero di programmi comunitari. Questo tipo di "membership virtuale" potrebbe poi essere usata per raggiungere quella reale, in modo più facile e veloce.
Per organizzare con successo il "Salonicco II", bisognerebbe prima raggiungere un consenso interno alla regione attraverso un ampio dibattito dei governi, del mondo degli affari e delle organizzazioni non governative, tra gli esperti e l’opinione pubblica. Lo stesso consenso è necessario tra la regione e l’Ue, e all’interno dell’Ue stessa, dal momento che questo è un vero progetto realizzato insieme, che dovrebbe compiersi in una strategia comune per il futuro.
La questione del "dove" organizzare il summit è importante come il "perché" e il "come". Ovviamente, quest’anno risulta impossibile in quanto devono prima realizzarsi due cose: la ratifica del trattato di Lisbona dev’essere completata e la crisi economica non dev’essere più l’unico tema di discussione.
Alcuni forse vedranno la proposta di un summit dei leader come un’idea troppo ambiziosa, inopportuna, o perfino controproducente. Come altri che hanno iniziative simili, sono convinto che ci siano ragioni sufficienti e che sia veramente possibile ripetere il successo di "Salonicco I". Come avvenne sei anni fa, in un momento altrettanto importante, "Salonicco II" potrebbe stimolare e accelerare l’integrazione dei Balcani Occidentali, l’impresa europea più importante e incompleta.
*Professore dell’Università di Belgrado
Direttore del Centro di Integrazione europea di Belgrado (BeCEI)
(traduzione per Osservatorio Balcani e Caucaso: Maria Elena Franco)
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