E’ stato per caso e per passione
Giacomo Scotti mette finalmente mano alla valigia dei ricordi e racconta la sua incredibile vicenda biografica di giovane italiano del sud finito a vivere, per caso e per convinzione, nella Jugoslavia del secondo dopoguerra. Una recensione. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
“Giacomo Scotti, poeta jugoslavo nato a Saviano presso Napoli!”: così scrisse Izet Sarajlić, un grande intellettuale di Sarajevo che non volle abbandonare la città sotto assedio (perdendovi due sorelle) pur di testimoniare il carattere laico e multietnico della capitale bosniaca.
Sì, perché Scotti, pur di radici indubbiamente partenopee – radici a cui peraltro tiene moltissimo – è anche stato profondamente jugoslavo. Vivendo sulla propria pelle – è proprio il caso di dirlo – tutte le vicissitudini e le contraddizioni di quella seconda Jugoslavia, repubblicana e titoista.
In Jugoslavia Scotti vi arriva davvero “per caso” nel difficile 1947, quando romanticamente decise di andare a combattere in Grecia con i partigiani comunisti di Marcos. In realtà il viaggio fu molto più breve: si arrestò a Fiume, dove Scotti iniziò la sua avventura umana e ideologica come correttore di bozze per “La Voce del Popolo”, giornale di lingua italiana.
Chi leggerà il libro, peraltro di facile e gradevole lettura, coglierà la complessità faticosa dei due aspetti citati – quello umano e quello ideologico – che intersecano tutta la vita dell’autore. Quella umana passa attraverso varie peripezie lavorative ed intellettuali che non gli risparmieranno rapporti spesso aspri con il potere socialista (talmente aspri da portarlo perfino all’ostracismo, al carcere, alla cacciata dal posto di lavoro, all’esilio).
E poi c’è l’aspetto ideologico, un fil rouge importante per la vita di Scotti, dato che volle partecipare – come fecero anche i cosiddetti “monfalconesi” – alla costruzione della Jugoslavia socialista, costruzione che corre dapprima nell’ortodossia stalinista e poi – con lo “strappo” del 1948 – cercando una strada tutta sua.
Nella storia personale dell’autore sembrano condensarsi tutte le difficoltà e le aporie che da un lato connotano la durezza del Novecento postbellico e dall’altro la fragilità della costruzione statuale jugoslava, sempre percorsa da inquietudini, da eccessi, da nazionalismi affioranti.
Uomo del difficile confine orientale – e si sa quanto critico sia stato per l’Italia e per il mondo bipolare della guerra fredda questo confine – Scotti ha invece sempre creduto che i confini vadano superati, oltrepassati. Oltrepassati e cancellati, scrive. Nel 1947 per costruire una società più giusta, migliore, come suggeriva la generosità dei suoi diciotto anni: appunto “per passione”, come titola il libro. Ed in seguito attraverso la paziente conoscenza di popoli, lingue, culture e sensibilità diverse. Perché solo attraverso la conoscenza si arriva a comprendere l’altro.
Oggi Scotti, che ha oltrepassato anche il confine biografico degli ottant’anni (è del 1928), vive tra Fiume e Trieste, quasi a voler ribadire anche fisicamente il suo testardo superamento dei confini. Confini che, al primo luglio, finalmente si dilegueranno con l’entrata della Croazia nell’Ue.
Della vita dell’autore non vi è solo questa autobiografia, ma più di cento opere letterarie e storiche (tra cui vanno ricordate quelle, meticolose, sull’orrore concentrazionario dell’isola di Goli), nonché tutta la sua intensa attività di scrittore, giornalista, traduttore, saggista.
Ma rimane soprattutto una testimonianza viva, testimonianza che – alla faccia di tutte le avventure e disavventure sperimentate (anche forti, come l’aggressione fisica dei nazionalisti ustascia nel 1994) – oggi esprime serenità e speranza. La sua stessa famiglia – fatta di tre matrimoni e di tanti figli e nipoti – contiene un grande meticciamento di lingue, di culture, di origini; una famiglia “con la bandiera dell’arcobaleno”, la definisce. Quasi una metafora ed un augurio per un confine orientale che esce da un lungo periodo di contrapposizioni e di violenze.
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