Due pesi e due misure
La Russia e l’Unione Europea si rapportano in maniera completamente diversa al Caucaso Meridionale. Trovare un accordo di base con la Russia potrebbe contribuire a una risoluzione dei conflitti in atto nella regione
Nel 1994, l’Azerbaijan e l’Armenia hanno firmato un cessate il fuoco: i due paesi intendevano siglare in questo modo la fine della guerra per il Nagorno-Karabakh. Tuttavia, a differenza di altri cessate il fuoco, l’accordo non ha di fatto liquidato completamente il conflitto. I due paesi sono rimasti in uno stato che non è di guerra, ma neppure di pace (una situazione nota anche come frozen conflict, o "conflitto congelato"): tuttora si verificano quotidianamente sparatorie e altri conflitti alla frontiera.
A differenza del conflitto dei Balcani, che ha coinvolto in maniera massiccia numerose forze internazionali, nel Nagorno-Karabakh molti attori internazionali sono rimasti in silenzio, o hanno addirittura deciso di ignorare apertamente il conflitto. Svariate sono le cause di questo comportamento, soprattutto per quanto concerne il ruolo della Russia nel Caucaso Meridionale.
A partire dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, i tre paesi della regione (Azerbaijan, Armenia e Georgia) sono finiti nella sfera d’influenza russa: questa situazione si trascina ormai da tempo, e persiste tutt’oggi.
L’Europa, come la Russia, tratta questi paesi usando due pesi e due misure. Russia ed Europa infatti si rapportano al Caucaso ciascuna a proprio modo, a seconda dei propri interessi e del grado di cautela che applicano nel relazionarsi ai tre stati.
Ad esempio, la Russia pretende che le repubbliche caucasiche restino sotto il proprio controllo, mentre l’Europa vorrebbe che fossero più indipendenti e democratiche. Tuttavia, mentre tale nobile concetto gode di ampio sostegno a livello teorico, il fatto che i singoli stati UE mantengano intatti i propri interessi nazionali nella regione (ci si riferisce ovviamente al petrolio e al gas) non può certo essere sottovalutato.
La Georgia, il secondo paese per estensione del Caucaso Meridionale, è un caso diverso sia dall’Armenia che dall’Azerbaijan. Tbilisi ha infatti sinora resistito (o almeno, così sembra), ai tentativi russi di inglobamento nella propria sfera di influenza. La volontà del Paese di unirsi alla comunità degli stati europei e ridurre drasticamente l’influenza esercitata dalla Russia non è esattamente cosa gradita a uno stato influente e potente a livello internazionale come la Federazione Russa.
Anche l’Azerbaijan vorrebbe sottrarsi all’influenza del Cremlino e avvicinarsi piuttosto all’Europa, ma, a differenza della Georgia, non è andato altrettanto lontano nel suo cammino verso la democrazia. Alcuni concetti democratici applicati in Georgia sono totalmente sconosciuti in Azerbaijan, o, meglio, vengono totalmente ignorati dalla leadership che governa il paese. Per questo motivo, in molti casi l’Azerbaijan tende a prendere le parti della Russia. Occorre tuttavia sottolineare come, mentre buona parte della popolazione azera sia favorevole a riforme di stampo democratico, l’élite al potere abbia idee completamente diverse in proposito, e si sia arroccata sulle proprie posizioni sin dal giorno dell’indipendenza.
Inoltre, viste le riserve di petrolio e gas presenti in territorio azero, il sostegno internazionale ottenuto dalla Georgia durante la "Rivoluzione delle Rose" è semplicemente impensabile in Azerbaijan.
L’Armenia, d’altro canto, ha tutti gli interessi nel restare schierata accanto alla Russia. La situazione attuale non consente a Yerevan nessun altro tipo di approccio: la Russia ha investito enormi quantità di capitale in Armenia (di fatto, la maggior parte delle quote societarie di aziende armene sono in mano russa, un fattore spesso trascurato dall’Europa). L’Armenia ospita inoltre due basi militari russe; infine, gli armeni comprendono che nessuna altra nazione potrebbe sostenere il loro Paese come fa la Russia.
Lo stesso tipo di approccio strategico e prudente viene applicato al conflitto del Nagorno-Karabakh: ognuno agisce in base a quelli che sono i propri interessi, comprese le parti belligeranti, Armenia e Azerbaijan, e gli attori internazionali potenzialmente in grado di intervenire. Nel caso di Armenia e Azerbaijan, la leadership di entrambi i paesi si rifiuta di prendere in considerazione le richieste inoltrate dalla società civile. La tolleranza zero dimostrata reciprocamente dai due paesi è stata alimentata da entrambi i governi sin dal cessate il fuoco del 1994.
Questo approccio si sta radicando sempre di più all’interno della società azera e di quella armena, visto che il conflitto del Nagorno-Karabakh è stato utilizzato dai rispettivi governi come capro espiatorio per qualsiasi problema affligga i due paesi. La popolazione è sottoposta a un vero e proprio lavaggio del cervello, nell’ambito della messa in atto di teorie e politiche di stampo sciovinista. Naturalmente, le istanze nazionalistiche diffuse in ciascuno dei due paesi contribuiscono a complicare ulteriormente la situazione.
Vista quindi l’influenza che la Russia esercita sull’Azerbaijan, la chiave della risoluzione del conflitto in Karabakh non è, in sé, in mani europee, ma russe. La Federazione Russa tuttavia non ha nessun interesse nella risoluzione del conflitto: il Cremlino sa perfettamente che la fine del conflitto potrebbe porre fine alla forte influenza esercitata dalla Russia in Azerbaijan e Armenia.
Il ruolo dell’Europa nella regione è a dir poco complesso. Fare affidamento sull’Europa per la creazione di un sistema democratico in Azerbaijan è una causa persa, almeno per il momento. Vista l’attuale leadership armena ed azera, la democrazia sembra essere un concetto utile per riempire le orecchie dei cittadini di retorica, ma non viene, di fatto, messa in pratica. E se l’Europa fa pressione sulle due leadership, viene completamente ignorata a favore della Russia.
Prospettive future
Vista l’amara realtà (che molti, tuttavia, si rifiutano di riconoscere) è difficile prevedere i futuri sviluppi del conflitto del Nagorno-Karabakh. La risoluzione del conflitto dipende dalla Russia; tuttavia, occorre tenere in considerazione l’ipotesi di un coinvolgimento europeo, e di una maggiore collaborazione tra Europa e Federazione Russa. Fino a che l’Europa non si deciderà a cooperare con la Russia per raggiungere un accordo comune, la situazione nel Caucaso Meridionale rimarrà poco chiara, e i conflitti resteranno irrisolti.
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