Disertori e morti senza nome: la Kabardino-Balkaria e la guerra in Ucraina
Nella Repubblica russa di Kabardino-Balkaria, una regione storicamente legata all’Ucraina, il conflitto avviato con l’invasione russa è stato accolto con grande disagio
(Articolo originariamente pubblicato su OC Media il 24 agosto 2022)
Quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina nelle prime ore del 24 febbraio, le forze armate russe si erano già ammassate ai confini da quasi un anno, stabilendo basi, spostando unità militari e conducendo esercitazioni. Le truppe erano state inviate da tutto il paese, con poche informazioni sullo scopo del loro dispiegamento.
Pochi giorni dopo, all’inizio di marzo, 500 soldati della Kabardino-Balkaria hanno lasciato le loro postazioni e sono rientrati nelle loro città d’origine, attraversando il confine russo-ucraino nei pressi di Belgorod.
Al loro ritorno, sono stati congedati dall’esercito nonostante fosse stato detto loro che non sarebbe accaduto e che il peggio sarebbe potuta essere una punizione disciplinare. Sono tornati da famigliari e amici che erano stati tenuti all’oscuro di tutto, era stato impedito di far circolare i resoconti dei media indipendenti o di conoscere i nomi dei morti.
In una regione con molteplici identità nazionali, che ha sofferto durante la conquista del Caucaso da parte dell’Impero russo e poi sotto l’oppressione dell’Unione Sovietica, le tensioni con il Cremlino ribollono sotto la superficie anche nei momenti migliori. Se a questo si aggiungono gli stretti legami storici con l’Ucraina, con un’ampia popolazione ucraina che ha vissuto nella regione nell’ultimo secolo e un radicato scambio culturale nello stesso periodo, la guerra non è e sarà mai una questione semplice.
Mentre il governo russo continua la sua campagna di disinformazione e il numero di feriti e di morti aumenta, non è chiaro dove le tensioni tra la popolazione della Kabardino-Balkaria e lo stato russo porteranno.
Ci era stato detto che "la gente del posto ci avrebbe accolto con i fiori"
Ali (non è il suo vero nome) non è sempre stato un autista privato. Solo pochi mesi fa era un membro della Guardia Nazionale, che dipende direttamente dal Presidente russo Vladimir Putin.
Ma quando è stato inviato in una "operazione militare speciale" in Ucraina, ha scoperto che invece di una missione ben organizzata per gestire le città che avevano “accolto” le forze russe, "c’era confusione dappertutto".
Ali descrive i feroci bombardamenti che il suo reggimento ha dovuto affrontare e la grave "mancanza di beni di prima necessità – cibo regolare, munizioni, ordini chiari".
Di fronte alla scelta tra perdere la vita al fronte e perdere il lavoro al ritorno, Ali ha scelto la seconda opzione come altri 500 soldati della Kabardino-Balkaria.
Il racconto di Ali rispecchia quello di altri. All’inizio di maggio, Kavkaz Realii ha intervistato alcuni soldati dell’Ossezia del Nord, i quali hanno spiegato che prima del dispiegamento non c’era alcuna indicazione del fatto che sarebbero stati mandati in "una guerra su ampia scala", ma era stato detto loro che a Kharkiv "la gente del posto ci avrebbe accolto con dei fiori, come in Crimea".
“Siamo stati inviati senza uniformi adeguate e senza armi adeguate".
“Ci è stato detto che avremmo scortato carichi, lavorato ai posti di blocco e mantenuto l’ordine, il coprifuoco", ha detto uno dei soldati tornati dall’Ucraina. “Non ci era stato detto che saremmo stati quasi sempre sotto il fuoco dell’artiglieria. L’umore, ovviamente, è cambiato e la maggior parte sta già tornando".
I media indipendenti hanno riferito che i soldati della Kabardino-Balkaria sono stati bombardati la mattina del 24 febbraio nella regione di Kharkiv.
“Ci stavamo dirigendo [verso Kharkiv] attraverso i campi, i villaggi, ed ecco il primo villaggio, i primi edifici residenziali, i negozi, la gente era in strada… e tutti sono finiti sotto il fuoco", ha raccontato un soldato, parlando con Mediazona.
La Guardia Nazionale si aspettava di arrivare dopo la conquista delle città, ma si è invece trovata coinvolta in un conflitto diretto fin dai primi giorni di guerra.
Quattro giorni dopo l’inizio della guerra, i soldati originari della Kabardino-Balkaria hanno attraversato il confine vicino tra Ucraina e Russia nei pressi di Belgorod e si sono accampati temporaneamente a Zorino, nella regione di Kursk. Hanno consegnato le armi, hanno noleggiato degli autobus per tornare a casa e sono tornati in Kabardino-Balkaria all’inizio di marzo.
Una sfida legale
La natura di questo ritorno è un punto controverso.
Tecnicamente, nessuno dei soldati può essere classificato come disertore e non può essere perseguito penalmente. Questo perché la Russia non ha riconosciuto ufficialmente di essere in guerra con l’Ucraina, sostenendo invece di condurre un’"operazione speciale".
Inoltre, i soldati affermano che è stata data loro la possibilità di scegliere se continuare a combattere o andarsene.
“Il motivo della mia partenza è stata la possibilità di scegliere data dal comandante del mio reggimento. Se il comandante avesse dato l’ordine di continuare a partecipare all’operazione speciale, avrei eseguito l’ordine", ha dichiarato un membro della Guardia Nazionale congedato, parlando con Kavkazskii Uzel.
I soldati descrivono di aver restituito le armi seguendo correttamente il protocollo e di aver ricevuto un’indennità di viaggio e assistenza nella ricerca di mezzi di trasporto.
Ma secondo Mediazona, prima di attraversare il confine, il tenente colonnello Zaur Ikaev ha detto ai soldati che "tutti coloro che attraverseranno il confine… saranno considerati criminali di guerra".
Dopo aver attraversato il confine, un generale della Guardia Nazionale ha annunciato che "è stata presa una decisione… ve lo ripeto: nessuno vi considera “refuseniks”, nessuno vi considera disertori".
Ma all’inizio di marzo sono stati congedati circa 500 soldati, tutti rientrati dall’area di Kharkiv.
Due mesi dopo il loro congedo, 115 ex membri della Guardia Nazionale hanno presentato un ricorso al tribunale militare di Nalchik, chiedendo che il loro congedo dal servizio militare fosse riconosciuto come illegittimo e di venir reintegrati nel loro ruolo. Il 25 maggio, il ricorso è stato respinto.
La Kabardino-Balkaria tenuta all’oscuro di tutto
Sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il governo russo ha strettamente controllato le informazioni disponibili sull’"operazione speciale", rendendo punibile la condivisione di informazioni sulla guerra considerate screditanti l’esercito russo.
Le notizie sulla morte di cittadini della Kabardino-Balkaria sono arrivate spesso in ritardo, a volte dopo due o più settimane.
Dal 2015, le informazioni sulle persone morte durante le "operazioni speciali" sono state classificate come segreto di stato. Le informazioni sui morti sono diventate ancora più inaccessibili dopo il 20 aprile 2022, quando il ministero della Difesa russo ha deciso di secretare i dati sui parenti dei militari morti in Ucraina.
Anche le pubblicazioni sui premi postumi assegnati ai soldati morti in Ucraina non riportano i nomi dei destinatari, impedendo così ai giornalisti di contattare i loro famigliari.
Nonostante i tentativi di limitare la diffusione delle informazioni e di reprimere le fonti indipendenti on-line, fin dai primi giorni dell’invasione gli utenti dei social media in Kabardino-Balkaria erano a conoscenza delle pesanti perdite subite dalla Guardia Nazionale.
Tuttavia, raramente hanno condiviso sui social media informazioni provenienti da fonti non ufficiali, temendo di essere puniti.
Dall’inizio dell’operazione speciale in Ucraina, sono stati confermati ufficialmente almeno 25 decessi di nativi della Kabardino-Balkaria.
"Non è la nostra operazione speciale”
I social media sono stati un fronte attivo nelle guerre di informazione che circondano l’invasione dell’Ucraina. Un video postato su Telegram ha suscitato polemiche per la presenza della bandiera circassa.
“Non riesco a capire cosa ci faccia la nostra bandiera nazionale, perché non è la nostra piccola nazione a condurre l’operazione speciale", ha dichiarato una residente di Nalchik, la capitale della Kabardino-Balkaria.
Parlando con OC Media, l’interlocutrice, una ex attrice, ha ricordato che durante l’Unione Sovietica, Nalchik e Vinnytsia (città dell’Ucraina centro-occidentale) erano città gemelle. Attori, scrittori e artisti si scambiavano spesso visite creative e ancora oggi a Nalchik esiste una via Vinnitskaya.
A Nalchik nell’appartamento in cui viveva lo scrittore ucraino Marko Vovchok c’è ancora una casa-museo dedicata a quest’ultimo, mentre nel parco cittadino vi erano in passato molte statue realizzate dallo scultore ucraino Leonid Molodozhanin (Leo Mol).
La residente di Nalchik ha sottolineato come una comunità ucraina abbia sempre vissuto in Kabardino-Balkaria. Alla fine del XVIII secolo, i cosacchi di Kuban, provenienti dalla regione di Zaporizhzhia, costituivano una comunità ucraina numerosa e ben integrata nella regione. Coloni della provincia di Poltava sono arrivati nella seconda metà del XIX secolo, seguiti da immigrati ucraini negli anni ’20-’40, in fuga dalla carestia dell’Holodomor e dall’avanzata delle truppe tedesche.
Anche in seguito all’invasione russa dell’Ucraina rifugiati ucraini hanno iniziato ad affluire in Kabardino-Balkaria. Almeno 400 persone provenienti da Donetsk e Luhansk hanno cercato sicurezza nella regione, con il governo locale che ha fornito alloggi in sanatori e promesso assistenza medica e istruzione.
L’attrice descrive la vivace storia di legami e scambi, ma conclude con rammarico che, con la guerra, "tutto questo è stato calpestato".
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