Dinno Kassalo, telecamera in natura
Dinno Kassalo è un documentarista bosniaco, autore di numerosi lavori sulla natura della Bosnia Erzegovina. Nel 2000 Dinno, sostenuto da un team di alpinisti, realizza “Expedition Rakitnica” il primo film mai girato all’interno del canyon della Rakitnica. Un’intervista
Dinno è seduto su una pietra e con tutta calma si rifocilla dopo l’ultimo passaggio nella Rakitnica. Sono le otto di sera e da poco siamo usciti dal canyon dopo una giornata particolarmente intensa: le piogge degli ultimi giorni hanno aumentato la portata della Rakitnica e le temperature piuttosto basse hanno reso il passaggio attraverso il canyon particolarmente difficile. Ma Dinno non si è scomposto, della Rakitnica lui è oramai un veterano, alla ricerca di continue fonti di ispirazione.
Dinno è Dinno Kassalo, regista e documentarista della televisione della Bosnia Erzegovina, originario di Konjic ed innamorato del Prenj, della Rakitnica e della Visočica. Dinno è l’autore di film e documentari sulla natura della Bosnia Erzegovina ed ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti all’estero.
Dinno ha iniziato la carriera nel lontano 1986 ma è venuto alla ribalta del grande pubblico nel 1993, quando iniziò a girare documentari televisivi durante la guerra. Dopo la guerra, inizia a dedicarsi alla natura della Bosnia Erzegovina ed in particolare a quella natura che circonda la sua città natale, Konjic, bagnata dalle acque color smeraldo della Neretva e dominata dai massicci del Prenj, della Bjelašnica e della Visočica. Ed è proprio tra questi due ultimi massicci che si nasconde la gemma preferita da Dinno, il canyon della Rakitnica.
Nel 2000 Dinno, sostenuto da un team di alpinisti, realizza “Expedition Rakitnica” il primo film mai girato all’interno della Rakitnica, film che sarà poi completato da un secondo film un paio di anni dopo “Smak Svijeta”, che completerà il percorso nella Rakitnica. In “Expedition Rakitnica”, Dinno, osservando il canyon della Rakitnica dall’alto, nota come il canyon in effetti assomigli al corpo di una farfalla, un’ala è formata dalla Visočica e l’altra è formata dalla Bjelašnica.
Dinno, eccoci qui, fuori dal canyon…. Cosa rappresenta la Rakitnica per te, come regista?
La Rakitnica è una fonte creativa. Per me è una sorta di sfida eterna, dato che sono quasi trent’anni che tratto il tema della Rakitnica. I miei film più belli li ho fatti proprio qui, nel tentativo di difendere e salvare questo canyon, allo scopo di farlo entrare in quel parco nazionale di cui si parla già dal 1957. Perciò, appena terminata la guerra, con i miei amici, dopo la prima spedizione del 1957, ho ripercorso di nuovo l’intero canyon e per la prima volta, abbiamo portato le telecamere e fatto un film. È da questo che è partito tutto.
Ci racconti qualcosa di te?
Sono nato il 25 aprile 1952, a Ostrožac, lungo la Neretva. La cittadina di Ostrožac è situata in una valle molto fertile. A quei tempi la frutta e la verdura che venivano lì prodotte sfamavano l’intera Bosnia Erzegovina. La città però fu sommersa a seguito della costruzione della prima centrale sulla Neretva, a Jablanica.
Si può quindi dire che fin dalla nascita, sono legato all’acqua, in modo per così dire organico e aggiungo che non sono in grado di comprendere e giustificare le attività dell’uomo che trattano l’acqua come energia. È l’uomo che deve utilizzare la propria energia nell’acqua!
In seguito, mi sono laureato in legge a Sarajevo. Mia moglie Donna, le mie figlie Lolla e Allma sono le mie fonti d’ispirazione nei film e nella fotografia. Adesso lavoro come produttore e redattore alla televisione della Bosnia Erzegovina. Mi sono specializzato in film a contenuto ecologico e in film di un genere non ben definito…per i quali ho ottenuto 26 premi in numerosi festival di film per la TV… Ohrid, Berlino, Sofia, Bar, Belgrado, Sarajevo, Parenzo.
Come scegli i tuoi temi?
Viviamo in periodi turbolenti, che sono una tremenda fonte di ispirazione: io non sono un documentarista tipico, dato che a me non interessano tanto le conseguenze, ma piuttosto le cause degli avvenimenti. Quando tratto un tema, lotto come un leone… ed è così che mi chiamano gli amici: leone.
Quando lavoro su qualcosa, soffro, mi tormento e preferisco il momento creativo piuttosto che il film già finito. Penso oramai che l’uomo abbia esaurito la sua missione nella Via Lattea e adesso non sia nient’altro che un virus nella galassia di cui l’universo si libererà. Perciò mi piacciono le storie di humour nero, e da qui nascono i titoli dei miei film. Tra questi “La fine del mondo”, “I conquistatori dell’inutile”, “Che si fa ora?”, “La massa grigia”, “La macchina del tempo”.
Tornando al canyon della Rakitnica. Dopo l’uscita del tuo documentario, nel 2000, che è avvenuto?
La Rakitnica è diventata famosa e ha richiamato altri appassionati della natura e persone che sono venute e han voluto vedere e passare attraverso il canyon. E da allora la Rakitnica è diventata una sorta di Mecca dell’adrenalina. Se uno si sente energico e forte, non può non cimentarsi con la sfida della Rakitnica.
Come andò allora?
A quel tempo, ci servirono dieci giorni per passare attraverso l’intero canyon. Fino ad allora, nessuno di noi lo aveva percorso nella sua interezza, ma solo in parte. Adesso, con Edin Durmo che anche allora era con noi, lo percorriamo in parte quasi ogni anno, ma la prima volta fu irripetibile. Quello che ho notato è che nessun ci viene una volta soltanto…. Tutti prima o poi vi fanno ritorno.
La Rakitnica è un fiume per il quale tu ti sei battuto e continui a batterti, cosa ci racconti delle tue battaglie ambientali?
A causa del mio impegno ecologico, che è ben fondato e senza peli sulla lingua, è da parecchio che oramai sono diventato una spina nel fianco della lobby politico-energetica, che già da cinque anni mi tormenta nei tribunali. Ma, la coscienza ecologica in Bosnia si sta risvegliano e ciò mi incoraggia e rallegra.
I fiumi puliti, di cui puoi bere l’acqua, i posti selvaggi, mai toccati da nessuno, le montagne, sono valori planetari che presento al mondo attraverso i miei film e spero che siano già riconosciute come patrimonio naturale globale, che il mondo civilizzato deve salvare.
Quando salgo in cima ad una montagna, sento le parole del vecchio, saggio capo indiano…. “la natura non appartiene all’uomo, ma l’uomo appartiene alla natura” e così ripeto il mio mantra… “l’uomo appartiene alla natura”.
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