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Dieci anni di Dayton e oltre

Aperta a Ginevra la conferenza "Dieci anni di Dayton e oltre". Politici, diplomatici, ricercatori e artisti a convegno per discutere sul futuro della Bosnia Erzegovina. Olli Rehn, commissario europeo all’allargamento, annuncia l’avvio entro l’anno dei negoziati per la firma di un Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l’Unione Europea. E’ iniziato il futuro? La prima giornata

20/10/2005, Andrea Oskari Rossini - Ginevra

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Medici e pazienti

Un paziente e un dottore si trovano nella stessa stanza, discutono la terapia. Jakob Finci, presidente della Associazione Bosnia Erzegovina 2005, racconta in questo modo ai giornalisti il senso della due giorni che si apre oggi a Ginevra. "La Bosnia Erzegovina è il paziente, ascolta e allo stesso tempo suggerisce soluzioni".

Wolfgang Petritsch, ex Alto Rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, membro del Comitato Direttivo dell’Associazione promotrice, esce dalla metafora: "Abbiamo invitato rappresentanti della politica europea e bosniaca, esponenti della società civile locale e internazionale, ricercatori, artisti, per discutere del futuro della Bosnia a dieci anni da Dayton".

La conferenza non poteva cadere in un momento più opportuno. I giorni scorsi sono stati cruciali per il percorso europeo dei paesi balcanici. Il tre ottobre Bruxelles ha aperto alla Croazia, qualche giorno dopo all’Unione Serbia Montenegro. Ora, come anticipato in mattinata dall’attuale Alto Rappresentante, Paddy Ashdown, e poi confermato in conferenza dal commissario europeo per l’allargamento, Olli Rehn, è il turno della Bosnia Erzegovina. La prima giornata del convegno di Ginevra sembra rendere infine esplicite idee e concetti che da mesi circolano negli ambienti della politica e della ricerca. Il tempo della Bosnia di Dayton si avvia a conclusione, inizia quello della Bosnia di Bruxelles.

Uno Stato senza responsabilità non potrà mai essere uno Stato responsabile

Questa mattina Wolfgang Petritsch, aprendo il convegno, era partito proprio da qui, dalla transizione "irreversibile" della Bosnia verso l’Europa dopo la conclusione positiva dei punti ancora aperti nel negoziato preliminare ad un Accordo di Stabilizzazione e Associazione (SAA), la questione della riforma della polizia e del sistema radiotelevisivo.

L’ex Alto Rappresentante, attuale ambasciatore presso le Nazioni Unite, sembra cogliere un consenso diffuso individuando nella "samoodgovornost", (possesso e responsabilità, ownership) il punto dolente: "Uno Stato senza responsabilità – ripete – non potrà mai essere uno Stato responsabile".

L’ospite Micheline Calmy-Rey, Ministro degli Affari Esteri della Svizzera, affonda il colpo. Dopo aver ricordato il ruolo svolto dal proprio Paese – nel quale vivono oltre 400.000 persone immigrate dalla regione balcanica – e le conseguenze nefaste dei conflitti degli anni ’90, la Ministra ribadisce che "Dayton ha avuto il merito fondamentale di porre termine alla guerra, ma quell’Accordo, e in particolare l’Annesso 4, cioè la Costituzione, non costituisce più un quadro adeguato per costruire un futuro prosperoso per la Bosnia Erzegovina".

Quest’autunno per i Balcani è primavera

Il Commissario europeo all’allargamento, Olli Rehn, spezza la tensione di inizio giornata plaudendo al discorso europeista della Ministra: "Lascio ai cittadini di questi Paesi decidere se sarà prima la Svizzera o la Bosnia Erzegovina ad entrare nell’Unione Europea…" Il diplomatico finlandese torna repentinamente serio, e arrivano le buone notizie: "10 anni dopo Dayton, la Bosnia è molto vicina ad iniziare i negoziati che porteranno ad un Accordo di Associazione e Stabilizzazione (SAA). Dopo l’accordo su riforma della polizia e del sistema radiotelevisivo, potremo iniziare i negoziati entro quest’anno".

"Dopo Croazia e Unione Serbia Montenegro, nei prossimi mesi speriamo di concludere i negoziati dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l’Albania, e in novembre ci saranno sviluppi decisivi anche per quanto riguarda la Macedonia. Quest’autunno tra i Balcani occidentali e l’Unione Europea è sbocciata la primavera".

Dopo le buone notizie, da Rehn arrivano però le note dolenti. Dopo aver passato in rassegna le decine di ministri, governi e presidenti che dirigono il Paese, specifica che: "Perchè la Bosnia Erzegovina possa continuare sul percorso europeo è necessario tuttavia un quadro costituzionale compatibile con l’Europa. L’attale quadro istituzionale bosniaco non è funzionale, come sottolineato sia dalla Commissione sui Balcani che dalla Commissione di Venezia. Non si tratta di dibattere la abolizione delle entità ma semplicemente di rendere lo Stato più funzionale … 10 anni dopo Dayton, la Bosnia Erzegovina deve muoversi dalla costruzione della pace alla costruzione dello Stato".

I problemi, secondo Rehn, non sono solamente interni. Ce n’è anche per la comunità internazionale: "Il ruolo dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante e in particolare i ‘Bonn powers’ di veto rispetto alle decisioni degli eletti locali sono problematici. La Commissione non può iniziare a negoziare un SAA in queste condizioni".

Importazioni insostenibili

Bozidar Matic, ex Primo Ministro bosniaco e presidente dell’Accademia delle Scienze, strappa il primo applauso della giornata dichiarando che parlerà nella sua lingua, non in inglese come quelli che l’hanno preceduto. L’accademico apre una finestra sulla difficile situazione economica del Paese, introducendo uno degli argomenti dei workshops pomeridiani. "La nostra bilancia dei pagamenti, avverte Matic, è in continuo deficit: oggi importiamo praticamente tutto, anche prodotti inutili che potrebbero essere coperti dalla produzione locale, mentre abbiamo un enorme potenziale inutilizzato nell’agricoltura e una situazione drammatica nel settore della formazione".

Carl Bildt, primo a ricoprire il ruolo di Alto Rappresentante in Bosnia, ricorda alla platea il percorso che ha portato alla firma degli accordi di Dayton. "10 anni fa, dopo un’estate di guerra peggiore delle nostre peggiori previsioni, proprio in questi giorni qui a Ginevra, al Palais des Nations, discutevamo la bozza degli accordi che sarebbero poi stati confermati a Dayton".

L’ambasciatore ricorda orgogliosamente il ruolo della politica, più che degli interventi armati, nel portare alla fine del conflitto bosniaco. Ma dopo il tuffo nel passato, le parole più importanti dell’ex negoziatore sono proprio sul testo firmato nell’Ohio: "Dayton era previsto come un ‘living document’, un testo che può evolvere e svilupparsi, secondo quanto decideranno i Bosniaci".

La exit strategy è l’Unione Europea

Sono proprio i Bosniaci a chiudere la prima sessione di lavoro. Adnan Terzic, Primo Ministro della Bosnia Erzegovina, dice senza mezzi termini che gli Accordi di Dayton hanno terminato la propria funzione. Poco più tardi, in conferenza stampa, esprimerà l’auspicio che il prossimo Alto Rappresentante "sia l’ultimo".

Terzic riassume la questione: "All’Unione Europea non ci sono alternative. Da anni parliamo della cosiddetta ‘exit strategy’ della comunità internazionale dalla Bosnia Erzegovina. La exit strategy è l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione (SAA) con l’Unione Europea, deve essere questo il nuovo contratto tra Bosnia e comunità internazionale. Quando avremo firmato il SAA non avremo più bisogno dell’Alto Rappresentante".

In serata Dino Abazovic, del Centro per i Diritti Umani dell’Università di Sarajevo, riporta in plenaria i risultati delle diverse conferenze tenute nel corso della giornata su economia, costruzione dello Stato, cultura, cambiamenti costituzionali, sicurezza e democrazia, educazione.

Prima di passare la parola ai diversi relatori, incaricati delle sintesi finali, presenta una sintesi propria, sulla base di quanto raccolto nei diversi workshops: "La vera Bosnia Erzegovina non è quella degli accordi di Dayton, è dall’altra parte".

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