Dardha, gioiello albanese
Dardha, piccolo villaggio montano dell’Albania meridionale e per lungo tempo in stato di abbandono, oggi sta assistendo ad una vera e propria rinascita. La ricchezza di storia e tradizione fanno di Dardha una delle attrazioni turistiche albanesi
Di Belina Budi, Shekulli, 30 maggio 2006 (tit. orig. Dardha, stacioni i fundit per vipat e politikes)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Marjola Rukaj
Uno scrittore originario di Dardha non ha esagerato definendo questo villaggio un gioiello molto prezioso, a quanto pare non solo perché quella è la sua terra natia dove è ritornato a vivere. Dopotutto non è l’unico ad essere innamorato di questo villaggio dal nome dolce (in albanese dardha significa pera, ndt.) che più che un villaggio è un bosco. Anche se d’inverno non rimangono che 40 abitanti e d’estate diventano anche 100, i dardhari raccontano che qualcosa sta cambiando, mentre il villaggio è stato raggiunto anche dai VIPs, dal segnale della telefonia cellulare, dall’acqua potabile e buona parte della strada è stata finalmente asfaltata, e non solo, è anche aumentato il prezzo dei terreni e delle case, ed è aumentato il numero di coloro che vogliono avere un proprio tetto in questo villaggio-bosco.
Molte delle case sembrano abbandonate, o trascurate ma i dardhari dicono che in molti stanno ritornando a ricostruirle. Nonostante adesso sia un piccolo villaggio in cui non rimangono più di 40 case, i libri di storia raccontano che una volta, a fine ‘800, Dardha era considerata come il villaggio maggiore della regione di Korça, con 1454 abitanti e con almeno 400 case. Solo a 20 km a sud-est di Korça, ad un’altitudine di 1334 metri sopra il livello del mare, da tempo il villaggio montano di Dardha fa parte della lunga lista di attrazioni turistiche dell’Albania, nonostante sia stato a lungo dimenticato.
Una domenica estiva, a Dardha si può trovare ancora la primavera e infatti in molti vi si recano proprio per ritrovare la stagione estinta. Buona parte dei visitatori che sono per lo più abitanti di Korça e dintorni si fermano più giù, in una prateria dove è stato creato un piccolo campeggio, mentre il resto, i visitatori che vengono da lontano, preferiscono andare anche più su, nel cuore del villaggio per goderselo interamente. Lì vi è una parte della strada non ancora asfaltata, dovrete affrontare qualche nube di polvere che si solleverà al vostro passaggio, ma basta alzare i finestrini delle auto per un breve tratto. Per strada si incrociano anche visitatori più originali che non scelgono né la prateria né il villaggio, ma lo spazio intermedio del bosco, per una maggiore intimità.
Difficile d’inverno, ma bellissimo d’estate, questo villaggio diventa facilmente raggiungibile soprattutto d’agosto quando si anima con la festa tradizionale di S. Maria. I festeggiamenti hanno luogo nella piazza che da tempo è stata battezzata "Sheshi I valleve" (Piazza dei balli) che pare aspetti per tutto l’anno il 15 agosto. La chiesa di Dardha, dedicata a San Giorgio, un’opera architettonica particolare, è potuta sopravvivere al comunismo, nonostante fosse stata adibita a deposito dell’esercito. Numerose sono le fonti d’acqua ghiacciata, tra cui "Uji i qelbur" è largamente considerata come acqua curativa dell’intestino e dei reni. Le case sono state costruite con pietre caratteristiche di questa regione, mentre la specialità culinaria è il lakror (una sorta di burek) a due sfoglie cotto al saç (sistema tradizionale a legna che consente la cottura bilaterale grazie a un coperchio metallico sovrapposto alla teglia).
C’è chi ama Dardha soprattutto d’inverno, gli appassionati di sci e neve, che non si è ancora sciolta del tutto sulla cima del monte Gramoz. Mentre si sta costruendo un nuovo albergo per gli ospiti, i dardhari dicono che sono circa 30 le abitazioni nuove o ricostruite che stanno puntando già al turismo familiare. Niko Balli è uno degli abitanti di Dardha che ha investito per la costruzione di un albergo alpino a cinque piani. Sembra che siano proprio i Dardhari a investire in questo villaggio.
Dal punto di vista storico Dardha non è un villaggio molto vecchio, è stato fondato dai fuggitivi, i ribelli perseguitati dai turchi, per lo più per non aver rinunciato alla propria religione. Il nome Dardha (pera) deriva da una leggenda, secondo cui gli insorti stazionarono in un pascolo attorno a un pero che indicavano come il pascolo sotto il pero. Ma la prima testimonianza di questo villaggio si trova nell’enciclopedia greca Pirsos "A Dardha, villaggio albanese, venne aperta una scuola di lingua greca nel 1768".
All’inizio del XX secolo, Dardha contava 400 case. I dardhari erano noti come ottimi taglialegna, pare che questo sia stato il mestiere più diffuso. "A carovane di 20 o 30 persone con muli, armati, partivano inizialmente verso i boschi della Grecia, quando si stava ancora sotto il giogo turco. Dal 1800 fino al 1935 sull’Olimpo lavoravano ancora le seghe dei dardhari, con la migliore tecnica del tempo, ad acqua, tanto che è rimasta anche l’espressione, tagliare bene come la scure del Dardharo" – scrive del suo villaggio lo scrittore Teodor Laço.
Dardha – come Laço afferma – si vanta delle proprie origini, di tutto, a partire dal dialetto, e poi i costumi tradizionali, le canzoni e i balli. Lo studio architettonico del villaggio testimonia la presenza di uno stile europeo particolare che si nota in molti altri villaggi dell’Albania meridionale. La vista che formavano gli edifici, l’urbanistica del villaggio, le costruzioni solide, di pietra incisa, le viuzze di kalldrem, i numerosi ruscelli, le botteghe di vari artigiani, i negozi, davano al villaggio le sembianze di una piccola città fiorente, nonostante la popolazione si fosse ridotta a sfiorare appena i 1000 abitanti a causa dell’emigrazione di massa.
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