Da Parigi a Kyiv, i carri armati della discordia
La decisione di Parigi di inviare "carri armati leggeri" AMX 10 in Ucraina non cambierà certo le sorti della guerra, tuttavia ha creato un precedente e influenzato la posizione di altri stati riguardo all’invio di carri armati pesanti all’esercito ucraino
Il 4 gennaio, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato la propria decisione di spedire dei “carri armati leggeri” AMX 10 RC all’esercito ucraino. L’AMX 10 RC, qualificato come “carro armato leggero” dal presidente Macron, non è esattamente ciò a cui si pensa quando si parla di carri armati. È un veicolo montato su ruote – e non su cingoli – ed è dotato di una corazza leggera che protegge i suoi occupanti solo contro armi leggere e frammenti di proiettili. È tuttavia molto mobile ed è armato di un canone di grande calibro (105 mm), capace di danneggiare o distruggere carri armati pesanti. L’AMX 10 non è stato concepito come un’arma d’assalto ma come un veicolo da ricognizione in grado – nel caso – di contrattaccare.
In servizio nell’esercito francese dal 1977, è attualmente in fase di sostituzione con veicoli più moderni. La Francia ne disporrebbe ancora di circa 250, ma il numero di carri destinati all’Ucraina non è stato divulgato. L’AMX 10, riammodernato, non potrà che rafforzare le capacità dell’esercito ucraino, ma con ogni probabilità non cambierà il corso della guerra sul terreno. Diversa è la situazione sul fronte diplomatico, dove la decisione di Parigi sembra invece aver aperto una breccia.
L’AMX 10, un precedente nella consegna di carri armati all’Ucraina
Dall’inizio del conflitto fra Russia e Ucraina, nel 2014, l’AMX 10 è il primo carro armato occidentale consegnato all’Ucraina. I dirigenti e militari del paese chiedono da mesi l’invio di questo tipo di materiale, più moderno di quello in dotazione all’esercito ucraino, ma sino ai primi di gennaio senza successo. In seguito all’annuncio della decisione francese, parecchi governi europei si sono dichiarati favorevoli all’invio di carri armati pesanti, più moderni dell’AMX 10, all’esercito ucraino o hanno avviato una riflessione su questo tema.
L’11 gennaio, il presidente polacco Andrzej Duda si è dichiarato pronto a cedere dei carri Leopard 2, di manifattura tedesca, in dotazione all’esercito del suo paese. L’indomani, è stato il presidente finlandese Sauli Niinistö a menzionare la possibilità di mandare carri armati dello stesso modello a Kyiv. Poi, il 13 gennaio, in modo ancora più concreto, il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, ha comunicato la propria decisione di spedire dei carri armati britannici Challenger 2 in Ucraina. Il 18 gennaio, il ministro francese della Difesa, Sebastien Lecornu, ha annunciato la richiesta del presidente francese di valutare la possibilità di mandare dei carri armati pesanti francesi Leclerc. Il 25 gennaio infine, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha deciso di fornire dei Leopard 2 a Kyiv, una decisione seguita lo stesso giorno dall’annuncio del governo Biden di spedire dei carri armati Abrams all’Ucraina. Da allora, diversi paesi, come la Danimarca, la Norvegia, la Spagna, la Svezia o ancora il Marocco hanno annunciato la propria intenzione di spedire carri armati pesanti all’Ucraina.
La presa di posizione della Germania e quella di Washington seguono settimane di intense trattative. In Europa, le tensioni sono state particolarmente vive fra i paesi utilizzatori del carro tedesco e Berlino. Infatti la Germania, come generalmente gli stati produttori di armi, mantiene il diritto di opporsi al trasferimento di materiale militare venduto dalla propria industria verso uno stato o attore terzo. Lo stabiliscono normative nazionali ma anche internazionali, come ad esempio il Trattato sul commercio delle armi, sottoscritto dalla maggior parte degli stati europei.
Per poter cedere dei carri armati tedeschi all’Ucraina, la Polonia, così come la Finlandia o gli altri utilizzatori del Leopard 2 dovevano quindi ottenere il via libera della Germania; e sino a gennaio, il governo Scholz si era opposto all’ipotesi. A seguito della dichiarazione di Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco aveva inoltre dichiarato che l’invio in Ucraina di carri armati americani avrebbe costituito la condizione sine qua non affinché Berlino facesse lo stesso. Aveva quindi spostato la responsabilità della decisione su Washington, che non ha dato seguito alle richieste di Kyiv fino alla fine di gennaio.
Berlino e Washington sotto pressione
La Germania, per quanto prima economia europea e nonostante la propria solida industria militare, rimane reticente nell’assumere un proprio ruolo di potenza. Ed è qui che la mossa di Parigi assume significato. Risulta essere infatti un’operazione volta ad incitare gli stati europei desiderosi di mandare dei Leopard 2 all’Ucraina a esercitare maggiore pressione su Berlino – e quindi su Washington. Inoltre, ha contribuito a porre la questione dell’invio di carri armati all’Ucraina al centro delle discussioni dell’Ukraine Defense Contact Group durante il suo incontro del 20 gennaio scorso a Ramstein, in Germania.
In Europa, gli utilizzatori del carro tedesco sono numerosi. Abbiamo già menzionato la Polonia e la Finlandia, ma di questo carro dispongono anche gli eserciti dell’Austria, della Danimarca, della Grecia, della Norvegia, dei Paesi Bassi, del Portogallo, della Spagna, della Svezia, dell’Ungheria, della Svizzera e della Turchia. In totale, vi sarebbero circa 2000 Leopard 2 ripartiti fra gli eserciti di questi paesi. A parte l’Austria, la Svizzera, la Turchia e l’Ungheria, questi stati hanno già tutti regalato armi offensive all’Ucraina, dal febbraio 2022 se non da prima. Oltre alla Polonia e alla Finlandia, altri paesi potrebbero quindi fornire dei Leopard 2. La dichiarazione di Emmanuel Macron ha inoltre preceduto rilevanti doni di materiale militare da parte di diversi paesi occidentali, Germania compresa, che ad esempio subito dopo l’annuncio francese, ha promesso di spedire una quarantina di veicoli corazzati Marder all’Ucraina.
La Francia a corto di carri armati, la Germania ne produce ancora
Dopo la Brexit nel 2020, la Francia rimane l’ultima potenza nucleare dell’Unione Europea. È di nuovo membro del comando militare integrato della Nato dal 2009 e beneficia di una sede permanente al consiglio di sicurezza dell’ONU. Inoltre, è uno dei paesi dell’UE che investono di più nella propria difesa, con un bilancio militare di 59,3 miliardi di dollari nel 2021, contro i 56,1 miliardi per la Germania e 33,7 miliardi per l’Italia, le tre prime economie dell’UE. Riguardo all’invio di carri armati pesanti all’Ucraina tuttavia, la Francia non sarebbe per ora in grado di giocare un ruolo di primo piano. In effetti, una parte importante del bilancio di difesa francese serve ad assicurare le proprie capacità nucleari, e non a mantenere un esercito convenzionale. Per di più, come numerosi paesi dell’Europa occidentale, la Francia ha ridotto le proprie spese militari dalla fine della guerra fredda.
Fra altre conseguenze, questi tagli al bilancio si sono tradotti anche in una notevole riduzione negli ordini di carri armati. Così, nell’ambito di un piano di modernizzazione avviato negli anni ’80, l’esercito francese doveva inizialmente ricevere 1400 carri armati Leclerc, allora in fase di sviluppo. Con il crollo del blocco orientale, la cifra fu però rivista al ribasso e ne furono infine consegnati solo 406. Inoltre, a causa della mancanza di ordinazioni in Francia così come dall’estero, il carro francese non è più in produzione da più di dieci anni. Ciò implica che una parte dei veicoli consegnati serve come scorta di pezzi di ricambio per mantenere quelli ancora in servizio. In conseguenza, mentre la guerra ha fatto il suo ritorno sul continente europeo, l’esercito francese non dispone che di un numero assai ridotto di carri – 226 ad oggi, secondo il ministero della Difesa francese. In questo la Francia si trova in una situazione simile a quella del Regno Unito e dell’Italia, che in passato producevano i propri carri armati. In questo campo, il sostegno di Parigi e Londra non potrebbe quindi che rimanere limitato, mentre l’invio di carri armati non sembra all’ordine del giorno a Roma. La Germania da parte sua, con l’ormai famoso Leopard 2, rimane l’ultimo costruttore di carri armati del vecchio continente, Russia e Turchia escluse. In pratica, l’industria militare tedesca sarebbe quindi l’unica in Europa in grado di compensare possibili donazioni di carri armati all’Ucraina o di soddisfare un ordine ucraino.
Politica estera e difesa: la lunga strada verso l’autonomia europea
Dal febbraio 2022, gli eserciti russo e ucraino hanno subito perdite umane e di materiali spaventose. Secondo il sito francese specializzato Meta-Défense, l’industria militare russa sarebbe però riuscita a riorganizzare le proprie catene di approvvigionamento, limitando così l’impatto delle sanzioni occidentali che avevano gravemente perturbato le proprie capacità produttive nel corso dei primi mesi della guerra. Così, l’azienda Uralvagonzavod, che produce tra l’altro il carro armato più moderno in dotazione all’esercito russo, il T-90M, sarebbe ormai capace di produrre fra quaranta e cinquanta carri armati al mese – una produzione moltiplicata per quattro rispetto a quella precedente all’offensiva del febbraio 2022. Inoltre, secondo Kyiv, il Cremlino starebbe preparando una nuova ondata di mobilizzazione e l’esercito russo, con la presa di Soledar in gennaio, sembra aver ripreso vantaggio dopo parecchi mesi di ritirata. Con ogni probabilità, la questione dell’invio di carri armati moderni all’Ucraina rimarrà quindi al centro dell’attenzione degli alleati di Kyiv nei prossimi mesi.
Più di venti anni dopo la fine delle guerre jugoslave e nonostante i progressi compiuti, l’affare dei carri armati illustra una volta ancora la difficoltà degli stati membri UE a coordinarsi sulle questioni di politica estera e di difesa, la loro dipendenza agli Stati Uniti così come la debolezza persistente delle competenze dell’UE in questi campi. Molto verosimilmente, la Francia, che da anni milita a favore del rafforzamento dell’autonomia europea rispetto agli Stati Uniti, compreso sul piano dell’industria militare, non mancherà di trarre profitto da questo episodio per rafforzare la propria posizione presso gli alleati europei. L’episodio contribuirà inoltre a evidenziare il ruolo crescente della Polonia nelle questioni di difesa europee. Dall’inizio del conflitto, il paese è uno fra i principali sostenitori dell’Ucraina, in materia di sostegno militare e altro. È inoltre uno degli stati membri fra i più atlantisti, che compra solo raramente armamenti europei, a detrimento dell’industria e dunque dell’autonomia politica europea.
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