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Da Mostar a Mostar

Una città simbolo, divisa dalla pulizia etnica, la cui riunificazione è una delle priorità dell’Alto Rappresentante Ashdown. La proposta internazionale, però, che mantiene 6 distinti collegi elettorali, non piace ai Croati, che convocano un referendum.

19/01/2004, Dario Terzić - Mostar

Il caso che non finisce mai. Quello di Mostar. La storia continua. La guerra in Bosnia è finita da anni, ma il caso di questa città divisa si riapre. Entro la fine dell’anno dovrà essere deciso per l’ennesima volta il suo futuro. Sarà unita? Sarà una Mostar divisa tra Croati e Musulmani con una minoranza serba o avrà un municipio unico al posto dei sei attuali?

Per comprendere la situazione attuale, occorre tornare un po’ indietro nel tempo. Agli ultimi undici anni che, per il capoluogo erzegovese, sono stati terribili. Nel periodo di Tito, Mostar era una delle città simbolo della ex Jugoslavia. Mostar la rossa, la città dei partigiani. Secondo l’ultimo censimento, quello del 1990, a Mostar i Musulmani erano il 34%, i Croati il 33%, i Serbi il 18% e quelli che si dichiaravano Jugoslavi il 12%. Quanto a percentuale di matrimoni misti, nella ex Jugoslavia Mostar veniva subito dopo Vukovar.

Poi arriva il disastro. Nell’aprile del ’92 Musulmani e Croati sono alleati contro i Serbi che, sconfitti, lasciano Mostar. Rimangono a vivere insieme i Musulmani e i Croati, ma l’amore dura poco. Nel maggio del ’93 inizia un nuovo conflitto. I Croati, molto meglio preparati e aiutati dalla Croazia di Tudjman, cercano di far diventare Mostar una città etnicamente pura, croata. Migliaia di Musulmani sono portati in campi di concentramento, migliaia espulsi da casa loro finiscono in Scandinavia. Dove vivono ancora oggi.

Con la guerra del ’93, la composizione della popolazione della città cambia notevolmente. Arrivano nuovi Musulmani della campagna erzegovese, e ancora più Croati dalla Bosnia centrale. Con gli accordi di Washington del 19 marzo 1994, la guerra mostarese finisce. In città arriva l’amministrazione europea. Nel novembre del ’95 accade un altro avvenimento importante per Mostar: gli accordi di Dayton. Come Washington, anche Dayton decide per Mostar un destino diverso delle altre città bosniache. Mentre le città "normali" verranno gestite dalle autorità locali, Mostar sarà guidata dalla comunità internazionale. Il principio è quello che riguarda la Bosnia in generale, con l’Ufficio dell’Alto Rappresentante e la tutela diretta.

La comunità internazionale doveva assicurare il ritorno di una vita normale nella città divisa. Fin dall’inizio, però, tutto va nella direzione della divisione. Per garantire alla parte musulmana la sicurezza, nel sistema comunale tutto viene fatto doppio, dal sistema di distribuzione dell’elettricità alla posta. Durante la guerra, ricordiamo, la parte musulmana era rimasta senza tutto perchè tutte le sorgenti di acqua e di energia erano rimaste nella zona croata. Uno degli obiettivi principali era il ritorno. Ma, col passare del tempo, la situazione non cambiava di molto. Dopo tanti anni, i Musulmani sono riusciti a riavere in loro possesso le case e gli appartamenti rimasti lì, "dai Croati", ma la maggior parte di loro nel frattempo si era già sistemata in Norvegia, Svezia… o si era abituata a vivere dall’altra parte del fiume, quella esclusivamente musulmana. Così le case venivano scambiate oppure vendute, mentre solo una minima parte decideva di tornare dove era prima della guerra.

Mentre però i Musulmani rimangono all’estero e solo pochi Serbi, soprattutto quelli anziani, decidono di tornare a Mostar, i Croati aumentano. Attualmente, a prescindere da una minoranza serba, i croati rappresentano quasi il 60 percento e i Musulmani meno del 40%.

Politicamente, la situazione si è in un certo senso modificata in questi ultimi anni. All’inizio, cioe` nel ’93, i Croati volevano una città tutta per sé. Poi, quando hanno capito che Mostar est non riuscivano a conquistarla, si sono soddisfatti della parte ovest. E rimangono lì, a costruire una città tutta per loro. Siccome Sarajevo era pensata e considerata come la capitale musulmana, e Banja Luka quella serba, così Mostar doveva essere la capitale bosniaco-croata. In questa città, cioe` nella parte occidentale, sono situate tutte le istituzioni croate: l’Università, la sede del partito HDZ Unione Democratica Croata, ndr, le squadre sportive, i circoli esclusivamente croati, le organizzazioni culturali e così via…

Durante tutto il processo della riconciliazione di Mostar sono stati quasi sempre i Croati a rappresentare l’inciampo per la comunità internazionale. Ricordiamo quanto ha sofferto il primo amministratore, il tedesco Hans Koshnik, più volte attaccato e aggredito dai Croati. Alla fine un certo numero degli organizzatori degli attacchi, che erano gli stessi organizzatori della pulizia etnica, sono finiti all’Aja. Nel frattempo all’interno dell’HDZ, il partito nazionalista croato, arrivano nuove forze, politici che durante la guerra non erano in primo piano e non portavano quel peso di responsabilità, ma che sono riusciti a portare avanti la stessa politica tipicamente nazionalista per l’HDZ.

Questa volta arrivano con una politica un po’ più elegante, diciamolo, furba. Così, pochi mesi fa, dallo stesso HDZ arriva una proposta per la riorganizzazione della città. Negli ultimi dieci anni, ricordiamo, Mostar era composta da sei municipi, tre a maggioranza croata (nella parte ovest della città), e altri tre a maggioranza musulmana (parte est). In questo strano modo, la divisione della città era confermata. In pratica, sono sempre due città divise. Per non dimenticare c’è il cosiddetto distretto, la zona centrale, dove sono situate tutte le organizzazioni internazionali e quelle della amministrazione di Mostar unita, ma questo distretto non ha nessun potere, non è un municipio. I Croati, ora, chiedono un municipio unico. Hanno capito di essere diventati la maggioranza, e quindi al potere ci saranno loro. Ma subito reagisce il partito musulmano SDA Partito dell’Azione Democratica, ndr, che si oppone e vuole lo status quo, quindi sei municipi. Sembra strano, perchè negli otto anni scorsi sono stati sempre i partiti musulmani a parlare di una città unita, e questa volta è diverso. Allo stesso tempo, però, un altro partito musulmano, lo Stranka za BiH Partito per la Bosnia Erzegovina, ndr fondato da Haris Silajdzic, si mette contro l’SDA e tifa per una città unita. Adesso, proprio, a Mostar non si capisce più niente. Si capisce che è tutto un gioco politico, ma è difficile spiegare perché alcune mosse vengano fatte.

Per calmare la situazione, nella città finalmente appare Sua Maestà l’Alto Rappresentante, sir Paddy Ashdown. Decide di formare una commissione speciale per il nuovo Statuto della città. La commissione è composta dai rappresentanti dei vari partiti politici presenti nella vita mostarina e guidata dall’ambasciatore Norbert Winterstein. Per mesi la commissione ha lavorato sul nuovo statuto, e pochi giorni fa ha presentato la proposta. Mostar sarà una città unita, non sarà composta da sei municipi ma da sei unità elettorali. Così cambia. Con questo sistema di voto nessuna nazione in città potrà avere una maggioranza dominante. Ogni unità elettorale avrà lo stesso numero di seggi nel Consiglio della città. Le elezioni comunali sono previste per il prossimo ottobre, e il nuovo statuto dovrebbe assicurare una situazione più stabile. Questa proposta piace ai Musulmani, però non ai Croati. Secondo loro, questo non è un atto democratico. E poi domande, perchè Mostar non deve essere organizzata come le altre città bosniache, cioè come Sarajevo (a maggioranza musulmana) oppure Banja Luka (a maggioranza serba)? Ashdown risponde che Mostar è stata "consegnata alla comunità internazionale". "Non è una novità questo sistema – spiega l’Alto Rappresentante – anche nelle istituzioni europee un Lussemburgo con 400.000 abitanti ha un voto, come la Germania con 82 milioni di abitanti."

La nuova situazione demografica della città è il risultato della pulizia etnica. Quindi, un sistema elettorale normale significherebbe lavorare a favore della stessa. Adesso attaccano i Croati, cioè il partito HDZ, che non ci sta con la proposta Winterstein e lancia l’appello per un referendum. La domanda del referendum sarà: "Siete per Mostar organizzata come un municipio e una unità elettorale, e per lo stesso meccanismo di elezione dei consiglieri così come nelle altre città della Bosnia ed Erzegovina?" Una domanda di per sè suggestiva, ma…

Per questo motivo, negli ultimi giorni Paddy Ashdown è tornato spesso a Mostar, per lanciare un messaggio: "La situazione attuale della città è peggiore di quanto sia tollerabile. Mostar è una ferita grave che sta rovinando la vita di tutti i suoi cittadini. Mostar divisa non è accettabile né per i cittadini, né per la comunità internazionale, né per qualunque politico della città. Basta con il sistema parallelo, dobbiamo avere una amministrazione unica."

Così disse Paddy. Adesso, è tutto da vedere. Intanto, è il futuro dei sei municipi a non essere più sicuro. Lì ci sono tanti impiegati, ma tutto questo finora poteva essere pagato solo grazie alla comunità internazionale. Se Sir Paddy chiude la fonte (i soldini), sarà molto più difficile andare avanti. E poi, sta per arrivare il referendum croato…

Vedi anche:

– Un ponte senza sponde

– Mostar e il suo ponte: demolizioni e ricostruzioni

– Ricostruire il ponte di Mostar seguendone lo stato dello spirito

– Mostar: rinasce la bianca mezzaluna di pietra?

 

ERRATA CORRIGE: per un errore di trascrizione nel primo paragrafo dell’articolo invece di "Entro la fine dell’anno dovrà essere deciso per l’ennesima volta il suo futuro" leggi "Entro la fine del mese dovrà essere deciso per l’ennesima volta il suo futuro". Il referendum è stato infatti convocato per il 25 gennaio e anche l’Alto Rappresentante Ashdown ha dichiarato che dopo quella data la situazione sarà più chiara 20.01.04, ndr.

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