Crocevia Mar Nero
Gasdotti, oleodotti, traffico commerciale, rischi ambientali. Il Mar Nero è tornato nell’ultimo decennio ad essere crocevia di rotte ed interessi geostrategici, spesso confliggenti. A Roma se ne è discusso in un seminario
La centralità della regione del Mar Nero è dimostrata dalle molte strategie geopolitiche che lo hanno come fulcro, a cui corrispondono rotte, presenti o future, di gasdotti ed oleodotti. Da sempre al centro di equilibri geopolitici e di piccole lotte territoriali per il controllo anche di isolotti apparentemente senza importanza (come quello dei Serpenti, conteso da Bucarest e Kiev), il Mar Nero è tornato da oltre un decennio al centro degli interessi del mondo occidentale. Sia come ponte tra il blocco euro-atlantico da una parte e la Russia e il Medio Oriente dall’altro, sia per gli interessi economico-energetici che lo vedono coinvolto.
Una realtà più complessa di quanto possa apparire a prima vista, che è stata affrontata nel corso del seminario “La regione del Mar Nero: realtà geopolitiche e opportunità di cooperazione”, organizzato recentemente dall’ambasciata della Romania in Italia e dall’Istituto Affari Internazionali (Iai).
Interessi diversificati
“E’ difficile pensare a un luogo più importante e con interessi più diversificati del Mar Nero – ha spiegato Stefano Silvestri, presidente dell’Iai – in particolare, quello che sta avvenendo in Medio Oriente ne sottolinea ancora di più la centralità sia dal punto di vista energetico che strettamente politico”.
In questo quadro si inserisce l’Organizzazione per la Cooperazione Economica del Mar Nero (Bsec) che riunisce gli Stati del bacino del Mar Nero, del Mar Egeo e del Mar Caspio, legati a doppio filo da vicende storiche ma oggi ancor di più dalla possibilità di diventare vero e proprio hub energetico.
E proprio la Bsec, secondo l’ambasciatore romeno in Italia Răzvan Rusu, può essere la piattaforma dove “affrontare le sfide crescenti che vanno dalla stabilità geopolitica alla cooperazione”. Detto in altri termini, luogo di dialogo tra interessi che ad oggi risultano spesso confliggenti.
La Romania, che fino al 30 giugno detiene il semestre di presidenza, “sta ora cercando di proporre un denominatore comune che aiuti il dialogo, identificandolo in un quadro legale unico per la lotta alla corruzione”.
Piattaforma energetica o democratica?
E sulla sicurezza dell’area ha posto un’interessante sottolineatura l’ambasciatore Mihnea Constantinescu, rappresentante del ministero degli Esteri romeno per l’energia: “Gli eventi politici che si stanno susseguendo nell’Africa del Nord non ci devono far distogliere l’attenzione dalla regione del Mar Nero per tre ragioni: prima di tutto perché l’area può diventare la piattaforma per fornire al Mediterraneo del Sud e al Medio Oriente i cardini per uno sviluppo sostenibile e democratico; in secondo luogo perché i trend di crescita economica dei Paesi che si affacciano su questo bacino possono raggiungere la maturità in breve tempo e infine perché l’Ue e la comunità euro-atlantica non possono abbandonare quest’area, punto di snodo tra Est e Ovest”.
L’ambasciatore Constantinesu sottolinea inoltre che “i problemi legati all’energia nucleare hanno rafforzato la necessità di nuove rotte per gas e greggio. Per questo non possiamo accettare che le strategie europee sull’energia si limitino ai confini dell’Ue in particolare nel Mar Nero”. Per raggiungere la sicurezza energetica, quindi, bisogna a suo avviso “modernizzare le infrastrutture per garantire interconnessioni sostenibili tra Paesi che hanno livelli diversi di sviluppo, i trasporti, le autostrade del mare, migliorare le flotte militari e estendere la strategia dedicata al Danubio a tutti gli stati rivieraschi per consentire l’accesso al mercato Ue”.
Gas vs. petrolio
Indicazioni fondamentali se si passano in rassegna i progetti energetici – realizzati, in programma o già naufragati – che negli ultimi anni hanno fatto del Mar Nero il collegamento tra i produttori, le repubbliche ex sovietiche, e i consumatori europei, passando per Georgia e Turchia e per i territori, anche sottomarini, di Romania e Bulgaria. Per fare solo alcuni esempi: il South Stream (Eni-Gazprom) e il Nabucco, per molti in contrapposizione; il Bourgas-Alexandropolis; il Blue Stream e il Baku-Tbilisi-Ceyhan.
“Il gas sarà il più importante combustibile dei prossimi 50 anni, è economico, pulito e non soffre dall’andamento del mercato – ha sottolineato a tal proposito Federico Riggio, responsabile delle Relazioni internazionali di Eni – avremo bisogno di più gas in futuro e ci sarà una battaglia per le infrastrutture e per la diversificazione delle fonti. In tal senso esistono due aree centrali: il Caspio e il Bosforo. Da questo stretto transitano 84 navi all’ora, 3 milioni di barili di greggio al giorno. Se non diversifichiamo il rischio è un disastro economico e politico e quindi il Mar Nero è cruciale: Eni avrà un ruolo nella regione come anche nelle zone di produzione, per esempio in Kazakistan”.
Sulla congestione del Bosforo e sulla necessità di trovare soluzioni alternative si è espresso senza mezzi termini l’ambasciatore turco in Italia Hakki Akil: “La mole di materie prime che transitano attraverso il Bosforo è insostenibile e per evitare incidenti, che potrebbero causare un disastro anche ambientale, abbiamo cercato di limitare il numero delle navi, avviando un dialogo con le stesse compagnie petrolifere. Una soluzione potrebbe essere l’oleodotto Costanza-Trieste, o ancora il Burgas-Alexandropolis. Ma se le compagnie petrolifere non accettano queste due opzioni, non ci si può aspettare che noi turchi accettiamo il rischio per le nostre coste e il nostro ambiente”.
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