Croazia, una discussa legge sulla cittadinanza
Il governo di Zagabria è deciso ad ammorbidire i requisiti per ottenere la cittadinanza croata, nell’ottica di intercettare la diaspora. C’è chi però si sente discriminato: il caso di Milan Škorić e i 5mila senza nazionalità
Al ritorno dalle vacanze, il parlamento croato dovrà esprimersi sulla riforma della legge di cittadinanza. Il dibattito è iniziato mesi fa, ma senza che si arrivasse ad una conclusione, rimandata a dopo l’estate. L’obiettivo del governo è quello di rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza croata da parte dei membri della diaspora. Ma per i figli dei cittadini croati residenti negli altri paesi dell’ex Jugoslavia, l’accesso al passaporto blu rilasciato da Zagabria sembra essere un’impresa più ardua. E c’è chi denuncia "una legge discriminatoria su base etnica".
Dei croati più croati degli altri?
"Da un lato ci sono i figli dei cittadini croati che risiedono in Serbia, in Bosnia Erzegovina o in Macedonia. Dall’altro, ci sono dei croati di quinta generazione che vivono in Sud America e che a mala pena sanno trovare la Croazia sul mappamondo. Se si vuole agevolare l’accesso alla cittadinanza per questi ultimi, lo si deve fare anche per i primi". Il deputato Boris Milošević, eletto a Zagabria tra le fila del Partito Democratico Indipendente Serbo (SDSS), promette battaglia, in autunno, sulla legge di cittadinanza.
Tra poche settimane, il Sabor, il parlamento di Zagabria, dovrà tirare le somme di una riforma di cui si parla ormai da diversi mesi. A fine 2018, l’esecutivo di Andrej Plenković ha presentato i propri emendamenti alla normativa che disciplina la cittadinanza croata, allargandone le maglie. Non servirà più parlare croato, capire l’alfabeto latino o passare un esame di cultura e civiltà croata. L’età massima per richiedere la cittadinanza (quando si è figli di cittadini croati) salirà da 18 a 21 anni, mentre non ci saranno più limiti generazionali per i discendenti degli emigrati.
Lo scopo degli emendamenti governativi è quello di far fronte al declino demografico della Croazia attirando dei potenziali nuovi croati dall’estero (e possibilmente i loro capitali). Ma la nuova legge – dicono i più critici – è anche portatrice di un messaggio politico discriminatorio. "È un testo favorevole alla diaspora ma non a quei serbi che avrebbero diritto alla cittadinanza croata", denuncia Boris Milošević, che spiega "ci sono moltissime persone che sono nate tra il 1977 e il 1991 da genitori croati ma in un altro stato dell’ex Jugoslavia e che oggi si vedono negare la cittadinanza croata".
La storia di Milan Škorić
È il caso di Milan Škorić, figlio di due persone con cittadinanza croata ma nato a Belgrado nel 1983. Alla sua nascita, per un errore amministrativo, Milan Škorić è stato registrato all’anagrafe come cittadino serbo, malgrado la legge jugoslava prevedesse all’epoca che la cittadinanza dei genitori dovesse essere trasferita ai figli anche se nati altrove all’interno dello spazio federale. "Allora, ciò che contava era l’appartenenza alla Jugoslavia, mentre non c’erano differenze nell’accesso ai diritti per i cittadini delle diverse repubbliche", spiega Aleksandar Maršavelski, l’avvocato che oggi rappresenta Škorić nella sua battaglia legale contro la Croazia.
"La sorella di Milan fu registrata come cittadina croata, a lui invece toccò la cittadinanza serba. Dopo il 1991, quell’errore di un funzionario dell’anagrafe belgradese ha spaccato la famiglia e avuto gravi conseguenze", prosegue Maršavelski. Affetto da disabilità fisica e mentale, Milan Škorić è infatti rimasto bloccato in Serbia e quando va in Croazia lo può fare per un massimo di tre mesi. Questa situazione è diventata particolarmente insostenibile con l’aggravarsi delle condizioni del nonno paterno, morto nel 2018 in una casa di cura e non nella propria casa natale, proprio perché Milan e sua madre non hanno potuto trasferirsi in Croazia per prendersene cura.
La battaglia legale è cominciata nel 2013, quando Vera Škorić, mamma di Milan, ha fatto per lui domanda di riconoscimento del proprio diritto alla cittadinanza croata presso il consolato croato a Belgrado. Al primo «No» delle autorità di Zagabria, è seguito un primo ricorso e poi il susseguirsi di tutti i gradi di giudizio fino alla Corte costituzionale, che ha dichiarato il caso inammissibile. Nel frattempo, il nonno Škorić moriva in Croazia senza che figlia e nipote potessero prendersene cura. "Abbiamo deciso di portare il caso alla Corte europea dei diritti dell’uomo e abbiamo passato la prima fase. Ora, però, ci vorrà del tempo prima che la corte decida se ammettere il caso", avverte Maršavelski.
Per Zagabria, la registrazione di Milan Škorić in quanto cittadino serbo nel 1983 indica una volontà di cambiamento del regime di cittadinanza da parte dei suoi genitori. Ma per l’avvocato Maršavelski, la Croazia, non volendo riconoscere l’errore commesso in passato dalle autorità di Belgrado (per legge, Milan Škorić poteva avere unicamente la nazionalità croata alla nascita) sta ora violando due articoli della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, l’articolo 8 che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare e l’articolo e l’articolo 14, che stabilisce una protezione speciale dalla discriminazione, ed anche l’articolo 1 del Protocollo n. 12 alla Convenzione, dove è fatto divieto generale di discriminazione.
5mila persone senza nazionalità croata
"Penso che il signor Škorić abbia buone possibilità di successo alla Corte europea dei Diritti dell’uomo, perché è ovvio – per chiunque sia obiettivo – che siamo di fronte ad un cittadino croato, considerato il fatto che i suoi genitori non ne hanno davvero cambiato la cittadinanza negli anni Ottanta". Il giurista e professore Frane Staničić, membro del Centro di diritto croato (HPC) segue con attenzione il caso di Milan Škorić. Come lui, l’Associazione serba per la protezione della costituzionalità e della legalità (UZUZ) guarda con interesse al caso «Škorić vs. Croatia», possibile apripista di tanti altri casi simili.
Secondo l’UZUZ, in effetti, sarebbero circa 5mila le persone che si trovano nella stessa situazione di Milan Škorić. Tutti sono figli di serbi di Croazia, che avrebbero per legge diritto alla cittadinanza croata ma che se ne vedono esclusi. Frane Staničić, tuttavia, allarga la questione ulteriormente. "Non direi che la legge croata è discriminatoria nei confronti dei serbi, perché la sua implementazione è la stessa al di là dell’etnia. Ci sono infatti persone di diversa etnia che si ritrovano nella stessa situazione (macedoni, serbi, rom…)", spiega Staničić, che aggiunge "anche dei cittadini di etnia croata potrebbero trovarsi nella stessa situazione".
Perché una risposta venga data alla famiglia di Milan Škorić bisognerà aspettare che la Corte europea dei diritti dell’uomo riceva e discuta il suo caso. Ma nel frattempo, il parlamento croato ha la possibilità di emendare la propria legge sulla cittadinanza, scegliendo di rendere il passaporto croato più accessibile a tutti, in modo uniforme. L’SDSS che sostiene l’attuale governo confida che ciò sarà possibile dopo l’estate. "Spero che i nostri emendamenti saranno presi in considerazione e che i diritti di queste persone saranno tutelati", conclude il deputato Boris Milošević. Il dibattito, a Zagabria, riprenderà a settembre.
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