Croazia, tra pandemia e ricostruzione
La Croazia è costretta a fare i conti con due fronti aperti e dolorosi, la pandemia e le conseguenze del terremoto di Zagabria. Mentre cresce il numero dei contagiati, le autorità hanno iniziato a stimare i danni ingenti causati dal sisma
La Croazia continua a fronteggiare una doppia sfida, dopo il terremoto che ha colpito domenica scorsa la capitale croata, facendo un morto e quasi 30 feriti. Questa settimana, sono arrivate le prime stime dei danni, con fonti governative che parlano ufficiosamente di almeno due miliardi di kune di danni, ovvero più di 260 milioni di euro. Il sisma, di magnitudo 5,3 e con epicentro a soli 7 km a nord di Zagabria, ha colpito soprattutto il centro storico della capitale croata, facendo crollare facciate e tetti degli edifici storici e abbattendo persino la punta di una delle due guglie della cattedrale. La stima dei danni, riportata dal quotidiano croato Jutarnji List , è da considerarsi “preliminare”, in quanto le squadre di tecnici sono ancora al lavoro per esaminare una ad una le strutture danneggiate e, in secondo luogo, perché la valutazione degli edifici iscritti al patrimonio storico-culturale richiederà più tempo.
Nel frattempo, prosegue anche la progressione del virus, con il numero dei contagiati che ha raggiunto quota 715, facendo 5 morti in tutto il paese. Il lockdown è quasi completo, con scuole, negozi, bar e ristoranti che sono stati chiusi e con l’introduzione del divieto di spostarsi da comune a comune. È ancora consentito uscire di casa, anche se sconsigliato. Secondo uno studio dell’università di Oxford , che analizza la risposta dei governi alla pandemia in corso, la Croazia sarebbe il paese che ha adottato le misure più rigide in rapporto al numero di casi registrati finora. L’esecutivo ha comunque fatto sapere che si riserva di introdurre delle misure ancora più stringenti se la situazione dovesse peggiorare. Il numero giornaliero dei contagiati ha in effetti cominciato a crescere. Negli ultimi giorni, inoltre, due località sull’isola di Murter sono state sottoposte a quarantena, mentre a Zagabria si prepara l’Arena (il grande palasport) con letti e attrezzature in caso di necessità.
L’immagine del post-terremoto
In questo contesto, inizia dunque il processo di ricostruzione del centro storico di Zagabria, necessario almeno per stabilizzare gli edifici pericolanti e mettere in sicurezza i marciapiedi, molti dei quali sono tuttora transennati. Questa settimana, peraltro, legata in qualche modo al terremoto c’è stata una seconda vittima. Un muratore, che stava lavorando alla riqualificazione di un edificio danneggiato, è morto dopo essere caduto dal tetto.
Per dare un’idea complessiva della situazione a Zagabria, basti pensare che circa 200 persone sono attualmente ospitate alla casa dello studente, mentre il numero di chi ha dovuto lasciare la propria casa (ma ha trovato alloggio presso amici, parenti o seconde case) viaggerebbe attorno a quota mille. In totale, ben 26mila persone hanno fatto domanda per una valutazione del proprio immobile (10mila casi riguardano unità abitative private) e 1900 edifici sono già stati dichiarati inagibili.
Tra gli edifici ad oggi inutilizzabili, figura parte dell’ospedale per le malattie infantili e parte del reparto di maternità e ostetricia di Petrova ulica – le cui immagini dell’evacuazione, domenica scorsa, hanno fatto il giro del mondo. Anche la facoltà di diritto, aperta nel 1776 è fuori uso. L’edificio – ha avvertito il rettore – si è spostato di dieci centimetri. Infine, entro questa settimana, si saprà se sarà necessario demolire interamente la guglia della cattedrale parzialmente crollata durante il sisma.
Ma la riqualificazione di Zagabria e in particolare del suo centro potrebbe rivelarsi ancora più lunga. L’Istituto nazionale di statistica ha stimato che più di 100mila appartamenti in città sono stati costruiti prima del 1964, ovvero prima della normativa anti-sismica introdotta in Jugoslavia a seguito del terremoto di Skopje (1963). Metterli tutti a norma di legge è forse impossibile, ma gli esperti avvertono che questi edifici rimangono a rischio in caso di un terremoto superiore ai 6 gradi della scala Richter.
Il prezzo della ricostruzione
Se la stima dei danni si aggira per ora attorno ai 260 milioni di euro, poco si sa su come la ricostruzione sarà finanziata. Al Banski Dvori, il palazzo del governo – scrive Jutarnji List – non si è ancora deciso come saranno coperti i costi (ovvero con quale rapporto tra contributi nazionali e di enti locali), ma c’è “una grande aspettativa anche nei confronti dell’Unione europea e delle donazioni private”, aggiunge il giornale.
Le donazioni cominciano peraltro ad arrivare, con HEP, l’impresa nazionale di produzione di energia elettrica, che ha donato 5,2 milioni di kune (680mila euro) al fondo “Assieme per Zagabria”, creato appositamente all’indomani del terremoto. Anche il gruppo agroalimentare Podravka ha fatto il suo con 900mila kune (circa 120mila euro), così come hanno contribuito, con cifre inferiori, anche Plinacro, la Camera di commercio degli artigiani (Hok) e altre realtà locali.
Anche la comunità croata di Trieste è scesa in campo con una raccolta fondi a favore dell’ospedale di Petrova ulica, mentre una donazione a titolo personale è arrivata anche dal Premier Andrej Plenković e dai suoi ministri, che hanno rinunciato allo stipendio di marzo. Un esempio seguito dal presidente del parlamento e da altri politici.
Il portale Telegram anticipa che l’esecutivo di Andrej Plenković sta lavorando ad una legge speciale che, sulla scia di quella approvata nel 2014 dopo le inondazioni nell’Est del paese, dovrebbe inquadrare il dopo terremoto. Sarà presentata nei prossimi giorni al parlamento che nel frattempo ha dovuto abbandonare il suo storico edificio (considerato inagibile) e si riunisce in numero ridotto, per mantenere una distanza di due metri tra i deputati ed evitare la diffusione del virus.
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