Croazia, società divisa
Una marcia per la vita, antiabortista, e una marcia per il diritto alla scelta. Sono le due manifestazioni che hanno sfilato sabato a Zagabria, dividendo la società croata
La “Marcia per la vita” da un lato, la manifestazione per il “Diritto alla scelta” dall’altro. Sabato mattina Zagabria si è ritrovata spaccata in due, come lo è da mesi l’intera Croazia, attorno a questioni politiche e di società. Migliaia di persone hanno preso parte al primo “Family Day” della storia croata (circa 7mila secondo la polizia, 15mila per gli organizzatori), arrivando da tutto il paese con autobus messi a loro disposizione. Diverse centinaia di zagabresi hanno invece risposto all’appello delle ONG progressiste, femministe o in difesa dei diritti umani, ritrovandosi al parco Strossmayer per un contro-evento pro-scelta.
Proibire l’aborto
Ad organizzare la “Hod za život”, letteralmente “Marcia per la vita”, sono state diverse associazioni conservatrici e vicine alla Chiesa cattolica, in primis il fronte “Nel nome della famiglia” (“U ime obitelji”) di Željka Markić. Nel 2013, questo stesso movimento ha voluto e gestito con successo un referendum che ha finito per modificare la costituzione croata, inserendo la specifica secondo cui il matrimonio è “l’unione tra un uomo e una donna”. L’obiettivo del movimento, all’epoca, era quello di mandare un messaggio chiaro al governo socialdemocratico di Zoran Milanović, intento a discutere una legge sulle unioni civili (poi comunque approvata dal parlamento). Sabato, invece, l’evento – che ufficialmente si articolava attorno allo slogan “Per la vita, la famiglia e la Croazia!” – si rivolgeva al nuovo governo conservatore di Tihomir Orešković, decisamente più vicino ai gruppi anti-aborto, per influenzarne le politiche future. Mentre la moglie del premier sfilava a fianco di Željka Markić, gli attivisti si affannavano dunque a realizzare il vero obiettivo della giornata, dopo la prova di forza mediatica.
“Stiamo raccogliendo un milione di firme su tutto il territorio dell’Ue per sottoporre una petizione al Parlamento europeo”, spiega David, uno studente universitario e volontario per l’occasione. “In Croazia, la soglia da raggiungere è di 4.500 firme ma sono certo che supereremo le 300mila!”, aggiunge fiducioso. Il testo della petizione chiede agli eurodeputati di “definire il matrimonio come l’unione tra due persone di sesso opposto” e di precisare che “la famiglia è basata sul matrimonio”. Ma la missione del giorno va oltre la petizione europea. “Il nostro obiettivo a lungo termine è quello di proibire l’aborto in Croazia”, riassume senza giri di parole Vice John Batarelo, il presidente dell’ONG “Vigilare” e uno degli organizzatori della “marcia”. “Ci sono ancora 4.500 casi di aborto all’anno in Croazia”, afferma questo croato-australiano scuotendo la testa, che si dice fiducioso su un prossimo cambiamento della legge.
Diritto alla scelta
“Vogliono trasformare la Croazia in una nuova Polonia!”, denunciano a qualche metro di distanza i militanti per i diritti umani e le associazioni femministe. Il fronte “Pravo na izbor”, “Diritto alla scelta”, teme infatti che il cambio di governo a Zagabria – che ha portato al ministero della Cultura uno storico revisionista vicino a Željka Markić – conduca ora ad un’erosione dei diritti civili. “Dietro a questa facciata gioiosa e colorata, queste associazioni vogliono ridurre il diritto all’aborto a soli tre casi: stupro, deformazioni del feto o pericolo di vita per la madre. Non possiamo permettere che ciò accada”, spiega Karolina Leaković, segretario internazionale del partito socialista croato SDP, mentre guarda sfilare il corteo “pro-vita”. Ma, in realtà, sul sito web dell’ONG “Vigilare” la legge polacca è criticata poiché troppo permissiva.
“Sono certa che fra pochi mesi ci sarà un nuovo referendum e questa volta sull’aborto. Hanno i numeri, i mezzi e ora anche il sostegno politico per organizzarlo e, dato che la normativa sull’aborto risale al 1968, quindi all’epoca jugoslava, sarà sicuramente accusata di essere una legge comunista”, commenta Nataša Medved del Centro per gli studi femminili di Zagabria. “Ogni giorno c’è una nuova ONG conservatrice che viene fondata e che riceve immediatamente finanziamenti dal governo, mentre alle associazioni progressiste vengono tagliati i fondi!”, prosegue Nataša, che spiega come lo stesso Centro per gli studi femminili abbia ricevuto quest’anno il 50% in meno di fondi pubblici rispetto al 2015.
Verso mezzogiorno, i due cortei si ritrovano fianco a fianco, nel momento in cui la “marcia” risale dalla stazione ferroviaria fino alla piazza centrale. Lo scambio di fischi e slogan dura pochi minuti, mentre tre giovani – attivisti per il diritto alla scelta – ne approfittano per mettersi in testa al corteo “pro-vita” e, immobili, bloccarne l’avanzata. “Mi hanno detto di spostarmi, che sto rovinando questo paese e che Gesù avrebbe perdonato i miei peccati”, racconta divertito Joco Glavaš, dipendente dell’ONG Youth Initiative for Human Rights (YIHR) e uno dei tre giovani ad aver brevemente bloccato la manifestazione. In pochi minuti, la polizia interviene arrestando due ragazze e facendo proseguire il corteo.
Alla “marcia per la vita”, farà seguito tra poche settimane il 15° Gay Pride di Zagabria. Il prossimo 11 giugno, la manifestazione per i diritti della comunità LGBT avrà un titolo volutamente battagliero: “La Croazia non si è ancora arresa”. E ancora una volta, la società croata si ritroverà divisa.
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