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Croazia, l’istruzione in piazza

Migliaia di persone sono scese nella piazza centrale di Zagabria per manifestare contro la mancata riforma del sistema educativo. Una protesta massiccia e senza partiti, ma decisamente politica

06/06/2016, Francesca Rolandi - Zagabria

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Mercoledì 1 giugno diverse decine di migliaia di cittadini – secondo le stime più attendibili 40mila – hanno invaso la centrale piazza Ban Jelačić a Zagabria per manifestare contro gli ostacoli frapposti dall’attuale governo di centro-destra al progetto di riforma curriculare del sistema educativo, sul quale è all’opera da 16 mesi un gruppo di esperti. Tra gli scopi della riforma, che ha trovato una folta schiera di difensori che vanno dai sindacati alle sigle imprenditoriali, vi sarebbe quella di modernizzare il sistema dell’istruzione, stimolando il pensiero critico e la creatività spostando l’accento dal tradizionale ruolo di cinghia di trasmissione di informazioni e dati attribuito alla scuola.

Ad occupare la piazza centrale della capitale sono state diverse generazioni, da famiglie con figli in età scolare a pensionati e studenti, una massa in molti casi non avvezza alla partecipazione politica, ma entusiasta del gran numero di presenze, tanto da sorridere dei disagi creati dal sovraffollamento, tra spinte, gomitate e tentativi di farsi strada tra la folla. Una Croazia con un livello di istruzione relativamente alto, urbana e secolare. Sul palco si sono alternati soprattutto insegnanti e genitori, mentre il pubblico sventolava striscioni, alcune bandiere croate, nessun simbolo partitico. Così era stato richiesto d’altronde dagli organizzatori, che avevano insistito sull’apoliticità della manifestazione.

“La Croazia può fare meglio”

Nei discorsi tenuti è stata spesso menzionata l’idea dell’istruzione come chiave per un futuro migliore – non a caso il nome dell’iniziativa organizzatrice è “La Croazia può fare meglio”. Molti gli slogan che hanno fatto riferimento alla libertà di pensiero –  “Gli studenti devono imparare a pensare, non cosa pensare” – nei quali non era difficile leggere un riferimento più all’attuale situazione politica che al mondo della scuola. “Ci avete portato via i media indipendenti, ci avete portato via la società civile, non ci porterete via il futuro”, recitava un altro cartello sorretto da una donna di mezza età che si faceva largo in mezzo alla folla. Infatti, una delle caratteristiche più spiccate della manifestazione del 1 giugno a Zagabria è stata quella di essere una prova di forza estremamente politica caratterizzata da un discorso tendente a dipingere la politica stessa come un corpo estraneo, che vorrebbe immischiarsi nelle questioni educative.

Sulla riforma curriculare lavora da alcuni anni un gruppo di esperti, capitanati da Boris Jokić: ricercatore dell’Istituto per le ricerche sociali di Zagabria, formatosi a Cambridge, Jokić ha particolari doti comunicative, un modo di porsi estremamente informale e si muove per la città in bicicletta. La riforma da lui guidata si propone di rivoluzionare il sistema scolastico croato, dalla scelta delle materie alla formazione degli insegnanti al processo di valutazione, per lasciarsi alle spalle un approccio nozionistico e volto a instillare patriottismo e insegnare agli studenti ad essere creativi, a rispondere alle sfide, a coltivare il pensiero critico e ad esprimere spirito di iniziativa. Per alcuni mesi la riforma curriculare è stato bersaglio di critiche incrociate, sia da chi da destra ne attaccava l’impianto, sia dal mondo della società civile, che la considerava blanda e mancante di coraggio, in particolare negli aspetti legati all’educazione di genere.

Riforma curriculare

Nato con il precedente governo di centro-sinistra,  il progetto di riforma curriculare è stato ufficialmente appoggiato anche dall’attuale governo di centro-destra e dal ministro della Scienza, dell’Istruzione e dello Sport Predrag Šustar, che tuttavia ha cercato in vari modi di bloccarne i lavori. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione di Šustar di allargare con altri dieci membri il team di esperti che già da tempo lavorava alla riforma, dietro pressione dei settori del mondo cattolico più intransigente, come Željka Markić dell’iniziativa “In nome della famiglia”, e Ladislav Ilčić del partito Hrast, da sempre contrari alla riforma. Ciò coincideva con un rinvio delle sperimentazioni di almeno un anno, sebbene il progetto fosse pronto per partire nei tempi prestabiliti. Ad irritare ulteriormente gli animi è stata la dichiarazione di Šustar, che ha definito la manifestazione imminente “una festa”.

La riforma curriculare si è così trasformata per un largo pubblico in un emblema della volontà di manifestare l’esistenza di un’altra Croazia, che trae linfa dall’insoddisfazione verso il governo formato dal partito di centro-destra HDZ e dalla lista indipendente Most e guidato dal premier Tihomir Orešković. La coalizione al governo da gennaio, se da una parte si è distinta per la volontà di imporre una nuova narrazione nazionalista soffocando tutte le voci di opposizione, dall’altra ha sconcertato per l’incapacità di intraprendere qualsiasi misura concreta. Una situazione che è implosa nell’ultima settimana, con lo scontro tra HDZ e Most e la decisione del premier di rinviare l’emissione di eurobond per la corrente instabilità interna.

Che la riforma curriculare avesse assunto un significato simbolico più ampio e che Jokić si fosse trasformato in un eroe della società civile, era stato fiutato anche dalla presidente Kolinda Grabar Kitarović, che, il giorno prima dell’annunciata manifestazione, aveva organizzato un incontro tra il promotore della riforma e il ministro Šustar, cercando di appropriarsi del discorso sulla riforma. L’incontro non ha spostato di un millimetro la situazione, mentre già da alcuni giorni si iniziava a pronosticare una manifestazione particolarmente corposa per il 1 giugno, sostenuta da oltre 300 organizzazioni – tra cui i maggiori sindacati.

“Ribellione civile”

All’indomani della protesta – che oltre alla manifestazione di Zagabria ne ha viste altre nelle maggiori città croate e in alcune capitali estere – rimane il capitale politico, ma sono mancate reazioni ufficiali. Marko Kovačić dell’iniziativa “La Croazia può fare meglio” ha affermato che “solo dei dilettanti possono ignorare un così gran numero di persone in piazza”, e ha annunciato nuove manifestazioni se il governo non cambierà atteggiamento.

Il successo in termini di risposta da parte dei cittadini ha inebriato la società civile, che ha salutato con entusiasmo una manifestazione così partecipata come non si vedeva dalle manifestazione di sostegno a Radio 101 ai tempi di Tuđman. Ma uno dei tratti in comune tra le due manifestazioni è stato quello di essere volutamente depurate dall’elemento politico.  Tuttavia, alle manifestazioni del 1 giugno si dovrebbe guardare, secondo Dragan Grozdanić dalle pagine del settimanale Novosti, “come una ribellione civile” contro la politica del governo conservatore di destra.  Migliaia di persone si sono opposte alla cosiddetta “rivoluzione conservatrice” con uno scatto della società civile secolare che ha mostrato di poter mobilitare un gran numero di persone, ma a costo di depurare la protesta di qualsiasi aspetto politico. Ciò secondo alcuni ha permesso un’ampia affluenza, ma secondo altri ha minato alla base il potenziale della protesta.

E se invece la protesta del 1 giugno fosse “un’occasione storica persa per alzare il livello di solidarietà civile contro la distruzione politica la cui ampiezza va ben oltre la riforma curriculare?!” si è chiesta la giornalista d’inchiesta Nataša Škaričić sul sito Lupiga, riassumendo la contraddizione insita nella piazza: che è stata secondo tutti gli osservatori fortemente politica, in quanto immediata conseguenza dell’opposizione all’attuale corso politico in Croazia, ma ha nascosto qualsiasi elemento politico dietro una supposta “questione tecnica”, scegliendo come portavoce un team di esperti che pur lavorano su un tema sensibile come l’istruzione. Ciò testimonia in particolare come tutti i partiti politici stiano vivendo una fase di mancanza di credibilità, in cui fa presa il mito dei tecnici, che già era stato la chiave del successo elettorale di Most.

Intanto, a due giorni dalla manifestazione del 1 giugno, il governo HDZ-Most sembra essere arrivato al capolinea per gli scontri interni e secondo molti analisti l’opzione più probabile sar àquella delle elezioni anticipate piuttosto che un rimpasto. Il destino della riforma curriculare appare in questo momento particolarmente incerto e, con esso, la generale situazione politica in Croazia.

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