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Croazia: l’inno non si tocca

Il Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei giornalisti croati ha sanzionato Nikola Bajto per una poesia satirica che richiama l’inno nazionale, con la quale il giornalista ha voluto far riflettere sul problema della militarizzazione della società croata

22/01/2016, Sven Milekić - Zagabria

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Nikola Bajto, giornalista del settimanale Novosti, ha pubblicato il 15 gennaio sul portale del settimanale per cui lavora un testo in cui ha rivelato come il Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei giornalisti croati (HND) lo abbia richiamato lo scorso dicembre per il suo testo satirico “Il nostro bel cannone”, pubblicato nell’agosto 2015.

“Il nostro bel cannone”, che richiama il nome dell’inno croato “La nostra bella patria”, in uno stile satirico affronta il tema della militarizzazione della società e dello stato croato. La poesia è stata pubblicata due giorni dopo la festa nazionale "Giorno del ringraziamento e giorno dei veterani croati", con cui si celebra l’anniversario dell’operazione militare Tempesta. Bajto, nel suo testo, fa tra le altre cose notare che sui crimini commessi contro i serbi di Croazia durante l’operazione Tempesta non si è sufficientemente indagato.

Nell’articolo di venerdì scorso, intitolato “Una vergognosa macchia per tutto l’HND ”, Bajto ha delineato l’intero processo tenutosi presso il Consiglio di Disciplina, organo incaricato di verificare se un giornalista e membro dell’HND viola il codice deontologico dei giornalisti croati.

La difesa di Bajto

Nel suo testo di venerdì scorso pubblicato sul portale Novosti, Bajto ha specificato che non farà ricorso contro la decisione del Consiglio di disciplina che ha sentenziato che non vi sarebbe stato rispetto dell’etica professionale e neppure dell’onore, della reputazione e della dignità dell’esercito croato, del popolo croato e dello stato croato.

Il Consiglio disciplinare ha reagito su richiesta del giornalista Mario Ćužić che Bajto ha accusato di una “mal posta diffamazione semianalfabeta”, terminata poi in un processo “vile, osceno, una porcata procedurale”. Bajto nel suo testo inoltre sottolinea che il Consiglio disciplinare con la sua decisione ha di fatto imposto la sua idea sulla Guerra patriottica, come viene ufficialmente definita la guerra degli anni ’90 in Croazia. Bajto ha poi rilevato che parte del problema risiederebbe nella struttura stessa dell’HND, da cui deriva di conseguenza un "Consiglio siffatto e decisioni del genere".

Patologia

Alla nostra domanda se quanto avvenuto faccia parte di un più generale e irreversibile tentativo di reprimere la libertà di espressione e di stampa, Bajto ha risposto che a suo avviso si tratta di una situazione ormai patologica, della "dissoluzione in corso da lungo tempo delle nostre competenze giornalistiche”. Bajto ha aggiunto poi che è in corso una “persecuzione ideologica dei giornalisti”, che va dalla censura nelle redazioni da parte dei capiredattori, alle minacce di licenziamento e di cessazione delle collaborazioni.

Secondo il giornalista di Novosti, i giornalisti si dividono in tre categorie: quelli che perseguitano, quelli che reagiscono e quelli che in modo ubbidiente stanno in silenzio. Ad una domanda sul tema dei “simboli nazionali” Bajto ha risposto dicendo che si tratta tutt’oggi di uno degli argomenti più sovversivi su cui un giornalista in Croazia possa scrivere: “La mitologia nazionale è stata forgiata per far sì che vengano difesi gli interessi di quelli che più hanno approfittato della creazione dello stato indipendente croato. Per un breve periodo siamo riusciti almeno a contenerla, ma ora assistiamo ad un suo nuovo, e molto rilevante, rafforzamento. Mi pare che, più svendiamo lo stato, meno stato abbiamo e sempre più insistiamo sui miti di costruzione nazionale e sullo stato come simbolo. Meno servizi pubblici ci sono, più aumenta l’appiattimento ideologico”.

Il giornalista croato ritiene di non aver infranto la Legge sulla bandiera, l’inno e lo stemma della Croazia, né il codice penale e che, se si è preso gioco di qualcosa, non è certo dell’inno nazionale: "La ma poesia è stata interpretata come una derisione dei governanti ed evidentemente stanno tornando i tempi in cui questo non si può più fare".

Alla richiesta di commentare il fatto che l’attuale premier tecnico Zoran Milanović, del partito di centro sinistra, Partito socialdemocratico della Croazia (SDP), ha preso le sue difese in modo molto flebile Bajto ha risposto che proprio l’SDP si è riconosciuto in quella poesia, aggiungendo che sono proprio loro che durante lo scorso mandato hanno fatto di più per “cementare l’eredità dell’autoritario leader nazionalista Franjo Tuđman”.

Opinioni

Ivica Đikić, suo caporedattore al Novosti, anch’egli convocato dal Consiglio di Disciplina come corresponsabile (benché non sia membro dell’HND), ha bollato l’intera vicenda come “incredibile”.

“Tutt’ora mi risulta incredibile che l’Ordine dei giornalisti, attraverso il suo organo sanzionatorio, reprima la libertà di espressione… Non posso credere che un gruppo di giornalisti sia favorevole a limitare altri giornalisti su quanto scrivono e dicono”, ha affermato  Đikić.

Ćužić dal canto suo ha confermato di aver esposto denuncia al Consiglio disciplinare perché ha ritenuto che si trattasse di una presa in giro dell’inno nazionale: “Mi spiace che il collega signor Bajto si senta ferito… Non ho assolutamente nulla contro di lui né contro Đikić, un collega che è un grande giornalista. Se lo avesse scritto qualcun altro lo avrei fatto ugualmente. Io sono convinto che si sia voluto prendere in giro l’inno nazionale e la satira non c’entra nulla in questa vicenda".

Ćužić ha sottolineato che è molto rilevante anche la data di pubblicazione del pezzo, in concomitanza dell’anniversario dell’operazione Oluja.

Uno dei membri del Consiglio disciplinare, Veronika Rešković, si è opposta alla decisione e ha ribadito che per lei si è trattato di satira mentre l’inno non c’entrava nulla: “La satira serve anche per provocare, giocare con gli stereotipi e sollevare temi sociali delicati, in questo caso la militarizzazione della società croata”.   

“Uno dei pilastri di una società democratica è proprio la  libertà di espressione e la necessità di tollerare il pensiero altrui, anche quando non lo condividiamo. Questo vale in particolare per il giornalismo. Alla fine, posso solo dispiacermi del fatto che la poesia ‘Il nostro bel cannone’ non sia stata sfruttata per un serio dibattito pubblico – e se fosse necessaria anche una sana polemica – sulla militarizzazione della nostra società e sulle relazioni con le minoranze nazionali, invece di – per chissà quale motivo – far partire un monologo sul patriottismo e l’inviolabilità dei simboli nazionali”, ha concluso la Rešković, da noi interpellata sulla questione.

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