Croazia: la crisi resuscita il ponte di Pelješac
Stretta nella morsa della crisi economica la Croazia è alla disperata ricerca di investimenti, tanto che a sorpresa il centrosinistra al governo rispolvera la vecchia idea da sempre osteggiata del ponte di Pelješac: un’immensa opera per poter circumnavigare lo sbocco al mare della Bosnia Erzegovina
Il debito estero della Croazia è salito a 47,4 miliardi di euro, alla fine di giugno si contavano 294.877 disoccupati (tasso del 17,3%) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo di recente ha abbassato le stime di crescita dell’economia croata, sancendo che nel 2012 la caduta del PIL sarà del 1,2%. È questo il quadro della situazione economica del paese che fra meno di un anno (1 luglio 2013) entrerà nell’UE.
Il ministro delle Finanze Slavko Linić, che dall’inizio del suo mandato è sempre stato ottimista e aveva persino annunciato una crescita – seppur misera – del PIL nel 2012 di un 0,8%, ora riconosce che l’annunciato ciclo di investimenti è in ritardo e che sarà un successo se la Croazia chiuderà il 2012 con un tasso di crescita pari a zero. Per la prima volta da quando lo scorso dicembre è salito al potere, il governo di centro-sinistra guidato da Zoran Milanović, ha annunciato ufficialmente – tramite il ministro delle Finanze –la possibilità che la Croazia necessiti dell’aiuto del Fondo monetario internazionale.
“I nostri debiti possiamo pagarli solo con un nuovo indebitamento. Se ci abbassassero il rating, l’FMI potrebbe essere nostro alleato nella trattativa sugli impegni da rispettare”, ha precisato Linić.
Pubblico impiego in subbuglio
Il ministro delle Finanze ha esternato le sue preoccupazioni nel momento in cui il suo collega Mirando Mrsić, ministro del Lavoro, stava trattando duramente coi sindacati del pubblico impiego, sulla riduzione di alcuni diritti previsti dai contratti collettivi. Nelle casse vuote dello stato ormai non c’è più denaro per le tredicesime e quattordicesime, per gli scatti di anzianità e le liquidazioni. I sindacati non mollano, minacciano di scioperare e di portare la gente in piazza.
Al governo non credono sia questa la soluzione, perché di soldi proprio non ce ne sono e quindi ritengono che sia più saggio perdere qualche diritto dei bei tempi che furono piuttosto che andare a toccare gli stipendi dei dipendenti. L’annuncio del ministro delle Finanze sul possibile aiuto del FMI, da alcuni è interpretato però anche come una sorta di minaccia: se arriva l’FMI potremmo dover toccare gli stipendi.
Nel marzo scorso la Croazia aveva aumentato l’IVA del 2% (dal 23 al 25%), ma nemmeno questa decisione impopolare, che ha ridotto i cittadini più poveri in una situazione ancora più difficile, è riuscita seriamente a riempire il buco delle casse dello stato. Già dall’autunno potrebbe essere introdotta una tassa sugli immobili, mentre il ministro delle Finanze annuncia persino una tassa sul possesso di armi. Gli analisti economici avvertono che l’aumento delle tasse e l’introduzione di nuove non risolveranno il problema. Ritengono infatti che la ripresa si crei con nuovi posti di lavoro, l’aumento della produzione e delle esportazioni. Ma purtroppo su questo fronte le cose non si muovono di un millimetro.
Rispunta il progetto del ponte di Pelješac
Consapevole della mancanza di investimenti seri che potrebbero migliorare il quadro economico del paese, il governo di Milanović ha inaspettatamente riattualizzato la questione del ponte su Pelješac, contro il quale fino a poco tempo fa si era battuto duramente. Con i suoi 2.400 metri di lunghezza il ponte dovrebbe unire la costa croata con la penisola di Pelješac, congiungendo così i due lembi di costa che, nella località di Neum, vengono interrotti per una ventina di chilometri dalla Bosnia Erzegovina.
Per la Bosnia Erzegovina quei venti chilometri sono l’unico sbocco sul mare Adriatico, ma per i croati rappresentano un grosso problema, in particolare durante la stagione turistica. I viaggiatori che da Spalato vogliono continuare sulla costa croata verso sud-est, sono costretti a passare attraverso la Bosnia Erzegovina. Con la costruzione del ponte questo problema sarebbe risolto perché la strada passerebbe sulla penisola di Pelješac e finirebbe sulla terra ferma nei pressi di Dubrovnik.
Il ponte di Pelješac è una vecchia idea: i primi lavori iniziarono nel 2007 come asso elettorale del HDZ (Unione croata democratica, partito uscito perdente alle ultime elezioni) con cui avrebbe dovuto attirare gli elettori dell’estremo sud della Croazia. Ma la costruzione del ponte, il cui valore era stimato in 265 milioni di euro, rimase bloccata subito dopo le elezioni. Ed è stato l’HDZ che lo scorso anno, sempre sotto elezioni, ha riattualizzato l’idea della sua costruzione. L’allora opposizione – oggi al governo raccolta attorno al SDP (Partito socialdemocratico) – si era battuta duramente contro tale progetto, affermando che il ponte è troppo caro e non conveniente, aggiungendo inoltre che esistono soluzioni più economiche come il collegamento marittimo coi traghetti.
Nel maggio di quest’anno il governo di Zoran Milanović ha rescisso ufficialmente i contratti in corso d’opera. Ma dopo soli due mesi ha iniziato a discutere seriamente della sua realizzazione. L’idea è stata portata avanti dal ministro degli Esteri Vesna Pusić, convinta che la maggior parte del ponte (circa l’85%) potrebbe essere finanziata con fondi dell’Unione europea.
La svolta forse nel 2013
Il ministro dell’Economia e vicepremier Radimir Čačić ha però annunciato grandi investimenti anche nel settore energetico. A breve dovrebbero iniziare i lavori per la costruzione del terzo blocco della termo centrale di Plomin, in Istria. L’investimento più ingente tra quelli in programma, del valore di 800 milioni di euro. Di recente poi la Croazia si è accordata con la Republika Srpska per la costruzione della idro-centrale Dubrovnik 2, il cui costo sarebbe di 170 milioni di euro. A breve dovrebbero prendere il via anche i lavori di ammodernamento dell’aeroporto di Zagabria dove il consorzio francese Bouygues Batiment International e Aeroports de Paris Management dovrebbe ottenere una concessione trentennale e investire 230 milioni di euro.
Se dovessero partire a breve tutti questi investimenti, la Croazia l’anno prossimo potrebbe finalmente uscire dalla recessione in cui si trova ormai da quattro lunghi anni. La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, che qualche giorno fa ha abbassato le stime sulla crescita del PIL, prevede che nel 2013 per la Croazia potrebbe finalmente esserci una svolta e la crescita raggiungere l’1,5%. Si tratterebbe dell’uscita definitiva dalla crisi. Fino ad allora però non resta che stringere i denti.
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