Croazia, giovani e Covid-19: lezioni dal primo anno di pandemia
Quali sono stati gli effetti della pandemia sui giovani scolari in Croazia? Uno studio del Policlinico della città di Zagabria, pubblicato nella primavera scorsa, ha fatto il punto della situazione un anno dopo la prima ondata di Covid-19, analizzando un campione di 22.000 minori
Con l’arrivo delle basse temperature, il numero dei contagi da Coronavirus ha subito una nuova impennata in Croazia, dove lo scorso giovedì è stata superata la soglia di 3.000 casi in un giorno , cosa che non avveniva da questa primavera (la Croazia è ora una zona “rosso scura” secondo l’ECDC ). La nuova ondata, in un paese in cui meno del 50% della popolazione è stato vaccinato, sta riportando a galla vecchi dibattiti sull’opportunità di chiudere le attività economiche non essenziali, di vaccinare i bambini di età superiore ai 12 anni o ancora di introdurre il Green Pass per accedere a ristoranti, bar e centri commerciali.
È tuttavia scomparso dal dibattito pubblico il tema delle conseguenze della pandemia e delle misure restrittive su giovani e bambini, un argomento che qualche mese fa era stato portato alla ribalta da un’interessante ricerca del Policlinico della città di Zagabria per la protezione dei bambini e dei giovani. Pubblicato a marzo 2021, lo studio, intitolato Un anno dopo. Risultati dello screening sulla salute mentale dei bambini a Zagabria (disponibile in inglese a questo indirizzo ), ha coinvolto più di 22.000 minori (per due terzi di età inferiore ai 15 anni) con lo scopo di conoscere le conseguenze del primo anno di pandemia e del terremoto del marzo 2020 a Zagabria sulla salute mentale dei ragazzi. Nel momento in cui ci si prepara in Croazia ad una nuova ondata, quella ricerca si rivela ricca di utili informazioni.
Lezioni dal primo anno di pandemia
Nei primi mesi della pandemia, la Croazia non è stata particolarmente colpita dal virus. Osservando i grafici che ripercorrono il numero di contagi giornalieri o di morti per Covid-19, si nota che la prima vera ondata di infezioni ha colpito la giovane repubblica a partire dalla metà di ottobre 2020, mentre la seconda è iniziata a metà marzo 2021 e la terza si sta sviluppando in questi giorni. Il periodo considerato dal rapporto del Policlinico di Zagabria coinvolge dunque una sola importante fase di diffusione del virus, ovvero l’inverno a cavallo tra il 2020 e il 2021, ma include anche un altro importante fattore di stress per la popolazione zagabrese: il terremoto che ha colpito la capitale croata il 22 marzo 2020.
Fatta questa premessa, veniamo ai dati della ricerca. Innanzitutto, si legge nello studio, «la maggior parte dei bambini è stata in qualche modo colpita dalla pandemia, sia attraverso le proprie esperienze dirette sia attraverso le esperienze di persone a loro vicine». L’esperienza non deve per forza essere quella dell’infezione da coronavirus (solo l’11% dei bambini coinvolti nello studio ha avuto il Covid-19): è sufficiente un contatto indiretto, ma molto vicino nella quotidianità: ad esempio, più di un bimbo su cinque (22%) ha visto la malattia in famiglia e il 26% l’ha vista in una persona vicina esterna alla famiglia. Inoltre, il 61% dei bambini ha fatto esperienza della quarantena almeno una volta nel periodo analizzato, così come il 43% dei loro famigliari e il 35% delle persone a loro vicine (amici, insegnanti, parenti, ecc.).
Nella maggior parte dei casi, come sappiamo, le persone affette da Covid-19 guariscono nel giro di pochi giorni o settimane, ma anche nella vita dei minori intervistati dai medici dal Policlinico esistono delle persone a rischio, in quanto anziane o affette da altre patologie o condizioni mediche particolari. Ecco che «quasi un bambino su due (43%) ha una persona vicina al di fuori del focolare domestico che rientra nelle categorie a rischio, così come è a rischio quasi un membro su tre (31%) della famiglia in cui vive il bambino». Di conseguenza, l’1% dei minori ha visto un famigliare finire in ospedale per il Covid-19, mentre per il 4% di essi è stata invece una persona vicina, ma estranea al focolare domestico, ad essere ricoverata. In alcuni casi, purtroppo, c’è stata anche l’esperienza della morte di un famigliare (0,4%) o di una persona cara estranea alla famiglia (2%).
Ansia, depressione e stress post-traumatico
A quest’annata difficile, fatta per i più giovani di lezioni online, periodi di quarantena ed esperienza spesso diretta della pandemia, si aggiunge l’evento traumatico del 22 marzo 2020. Stando ai dati raccolti dal Policlinico tramite i genitori coinvolti, l’82% di bambini e adolescenti ha vissuto in prima persona il sisma che ha colpito Zagabria. Nella maggior parte dei casi, le abitazioni dove risiedono le famiglie intervistate non sono state danneggiate (84%), o sono comunque risultate sicure anche se danneggiate (15%). Solo nell’1% dei casi, la famiglia ha dovuto abbandonare momentaneamente o definitivamente la residenza abituale, dichiarata inagibile. Questo trauma, sommato a quello del Covid-19, ha prodotto una serie di sintomi nei 22.000 minori coinvolti.
«I dati ottenuti mostrano che un bambino su dieci (9%) presenta significativi sintomi di ansia e/o depressione, che superano il livello di esperienze emotive spiacevoli previsto per l’età», si legge nello studio. Inoltre, un bambino su sette (15%) presenta «un livello significativo di sintomi di stress post-traumatico, ovvero cambiamenti nell’emotività e nel comportamento che si verificano a seguito di un’esperienza che può essere definita traumatica». Nel caso di questi ultimi, i sintomi più comuni sono difficoltà di concentrazione (56%), ansia al ricordo dell’evento traumatico (51%) o ancora una più acuta timidezza o sensibilità emotiva (51%), mentre nel primo gruppo la depressione si manifesta soprattutto come paura di fallire (74%), ansia in contesti sociali (60%) o un generale senso di tristezza e di vuoto (48%).
Stando al rapporto del Policlinico, questi sintomi si manifestano allo stesso modo tra i bambini delle elementari o delle superiori, e sono più marcati tra le femmine che tra i maschi. Com’era prevedibile, inoltre, i sintomi si manifestano di più nei bambini che hanno vissuto in misura maggiore il trauma, ad esempio perché la propria casa è stata gravemente danneggiata o dichiarata inagibile dopo il sisma del 22 marzo 2020 o perché hanno perso una persona cara a causa del Covid-19. L’esperienza diretta della malattia sembra invece avere un impatto meno importante rispetto allo svilupparsi di complicazioni presso una persona cara (o presso lo stesso bambino) perché appartenente ad una categoria a rischio.
«È importante sapere in anticipo cosa succederà»
«Allo screening condotto dal Policlinico della città di Zagabria per la protezione dei bambini e dei giovani sono seguite altre ricerche, sia a livello comunale in altre città che a livello nazionale, e tutte hanno confermato questi risultati», commenta il dott. Igor Mikloušić, tra gli autori dello studio Un anno dopo. Risultati dello screening sulla salute mentale dei bambini a Zagabria. In un momento in cui la Croazia si prepara ad una nuova ondata, Mikloušić punta il dito contro due gravi problemi che contribuiscono a complicare l’esperienza dei bambini (e dei genitori) durante la pandemia.
«Da un lato il sostegno psicologico nelle scuole croate è carente. A Zagabria, da questo punto di vista, la situazione è a posto, ma al di fuori della capitale i mezzi sono concentrati soprattutto nelle grandi città, mentre nel resto del paese la maggior parte delle scuole non dispone di psicologi», afferma Igor Mikloušić. In secondo luogo, avverte il ricercatore, «è più facile prepararsi ad una situazione nuova se si sa in anticipo cosa aspettarsi e quali sono i possibili scenari». In altre parole, «il governo dovrebbe annunciare fin d’ora cosa succederà alle scuole nel caso di infezioni nelle classi, o ancora chiarire fin da subito la politica sull’uso delle mascherine negli istituti».
«La prevedibilità è molto importante per permettere a genitori ed allievi di tenere la situazione sotto controllo – prosegue il dott. Mikloušić – se anche la Croazia adottasse un sistema a semaforo come in altri paesi, ovvero preannunciando quali norme entreranno in vigore al verificarsi di determinate condizioni, per gli adulti sarebbe più facile spiegare ai più piccoli il perché di una nuova situazione». In mancanza di un intervento su questi due punti (maggiori mezzi al sostegno psicologico nelle scuole e migliore pianificazione delle misure di contrasto alla pandemia), gli psicologi croati e i professionisti del settore hanno risposto mettendo a disposizione online numerosi documenti e materiali per aiutare i genitori a navigare attraverso le incertezze di questo periodo.
Si va dai suggerimenti di giochi che si possono svolgere a casa con i figli, fino ai laboratori online volti ad informare gli adulti sui sintomi di stress, depressione e ansia tra i più piccoli. «L’invito ai genitori è quello di verificare se ci sono novità nella routine dei bambini, ad esempio per quanto riguarda il ritmo di riposo, e ad essere pronti a chiedere aiuto se necessario. Bisogna anche cercare di compensare la mancanza di interazioni sociali portando i figli all’aperto e facendoli incontrare con i loro coetanei. In ultima istanza, va tenuto a mente che, in questo periodo, i voti non sono solo il frutto del lavoro e dell’impegno degli allievi, ma anche del carico emotivo che si portano sulle spalle», conclude Mikloušić.
Questo articolo è stato pubblicato con il sostegno di Central European Initiative – Executive Secretariat
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