Croazia e rinnovabili: non così eco
Il settore delle energie rinnovabili in Croazia va bene. Troppo bene. Minicentrali sorgono come funghi grazie a generosi contributi pubblici ma senza analisi serie di impatto ambientale
(Tratto da Novosti, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC Transeuropa)
"Non è colpa degli investitori se si sono arricchiti grazie ai contributi troppo generosi dello stato", ha dichiarato recentemente Aljoša Pleić, presidente dell’Associazione delle energie rinnovabili della Croazia, e proprietario di una di quelle piccole centrali private che hanno goduto di prezzi di vendita dell’elettricità preferenziali.
All’inizio del 2017, in Croazia vi erano esattamente 1291 centrali eoliche, mini centrali idroelettriche o centrali a biomassa, e 109 sono in costruzione con i contratti con lo stato già firmati. Oggi la Croazia offre 200 milioni di euro di sovvenzioni all’anno, una cifra che potrebbe raddoppiare da qui al 2020. Per il momento sono soprattutto i fornitori di energia che si prendono carico di queste sovvenzioni in cambio di concessioni, ma si sta studiando una legge per far pagare i cittadini.
Rientri rapidi sugli investimenti
La dichiarazione di Aljoša Pleić, stranamente sincera per il mondo dell’impresa, riflette perfettamente la situazione delle politiche energetiche croate. In effetti, numerosi privati hanno investito i propri capitali nel settore energetico, come conseguenza di queste politiche pubbliche dispendiose che assicurano una quota di proventi sicuri dagli investimenti, senza chiedere contropartite in termini di manutenzione delle infrastrutture. Puntualizziamo che la maggioranza delle centrali elettriche che sfruttano le energie rinnovabili sono state costruite con materiale importato, usando una proporzione di tecnologia croata irrisoria.
Questo nuovo settore basa la propria crescita sulla presa di coscienza ecologista, rischiando di mettere da parte però le questioni economiche e sociali. Certamente questo fenomeno non tocca solo la Croazia. L’Austria spende circa un miliardo di euro all’anno per le energie rinnovabili e la Germania circa 24 miliardi. Questi due paesi hanno affrontato la questione sempre più rilevante di riequilibrare radicalmente il loro sistema elettro-energetico. Mantenere il livello stabile di potenza necessario genera infatti dei costi importanti per il sistema complessivo, ancora più se questo viene alimentato da molteplici fonti di energia, variabili e imprevedibili. La maggior parte degli impianti produttori di energia sostenibile sono infatti piccole strutture private di cui molte non funzionano almeno che non vi sia tempo ventoso o soleggiato.
Ma occupiamoci degli effetti dell’espansione delle energie rinnovabili in Croazia, un settore che ha già sorpassato la soglia del 20% sulle fonti di energia complessive prevista come obiettivo per il 2020 dall’Unione Europea.
Lo scialacquamento di investimenti pubblici è appena cominciato, stimolato dalle pressioni di diversi attori, in un ambito dove gli investitori non sono affatto passivi e inoffensivi, come invece vorrebbe far credere il presidente della loro associazione. Questo settore è influente sulla politica nazionale e locale ed ha ampia eco mediatica. Spesso emergono polemiche tra i diversi attori di questo settore in pieno boom: per esempio i proprietari di centrali a biomassa litigano con i proprietari dell’eolico sulla quota di contributi previsti, se non sono impegnati a prendersi per i capelli con gli utilizzatori di energie fossili o con i fornitori di energia elettrica che sostengono il costo dello sviluppo di energie rinnovabili…
Impatto ambientale
Ma la corsa verso i profitti ha anche delle conseguenze immediate sulla natura. In questi ultimi anni molte località sono state sacrificate paradossalmente in nome della protezione dell’ambiente. Ecco due progetti che simbolizzano le derive del sostegno a tutti i costi delle energie rinnovabili, un programma che si è liberato del suo nobile obbiettivo iniziale, ossia la protezione dell’ambiente.
Il primo esempio è quello di Peruća, nei pressi di Hrvace, nell’entroterra dalmata, dove si dovrebbe costruire una centrale termoelettrica a ciclo combinato seguita da una centrale idroelettrica reversibile e da importanti infrastrutture elettriche e del gas. L’investitore principale è l’impresa locale MCC, con una possibile collaborazione con Samsung e altri partner stranieri. "La popolazione locale per il momento vede di buon occhio il progetto, anzi è tra i promotori", si rallegrava l’autunno scorso il direttore di MCC, Zoran Burić.Tuttavia, poco dopo, il sindaco di Peruća è stato di tutt’altro avviso. Ma le reticenze e la resistenza degli abitanti hanno avuto poco spazio sui media.
Mirko Miloš, un ingegnere che si batte contro il progetto, ha raccontato a Novosti di aver scoperto prima per caso, poi a seguito di studi più approfonditi, elementi controversi nella documentazione disponibile sul progetto della MCC. A suo avviso la centrale è una minaccia per l’ambiente. "Il problema è che non c’è alcuna stima dell’impatto globale", si lamenta Mirko Miloš. "Abbiamo studiato separatamente i diversi elementi del progetto: la centrale a gas da un lato, la centrale idroelettrica dall’altro, ecc. Così, si ottengono dei dati molto più accettabili che considerando gli effetti nel loro insieme. Lo ha sottolineato anche l’ONG ecologista Zelena Akcija (Azione Verde)".
La centrale sarà sovvenzionata dai fondi pubblici in ragione del suo funzionamento a ciclo combinato. Ma la capacità delle sue caldaie e il consumo d’acqua previsto, troppo elevati in rapporto al numero di eventuali utilizzatori nelle vicinanze, hanno sollevato le preoccupazioni degli attivisti: che si tratti dello scarico di acqua calda nel lago e nel bacino della Cetina o dell’incenerimento di prodotti potenzialmente pericolosi, chi sa cosa potrebbe accadere? D’altro canto la produzione di elettricità prevista, che autorizza l’uso di combustibile, rilascerà nell’atmosfera molte sostanze nocive. Senza contare che il prezzo in termini di megawatt/ore di questo progetto non solo non è competitivo, ma è persino superiore al prezzo di mercato.
Questo progetto, che metterebbe in pericolo un corso d’acqua e utilizzerebbe delle energie fossili, resta dunque circondato da numerose incognite, ed è conseguenza certamente dell’assenza di una chiara strategia energetica dello stato croato. La sola certezza è il desiderio degli investitori di sfruttare la moda delle energie rinnovabili e di massimizzare i profitti.
Un altro progetto simile ha attirato la nostra attenzione, nell’estremo sud del paese, a Konavle, vicino il villaggio di Popovići e la spiaggia di Pasjač, preservata sino ad ora dalla comunità locale da uno sfruttamento turistico esagerato. La spiaggia è conosciuta in quanto è situata in un luogo straordinario: ai piedi di alte scogliere acque sotterranee escono da un tunnel naturale di svariati chilometri. L’imprenditore disposto a costruire una mini centrale idroelettrica al fondo di questo tunnel viene dall’Istria e si chiama Anton Vlačić. È il suocero di Boris Miletić, sindaco di Pola. Difficile sapere se le sue illustri conoscenze hanno giocato un ruolo nella sollecitudine delle autorità di Konavle – che gli attivisti faticano a capire – nel sostenere il suo progetto.
"La popolazione locale è stupita negativamente dall’avanzamento del progetto della mini centrale idraulica, e ancora di più dal sostegno del sindaco di Konavle", s’indigna Đuro Capor, coordinatore dell’Iniziativa Srđ, nata per lottare contro un progetto che intendeva costruire dei campi da golf sulle colline di Dubrovnik. "In questi ultimi anni, Pasjač è diventata la spiaggia più famosa della regione di Dubrovnik e un luogo di passeggio molto apprezzato. Mettere in pericolo la sicurezza della balneazione, minare e sfigurare le scogliere, tutto questo per delle quantità di energia estremamente limitate… Non c’è bisogno di essere un ingegnere per capire che questo non ha alcun senso."
"Lo studio d’impatto ambientale è molto superficiale e va servilmente a favore degli investitori", continua Đuro Capor. La valle di Konavlje è tuttavia protetta, come la montagna Snježnica che la sormonta, nel quadro del progetto europeo Natura 2000. Gli attivisti sperano di riuscire a bloccare questo progetto, come hanno fatto le associazioni ecologiste sulla Krupa, un’affluente dello Zrmanja.
Ma i contribuenti croati continueranno a finanziare generosamente un gran numero di progetti nocivi per l’ambiente. La festa è appena cominciata.
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