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Croazia e Covid: restrizioni a scoppio ritardato

Nelle ultime settimane l’epidemia di COVID-19 in Croazia ha conosciuto un rapido e improvviso peggioramento. Il governo Plenković ha deciso di introdurre nuove misure restrittive, che per i critici arrivano però troppo tardi

04/12/2020, Giovanni Vale - Zagabria

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Appena due settimane fa era ancora "tutto sotto controllo". Ora la Croazia presenta una delle situazioni epidemiologiche peggiori d’Europa, con 3000–4000 nuovi contagi al giorno e un numero di decessi che ha già raggiunto quota 1.900 e viaggia a un ritmo di 50–70 morti al giorno. Il governo di Andrej Plenković, che aveva finora puntato sul "senso di responsabilità dei croati" e considerato il lockdown come l’ultima spiaggia, ha dovuto fare inversione e introdurre nuove restrizioni.

Chiudono i bar, apre l’Arena

Dallo scorso venerdì, bar e ristoranti sono dunque stati obbligati a chiudere fino al 21 dicembre, mentre gli incontri privati sono ora limitati ad un massimo di 10 persone e quelli pubblici a 25. Sospesi i matrimoni, chiuse le palestre e le piscine. L’attività dei panifici è limitata alle 10 di sera e la vendita di alcolici è proibita ovunque tra le 22 e le 6 del mattino. Improvvisamente, sono state introdotte anche le prime, salatissime multe: fino a 500 kune (66 euro) per chi non indossa correttamente la mascherina e addirittura 10.000 kune (oltre 1.300 euro) per chi invita a casa sua più di 10 persone. Per l’associazione dei ristoratori si tratta di un colpo di grazia al settore, già in crisi a causa della stagione turistica sottotono, ma a lamentarsi delle nuove multe sono stati anche i parlamentari del blocco rosso-verde che denunciano "un trasferimento della responsabilità sui cittadini".

Dopo le prime proteste durante il fine settimana, con gli imprenditori che hanno accesso simbolicamente dei ceri di fronte al ministero delle Finanze, le preoccupazioni per lo stato di salute dell’economia sembrano aver lasciato nuovamente spazio alle questioni sanitarie. Sabato è entrata in funzione la prima struttura d’emergenza: l’Arena di Zagabria, il grande palasport trasformato in ospedale. I primi 15 pazienti, provenienti da tre nosocomi cittadini, sono stati accolti ed affidati alle cure di una ventina di medici e altrettanti infermieri che costituiscono la squadra operativa dell’Arena. A marzo, questo stesso impianto, dove si trovano attualmente 500 letti, non era stato utilizzato, ma la seconda ondata del coronavirus pare aver colpito più duramente la Croazia, o averla trovata più impreparata. Notizia sempre degli ultimi giorni: anche il premier Andrej Plenković è risultato positivo al virus. Gode di buona salute, ma è in auto-isolamento.

Un suicidio e le minacce ai giornalisti

Il fatto di cronaca che tuttavia descrive meglio il contesto di pressione crescente che vive la società croata è il suicidio, questo fine settimana, di una dottoressa impiegata nei reparti Covid dell’ospedale per le malattie infettive Fran Mihaljević di Zagabria. Pochi dettagli sono stati resi noti, ma i colleghi hanno spiegato alla televisione RTL che la dottoressa "non poteva più sopportare il gran numero di decessi degli ultimi mesi". "Si era data completamente", ha commentato la direttrice del nosocomio Alemka Markotić, mentre per la presidente dell’associazione croata dei medici ospedalieri, Ivana Šmit, questa è "una situazione che va presa sul serio". "Lavoriamo sotto una pressione terribile. Il burnout è un fenomeno molto frequente in questi ultimi mesi e non mi stupirei se il carico di lavoro della mia collega fosse stato proprio il fattore scatenante", ha affermato la Šmit .

Un altro segno del clima che si respira in Croazia è quanto avvenuto a inizio settimana a Zara. Nella redazione del portale locale Zadarski.hr hanno fatto irruzione due uomini, infuriati per la pubblicazione di un articolo che denunciava l’organizzazione di un matrimonio con più di 100 invitati durante il weekend. Dopo aver accusato i giornalisti di aver erroneamente riportato i fatti (gli invitati – hanno detto i due uomini – erano solo 23), hanno minacciato di "sgozzare i giornalisti come gattini". La polizia ha già fermato un sospetto, ma il fatto rimane grave e significativo. Già durante la prima ondata della pandemia, i reporter avevano finito per pagare il prezzo della tensione generale. A Sirobuja, nei pressi di Spalato, due giornaliste erano state aggredite ad aprile per aver filmato una messa tenutasi nonostante i divieti decisi dal governo. Un gruppo di fascisti si era poi fotografato davanti alla chiesa con uno striscione che recitava “Za dom spremni” e “giornalisti vermi”.

Attesa troppo lunga

Ecco che mentre alcuni settori della società vivono una pressione insostenibile, il governo si vede obbligato ad inasprire le misure di contenimento della pandemia. Da martedì, è necessario esibire un tampone negativo per poter entrare in Croazia e si vocifera di una possibile chiusura generalizzata delle scuole. "Chiediamo misure ancora più rigide", ha dichiarato in un’intervista alla televisione N1 il presidente della contea di Varaždin, Radimir Čačić. "Tra le dieci peggiori regioni d’Europa (in termini di diffusione del virus, ndr.), sei regioni sono croate", ha denunciato Čačić. "Dieci giorni fa ho chiesto al governo di darmi degli scenari chiari, quali misure saranno prese sulla base di quali dati. Quella richiesta vale ancora. Abbiamo bisogno di un’immagine chiara", ha aggiunto il presidente della contea a nord di Zagabria.

Con oltre 50.000 persone in quarantena, quasi 2.500 ricoverate in ospedale per COVID–19 e 252 collegate ad un respiratore, la Croazia è in effetti in una situazione critica. In media, un terzo dei tamponi risultano ogni giorno positivi e la stampa si chiede se le misure introdotte dall’esecutivo non arrivino ora troppo tardi, per abbassare in fretta la curva di contagi e ricoveri ed evitare soprattutto il collasso del sistema sanitario nazionale.

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