Crisi politica in Macedonia, una strada in salita
A giugno i partiti politici macedoni raggiunsero un accordo per uscire dal vicolo cieco dello scandalo intercettazioni e porre fine alla grave crisi politica in atto nel paese. La strada dell’implementazione resta però in salita
Lo scorso giugno, dopo settimane di negoziati mediati dai rappresentanti dell’Unione Europea, i partiti politici in conflitto in Macedonia hanno raggiunto un accordo. La crisi politica e istituzionale seguita allo scandalo intercettazioni si è conclusa con il cosiddetto accordo di Przino. La stessa sera, il 2 giugno 2015, il Commissario UE per l’Allargamento Johannes Hahn, annunciando il patto fra i quattro principali partiti, ha twittato che l’accordo "è nel migliore interesse del paese e dei suoi cittadini".
L’accordo, una volta raggiunto, doveva poi essere implementato, ma non tutto è andato liscio da allora. Come accaduto durante i negoziati, anche nel processo di implementazione si annidano ostacoli e trabocchetti politici.
Negoziati politici
Nonostante si tengano alla larga dai temi più controversi e delicati, i negoziati sull’implementazione dell’accordo di Przino continuano ad incappare in continui ostacoli. L’opposizione ha criticato i partiti di governo per il mancato rispetto delle scadenze. Anche se molti dei punti dell’accordo alla fine sono stati implementati, alla luce delle esperienze passate la situazione non lascia spazio a troppo ottimismo.
Rimangono da portare a termine alcuni punti chiave, tutti strettamente connessi con il processo elettorale, fra i quali: dimissioni anticipate del primo ministro Nikola Gruevski entro il 15 gennaio, creazione di un governo ad interim che traghetti il paese verso le elezioni anticipate dell’aprile 2016, formazione e funzionamento della commissione elettorale statale e riforma dei media. Gli ultimi due punti sono i più problematici, poiché rappresentano i principali strumenti di potere dell’attuale governo.
Riforma elettorale e dei media
Il primo test è rappresentato dalla riforma dei media. Il pacchetto presentato dal mediatore UE Peter Vanhoutte prevede alcune riforme sui temi chiave affrontati dalla UE: riforma dell’emittente pubblica MRTV, regolamentazione della pubblicità governativa, risoluzione degli ostacoli sull’accesso a informazioni pubbliche e riduzione dei processi per diffamazione.
L’emittente pubblica è stata criticata per la “mancanza di autonomia dalla politica, mancanza di pluralismo e qualità dei contenuti”. Inoltre, alla luce dei passati casi di abuso degli annunci di pubblico servizio come strumento di interferenza, servono “regole stringenti sulla pubblicità governativa basate su criteri di trasparenza, obiettività e non-discriminazione”, nonché “piena trasparenza sulla pubblicità governativa (non solo in merito all’utilizzo dei fondi pubblici, ma anche al target e ai contenuti)”.
Il pacchetto prevede inoltre l’abolizione della pratica di affidare gli organi di supervisione dei media a rappresentanti dei partiti, da sostituire con rappresentanti di ONG e università, nonché multe più severe per informazione scorretta ed hate speech e meno processi per diffamazione ai giornalisti. Il team negoziatore del partito di governo ha abbandonato i colloqui e rifiutato la proposta dopo che il leader dell’opposizione aveva definito la gran parte dei media mainstream "nemici politici".
Un altro tema scottante per la risoluzione della crisi politica è la riforma elettorale, che dovrebbe aumentare “le possibilità di presentare ricorsi e appelli, assicurando un’adeguata separazione fra stato e partiti e un approccio bipartisan degli organi elettorali a tutti i livelli”. Un altro elemento importante è la revisione delle liste elettorali per verificare l’eventuale presenza di duplicati e brogli.
Doppie identità e falsificazioni
Da tempo il principale partito d’opposizione denuncia la presenza di 30mila nominativi fittizi nelle liste elettorali: si tratterebbe di persone decedute o non residenti nel paese. Il governo nega con decisione, ma le accuse hanno acquisito credibilità quando, nel dicembre 2014, il settimanale Fokus ha pubblicato sul proprio sito un’inchiesta sui trucchi elettorali dei partiti di governo, nella fattispecie un articolo e un video su una presunta stamperia illegale di passaporti in Macedonia, che sarebbero stati usati nelle elezioni politiche e presidenziali del 2014. Un secondo articolo è stato pubblicato nel novembre scorso, stavolta in merito a 105 false carte d’identità, che "una persona di cui non si può rivelare l’identità" avrebbe prodotto per le elezioni anticipate del prossimo anno.
Secondo Oliver Spasovski, nuovo ministro degli Interni ad interim proveniente dall’opposizione, il dipartimento di polizia sul crimine organizzato stava investigando su “almeno 30mila documenti falsi prodotti per le elezioni anticipate”. I documenti erano di bassa qualità, ma contenevano validi codici di identificazione presenti nelle liste elettorali. “Sarebbero stati prodotti in due località segrete, nella città di Stip e nel sobborgo di Skopje di Shuto Orizari”, riporta Balkan Insight.
Informazioni sull’uso di nominativi e documenti falsi da parte dei partiti di governo sono emerse anche in alcune intercettazioni, presentate dal principale partito d’opposizione come un’altra prova dell’uso di meccanismi incostituzionali da parte del governo per truccare le elezioni. L’OSCE, che ha monitorato le elezioni macedoni in passato, ha definito le liste elettorali “insolitamente lunghe per un paese di poco più di due milioni di abitanti”. Di conseguenza, in linea con le raccomandazioni OSCE/ODIHR, le urgenti riforme elettorali necessarie in vista delle elezioni anticipate dovrebbero includere una revisione delle liste elettorali. Le ultime notizie al riguardo sottolineano che tutte queste accuse di falsificazioni saranno esaminate dal procuratore speciale.
L’ufficio del procuratore speciale
Un punto chiave dell’accordo di Przino è la nomina di un procuratore speciale che indaghi sugli abusi connessi allo scandalo intercettazioni illegali in piena autonomia. Dopo una serie di ostruzionismi, a metà settembre l’incarico è andato a Katica Janeva, della procura pubblica di Gevgelija, che insieme al proprio team rimarrà in funzione fino a marzo 2017. Sin da prima dell’inizio delle indagini, gli ostacoli non sono mancati. Il Consiglio nazionale dei procuratori ha approvato solo la metà dei vice procuratori da lei richiesti; l’ufficio destinato al team manca di attrezzature e staff, tanto che i giornalisti sono ricevuti in un hotel di Skopje.
Al momento è stato confermato che il team indagherà su due casi di falsificazione di documenti, violazione del diritto di voto e corruzione. Secondo i media macedoni, “la prima indagine verterà su una tangente che l’ex capo dei servizi segreti Saso Mijalkov, cugino di Gruevski, avrebbe versato per velocizzare l’acquisto di equipaggiamento di sorveglianza da un’azienda israeliana”.
Il secondo caso di presunta falsificazione di documenti e violazione del diritto di voto vede sotto accusa Gruevski stesso, l’ex ministro degli Interni Gordana Jankulovska e l’ex ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni Mile Janakieski.
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