Crisi in Montenegro, Đukanović divide l’opposizione
Il premier montenegrino Milo Đukanović tenta di risolvere la grave crisi politica in atto nel paese affidando dei ministeri all’opposizione, che si rivela ancora frammentata. L’opinione di politici e analisti
La proposta di cedere all’opposizione quattro ministeri e la posizione del vice premier ha fatto in modo che il premier Milo Đukanović, al potere da 26 anni, ‘sopravvivesse’ ad un recente voto di sfiducia (proposto da lui stesso), spostando i riflettori sull’opposizione – troppo frammentata per poter concordare una risposta comune alla "generosa" offerta dell’avversario. Per gli analisti locali, sono proprio i piccoli partiti di centro ad avere il potenziale maggiore per porre le basi per il superamento della crisi politica, in atto da mesi tra proteste, litigi all’interno della coalizione governativa e una progressiva polarizzazione della società intorno all’imminente avvio dei negoziati per l’adesione alla NATO.
Dopo tre giorni di lunghe e accese discussioni in parlamento, che hanno visto la posticipazione della data prevista del voto di fiducia (25 gennaio) di due giorni, Đukanović è uscito dall’aula vincente, grazie alla promessa di cedere importanti funzioni governative all’opposizione, in modo da garantire un maggiore controllo sulle prossime elezioni politiche, previste entro l’autunno.
Con questa mossa, Đukanović si è mostrato un’altra volta degno del soprannome Britva (Rasoio) che lo accompagna dagli albori della sua carriera politica alla fine degli anni ’80, quando era ancora giovanissimo funzionario del partito comunista (prima di diventare anti-comunista, poi fedele di Slobodan Milošević e infine paladino dell’indipendenza dalla Serbia).
"Con questa proposta, Đukanović è riuscito a evitare lo scenario macedone, ossia un coinvolgimento attivo dell’UE e degli Stati Uniti nella risoluzione della crisi politica – cosa che non gli sarebbe andata a favore vista la sua lunga permanenza al potere, più lunga anche rispetto a Lukashenko in Bielorussia", ha detto a Osservatorio Balcani e Caucaso (OBC) Vladimir Žugić, caporedattore politico presso il quotidiano Vijesti di Podgorica, sottolineando che la formula di Đukanović è molto simile a quella che l’opposizione macedone ha ottenuto da Gruevski dopo le proteste, con la differenza che qui è stato lo stesso Đukanović ad anticiparla.
La svolta di Pozitivna
Ma la proposta del premier montenegrino è soprattutto frutto della scesa a patti con uno dei partiti dell’opposizione, "Pozitivna Crna Gora" (Montenegro positivo), che era entrato in parlamento con sette deputati come nuovo partito "fortemente di opposizione", in seguito alle elezioni del 2012. L’avvicinamento di Pozitivna a Đukanović, verificatosi negli ultimi mesi, e il ruolo decisivo che hanno avuto nel garantirgli la maggioranza in un momento di grande debolezza politica, in mezzo alla perdita del consenso da parte del tradizionale partner di coalizione, lo SDP, è stato visto da molti come una forma di “tradimento” o, nell’accezione meno grave, frutto di opportunismo politico.
Per Žugić, i sospetti di corruzione politica sono stati nutriti anche da "deboli" giustificazioni proposte da Pozitivna. OBC ha chiesto al capogruppo dei deputati di Pozitivna, Goran Tuponja, le motivazioni del cambio di rotta e le giustificazioni che il partito presenterà ai propri elettori.
“Siamo consapevoli di aver attratto l’insoddisfazione di quanti credono che con la caduta di Đukanović la crisi si sarebbe risolta, ma al contempo siamo fiduciosi che dopo le prime reazioni emotive chi ragiona seriamente sul futuro di questo Paese riconoscerà che la soluzione che abbiamo proposto rappresenta un enorme passo democratico", ha dichiarato Tuponja ad OBC, sottolineando che il piano, rispecchiato nella proposta presentata all’ultimo minuto da parte di Đukanović, "contiene praticamente tutte le richieste dell’opposizione riguardo le garanzie per la regolarità del processo elettorale, contro l’abuso delle risorse dello stato per scopi elettorali". “Il nostro piano porta qualcosa che l’opposizione non ha mai avuto: delle funzioni all’interno dell’esecutivo di importanza chiave per il controllo del processo elettorale”.
I dubbi del Fronte democratico
Ma secondo Andrija Mandić, membro della presidenza di Fronte Democratico (DF) – gruppo di partiti dell’opposizione che ha guidato le proteste nei mesi scorsi – la proposta di Đukanović "non corrisponde affatto alla richiesta presentata dal DF".
“Noi abbiamo richiesto un governo tecnico, non guidato da Đukanović – il principale accusato di aver rubato le elezioni fino ad ora. Invece, quello che sta succedendo ora è un classico rimpasto di governo, dove Đukanović mantiene tutto il potere, cedendo solo alcuni ministeri all’opposizione”, ha dichiarato ad OBC Mandić, per il quale le proteste rimangono l’unica soluzione valida.
"Accettando le briciole da Đukanović, che concede per dividere l’opposizione e ‘scippare’ anche le prossime elezioni, non si sta risolvendo la crisi politica, né potrà essere assicurato lo svolgimento delle prime elezioni libere", ha detto Mandić, facendo appello a quei partiti dell’opposizione che non vogliono partecipare alle proteste "di contribuire almeno con l’abbandono del parlamento, in modo da non ostacolare le nostre attività”. Il Fronte Democratico ha annunciato il prosieguo delle proteste, giudicando i tentativi da parte del resto dell’opposizione di scendere a patti con Đukanović "un piano ambizioso", ma di dubbia capacità di successo.
La voce degli analisti
Per Daliborka Uljarević del Centro per l’educazione civica (Centar za građansko obrazovanje, CGO), l’opposizione del DF va considerata anzitutto come quella di un gruppo politico che ha come scopo il cambiamento dell’orientamento del paese in politica estera – essendo di orientamento filo-russo – e contrario all’adesione alla NATO, promossa fortemente sia dal governo di Đukanović che da alcuni partiti dell’opposizione, come la stessa Pozitivna.
"Il DF si vede come leader dell’opposizione, alla quale dovrebbe imporre i propri valori", ha dichiarato la Uljarević ad OBC, "Anche se durante le proteste nemmeno il Fronte democratico pensava ad un governo tecnico senza il partito di Đukanović ".
La Uljarević sottolinea che il DF e il DPS di Đukanović sono due realtà con visioni ideologicamente opposte, che come tali "di fatto si nutrono politicamente l’una dell’altra", rischiando di trascinare la società montenegrina in un vortice sempre più profondo di polarizzazione ideologica (NATO e no-NATO, Russia vs. Occidente). "Questo scenario negativo potrebbe destabilizzare il Montenegro e rallentare il processo di integrazione euro-atlantica", sottolinea la Uljarević.
Secondo l’analista del CGO, a possedere "un enorme potenziale politico" sono i partiti di orientamento civico situati al centro dello spettro politico, (tra cui Demos di Miodrag Lekić, URA, Democratici, SNP e SDP), che dovrebbero però superare il problema di "frammentazione e incapacità di raggiungere un accordo comune, che sta creando un alto grado di imprevedibilità sulla scena politica locale".
Žugić di Vijesti concorda che SDP, Demos e URA, che in questi giorni stanno negoziando possibili soluzioni con Đukanović partendo dalla sua proposta, hanno una visione "molto concreta e seria", che include la richiesta di estendere il controllo dell’opposizione su 16 istituzioni pubbliche nelle quali si sono verificate le maggiori irregolarità durante le scorse elezioni, oltre al cambio del management della TV pubblica, RTCG, attualmente vista come "organo di propaganda" del partito di Đukanović .
"Da un lato Đukanović non può permettersi di rifiutare tutte le richieste che gli vengono presentate – dall’altro, l’opposizione rischierebbe di uscire perdente se a sua volta rifiutasse la proposta del premier, perché avrebbe difficoltà a spiegare agli elettori e alla comunità internazionale la decisione di non accettare un’offerta ‘cosi generosa’", ha concluso Žugić.
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