Crisi in Bielorussia: reazioni contrastate nei Balcani
La crisi in Bielorussia divide i Balcani e sono in molti a mantenere buone relazioni con il regime di Minsk. Su tutti Serbia, Montenegro e Milorad Dodik, membro serbo della presidenza tripartita bosniaca, che ha accolto con entusiasmo la contestata rielezione di Lukashenko
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 20 agosto 2020)
La prima reazione ufficiale arrivata dalla Serbia è stata quella del ministro della Difesa, Aleksandar Vulin, che ha negato qualsiasi coinvolgimento dei soldati serbi nella repressione delle proteste in Bielorussia. Una voce diffusa dall’analista bielorusso Franak Viačorka. Secondo il ministro serbo, la foto pubblicata su Twitter risalirebbe al 2018, quando i soldati serbi hanno effettivamente partecipato a esercitazioni congiunte con i bielorussi nella regione di Kraljevo. Aleksandar Vulin ha tuttavia ammesso che nove soldati serbi stavano attualmente partecipando ad un addestramento del poligono di tiro ci Brest (Bielorussia occidentale).
La Serbia intrattiene ottimi rapporti con la Bielorussia e Alexander Grigorievich Lukashenko ha visitato Belgrado per l’ultima volta ai primi di dicembre del 2019, quando ha sottoscritto diversi accordi bilaterali e numerosi contratti commerciali. Il presidente bielorusso aveva in quell’occasione sottolineato che il suo paese sosteneva la Serbia "nella difesa della sua integrità territoriale", non riconoscendo l’indipendenza del Kosovo. Il capo di stato bielorusso ha anche visitato la Serbia nel 2014 e nel 2009. Dal 2015 la Serbia prende parte regolarmente a esercitazioni militari congiunte con Bielorussia e Russia, sotto il nome di Slovensko Brastvo ("Fratellanza slava").
Diverse ONG serbe, tra cui il Centro per i diritti umani di Belgrado e la Iniziativa dei giovani per i diritti umani (YIHR), hanno manifestato solidarietà con i manifestanti bielorussi. Per gli attivisti di Iniziativa, "nessuna amicizia è possibile con il presidente" di questo paese, "che sacrifica la vita e le libertà dei cittadini per rimanere al potere a tempo indeterminato", ed hanno chiesto al governo serbo di sospendere la cooperazione militare con Minsk.
Milorad Dodik, membro serbo della presidenza collegiale della Bosnia Erzegovina, ha accolto con entusiasmo la contestata rielezione di Alexander Lukashenko: “È un grande onore e un piacere inviarle le mie più sentite congratulazioni. Non vedo l’ora di continuare la nostra cooperazione bilaterale e multilaterale e sono fiducioso che continueremo a lavorare per rafforzare le relazioni amichevoli e fraterne tra i nostri popoli in tutti i campi”. Una dichiarazione che ha subito suscitato forti reazioni. Igor Crnadak, il ministro degli Affari Esteri della Bosnia ed Erzegovina (Partito del progresso democratico, PDP) gli ha chiesto sulla sua pagina Facebook di ritirarla.
Al contrario la Macedonia del Nord si è unita senza esitazione alle posizioni dell’Unione europea. Sebbene il nuovo governo Zoran Zaev debba ancora essere formato, il ministro degli Esteri uscente Nikola Dimitrov ha espresso su Twitter il suo sostegno ai manifestanti e all’introduzione di sanzioni contro la Bielorussia. "La loro determinazione per il cambiamento democratico, espressa nel modo più pacifico, rende i cittadini della Bielorussia gli eroi dell’Europa di oggi", scrive Nikola Dimitrov, accogliendo con favore le sanzioni europee.
Infine, il ministero degli Affari Esteri del Montenegro ha dichiarato che sta monitorando la situazione "con grande attenzione", ma sembra piuttosto imbarazzato. Paese candidato all’integrazione europea, il Montenegro afferma di sostenere "tutte le misure" che l’UE prenderà, ma Podgorica non ha cattivi rapporti con il regime di Minsk, che ha riconosciuto l’indipendenza del Montenegro nel 2006. La Bielorussia e il Montenegro hanno in comune l’eccezionale longevità dei loro leader politici: Milo Đukanović è salito al potere nel 1991, Alexander Lukashenko nel 1994.
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