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Crimini di guerra in Bosnia: processi infiniti

Un recente rapporto della Missione OSCE in Bosnia Erzegovina evidenzia i ritardi nell’attuazione della strategia per il perseguimento dei crimini di guerra. Il rischio è che i processi – ostaggio delle tensioni politiche interne – si protraggano per  anni

20/12/2022, Massimo Moratti -

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(Originariamente pubblicato da JusticeInfo )

Il perseguimento a livello nazionale dei crimini di guerra in Bosnia Erzegovina (BiH) è stato messo in moto nel 2003 dalla Risoluzione 503 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, che delineava la strategia di completamento del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY). La risoluzione invitava “la comunità internazionale ad assistere le giurisdizioni nazionali […] nel migliorare la loro capacità di perseguire i casi trasferiti dall’ICTY”. Più concretamente, una camera speciale con sede a Sarajevo all’interno della Corte di Stato della Bosnia Erzegovina è stata designata a giudicare le accuse di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale, non solo per la Bosnia, ma anche per i Paesi limitrofi, in particolare Croazia, Serbia e Montenegro.

Il perseguimento dei crimini internazionali a livello statale in Bosnia Erzegovina (BiH) è iniziato nel 2005, diretto dal Dipartimento per i crimini di guerra della Corte della BiH e dall’Ufficio del procuratore della BiH. Fino al 2012 questi due organismi hanno operato in maniera ibrida, con giudici e pubblici ministeri internazionali che lavoravano a fianco dei cittadini in entrambi.

Alla fine di dicembre 2008 è stata adottata la Strategia nazionale per il trattamento dei crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, con l’obiettivo di trattare i casi più complessi entro il 2015 e completare il lavoro complessivo entro il 2023. I casi di crimini di guerra sono stati assegnati al tribunale statale della BiH, incaricato di perseguire i principali responsabili, e ai tribunali delle due entità (la Federazione di Bosnia Erzegovina e la Republika Srpska) oltre al distretto di Brčko.

Quasi 10.000 sospettati per crimini di guerra

Nel 2008 la strategia sui crimini di guerra ha identificato un totale di 1.781 casi che hanno coinvolto 9.879 sospettati. Inoltre, vi sono stati 2.692 casi in cui gli autori erano sconosciuti e 517 casi in cui non era chiaro se si trattasse di un crimine di guerra. La strategia prevedeva la cooperazione regionale tramite memorandum d’intesa fra le diverse procure in Bosnia Erzegovina, Serbia e Croazia, ma ha lasciato irrisolte alcune questioni chiave come possibili autori con doppia cittadinanza o potenziali procedimenti penali contro le stesse persone in più di un paese.

Un anno dopo l’adozione del piano, un gruppo di lavoro ad hoc ha iniziato a redigere una strategia di giustizia di transizione che è stata finalizzata, ma mai adottata dal Consiglio dei ministri (governo della BiH), principalmente a causa del disaccordo dei partiti politici che rappresentano i tre principali gruppi etnici della Bosnia Erzegovina. La strategia , che avrebbe dovuto integrare quella sui crimini di guerra, mirava a creare una piattaforma sostenibile per stabilire fatti sul passato e, sviluppando una mentalità del "mai più", ha cercato di prevenire il ripetersi del conflitto.

Dopo i primi anni, tuttavia, la strategia sui crimini di guerra ha dovuto essere rivista. Era chiaro che a quel ritmo non avrebbe potuto raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi e scadenze. Nell’aprile 2017 il Consiglio dei ministri ha incaricato un gruppo di lavoro di emendare la strategia. A maggio 2018 si è arrivati alla "Strategia nazionale revisionata per il trattamento dei crimini di guerra", che ha preso atto che il termine iniziale era già scaduto e ha fissato il completamento di tutti i casi in Bosnia Erzegovina, compresi quelli più complessi, entro la fine del 2023.

Una strategia revisionata e ritardata

Secondo la strategia revisionata, nel 2018, 780 casi che coinvolgono 5.390 persone sono rimasti pendenti davanti alle diverse procure, ma non si menzionano i casi già arrivati al processo. Pur ribadendo l’impegno a portare a termine tutte le cause, si è preso atto del fatto che il meccanismo di attribuzione delle cause ai diversi tribunali non funzionava e che, nonostante gli impegni precedenti, le risorse per la sua attuazione, comprese le risorse umane, erano ancora carenti.

La strategia riconosceva inoltre che la cooperazione regionale rimane un problema. Mentre i casi più numerosi e complessi si erano svolti in Bosnia, i paesi vicini avevano giudicato casi relativi a crimini avvenuti in Bosnia-Erzegovina, anche se la maggior parte delle prove, delle vittime e dei testimoni di quei casi si trovava in Bosnia-Erzegovina. Ma il fatto che molti presunti autori di crimini commessi in Bosnia abbiano la cittadinanza croata o serba ha impedito ai paesi vicini di estradare quelle persone in Bosnia-Erzegovina, anche se incriminati. I contatti e gli accordi di coordinamento firmati non sono stati sufficienti a risolvere i problemi.

Ancora una volta le crescenti tensioni politiche caratterizzano la Bosnia da molti anni hanno influenzato l’attuazione della strategia revisionata. Il perseguimento dei crimini di guerra rimane un argomento molto delicato. Di conseguenza, la strategia rivista è stata adottata dal Consiglio dei ministri della BIH solo nel settembre 2020, due anni e mezzo dopo la sua stesura. Peggio ancora, a causa di lotte politiche interne, il nuovo organo di controllo, il cui ruolo era stato rafforzato nella strategia rivista, non è stato finora nominato.

Tuttavia, il perseguimento dei crimini di guerra è ancora considerato una delle priorità chiave per il cammino europeo della Bosnia-Erzegovina. Nel maggio 2019 la Commissione europea ha pubblicato il suo parere sulla domanda di adesione della BiH e ha fatto chiaro riferimento alla questione dei procedimenti per crimini di guerra e all’arretrato dei casi. Inoltre, la creazione di un ambiente favorevole alla riconciliazione per superare le eredità della guerra è stata considerata dalla Commissione europea come una delle 14 condizioni che il paese dovrebbe soddisfare per sperare di diventare un membro dell’UE.

Centinaia di cause ancora pendenti

L’ufficio del procuratore della BiH e il tribunale della BiH forniscono solo informazioni generali sulle loro attività. Non sono disponibili informazioni sugli effettivi progressi nell’attuazione della strategia revisionata. La Missione OSCE in Bosnia-Erzegovina, tuttavia, ha seguito da vicino i procedimenti interni per crimini di guerra e ha pubblicato una serie di rapporti in merito.

L’ultimo, pubblicato a giugno 2022, ha fatto suonare un campanello d’allarme. Diciotto mesi prima della data annunciata per il completamento della strategia, i progressi sono stati insufficienti e troppo lenti. Al ritmo attuale, si stima che saranno necessari altri sei anni per completare i lavori.

Nel periodo 2004-2008 sono stati finalizzati in totale 89 procedimenti per crimini di guerra, riguardanti 136 imputati: una media di 18 casi all’anno. Nel decennio successivo (2009-2019), in tutto il paese sono stati completati 555 casi (che hanno coinvolto 842 imputati), per una media di circa 55 casi all’anno. Ci sono attualmente 245 cause in corso dinanzi ai tribunali della BIH. Tuttavia, questo è solo un quadro parziale in quanto non tiene conto dell’arretrato di indagini presso le diverse procure. Alla fine del 2021 le procure avevano risolto il 59% dell’arretrato di 1.210 indagini registrato nel 2014 dall’OSCE e 495 indagini (per 4.284 potenziali sospetti) erano ancora pendenti. Se le accuse saranno confermate in quei casi, molti potrebbero effettivamente finire in tribunale, aggiungendosi all’arretrato esistente dei processi in corso.

Lo scorrere del tempo

Il numero di incriminazioni è diminuito costantemente dal 2014 al 2021. Oltre al ritmo del completamento della strategia, l’OSCE segnala con preoccupazione un progressivo deterioramento della qualità delle indagini e delle incriminazioni, sottolineando che il meccanismo per identificare i casi meno complessi e assegnarli ai tribunali distrettuali non è stato effettivamente implementato. Rileva inoltre che la nomina dei pubblici ministeri non sempre segue criteri di merito, ma riflette a volte la necessità di rispettare le quote etniche.

Nonostante gli accordi firmati e una serie di attività congiunte che continuano tuttora, la cooperazione regionale ha continuato a risentire della politicizzazione dei casi e delle sensibilità nazionali. Questa situazione interessa circa il 35% dei casi arretrati presso le procure e il 38% dei processi pendenti dinanzi a tutti i tribunali della Bosnia Erzegovina. In 94 dei 245 processi pendenti dinanzi ai tribunali della BIH, circa 100 imputati non possono essere portati in tribunale perché si trovano in Serbia o in Croazia, dove godono della doppia nazionalità.

Il passare del tempo è un altro fattore chiave che gioca contro la strategia: sono passati 30 anni dall’inizio del conflitto. Le vittime e i testimoni potrebbero avere difficoltà a ricordare i dettagli chiave degli eventi o potrebbero semplicemente non essere più presenti a testimoniare.

Aumento delle tensioni politiche

Se le indagini, le azioni penali e i processi sono in corso da decenni e le condanne sono diventate una realtà in Bosnia Erzegovina, rimane poco chiaro il loro impatto sulla vita odierna nel paese. Questioni come il genocidio di Srebrenica rimangono profondamente controverse, con le autorità serbo-bosniache e serbe che qualificano costantemente Srebrenica come “terribile crimine” anziché come genocidio. Si sono verificati numerosi casi in cui strade ed edifici pubblici sono stati intitolati a imputati per crimini di guerra o criminali di guerra condannati. Gli stessi criminali di guerra, dopo aver scontato la pena, non rifuggono dall’apparire in pubblico, rivolgersi liberamente al pubblico durante le manifestazioni politiche o candidarsi a cariche pubbliche in Bosnia.

A luglio 2021, la situazione ha spinto l’Alto rappresentante per la Bosnia Erzegovina (il funzionario internazionale che sovrintende all’attuazione dell’accordo di pace del 1995 in Bosnia) a emettere una decisione che criminalizza la negazione e il condono del genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. La sua decisione ha ulteriormente esacerbato le tensioni in Bosnia, con rinnovati appelli alla secessione da parte dei leader della Republika Srpska (RS), l’entità serbo-bosniaca in Bosnia Erzegovina, e rinnovati timori di conflitto. Più di recente, la città di Banja Luka, il centro principale della RS, e numerosi altri comuni della RS hanno finanziato un controverso film del cineasta serbo-canadese Boris Malagurski, che descrive la creazione della Republika Srpska come una secolare “lotta per la libertà”, omettendo i crimini di guerra avvenuti nella regione che hanno causato lo sfollamento dei non serbi dalla Republika Srpska. Il film è stato accusato dalle associazioni delle vittime di guerra di negazione del genocidio di Srebrenica e dei crimini commessi dalle forze serbo-bosniache, divenendo oggetto di diverse petizioni in tutta Europa affinché si vietassero le proiezioni.

La giustizia è prevenzione?

Lo scorso dicembre, il relatore speciale delle Nazioni unite sulla promozione della verità, della giustizia, del risarcimento e delle garanzie di non ripetizione ha ritenuto necessario esprimere le sue preoccupazioni e ha esortato le autorità bosniache a porre fine all’odio, alla negazione del genocidio e all’esaltazione dei crimini di guerra.

Le narrazioni divisive, la negazione dei crimini di guerra e il sostegno più o meno aperto ai criminali di guerra sono molto presenti oggi in Bosnia Erzegovina e nella vicina Serbia , nonostante il perseguimento dei crimini di guerra vada avanti da quasi 30 anni. Molte persone in Bosnia sono considerate criminali di guerra da un gruppo etnico ed eroi da un altro, indipendentemente dalle condanne penali emesse dai tribunali nazionali o internazionali. Questa realtà mette in discussione ciò che è stato affermato nella strategia della procura nazionale, secondo cui “prevenire l’impunità e affrontare i recenti eventi bellici è considerata una delle precondizioni fondamentali per la graduale riconciliazione e il progresso della Bosnia Erzegovina”. Anche se la strategia alla fine sarà completata, avverrà isolatamente e non sarà supportata da una più ampia strategia di giustizia di transizione. Le prove suggeriscono che il suo impatto sulla riconciliazione nazionale sarà profondamente limitato, indipendentemente dal fatto che ci siano sei anni in più di processi o meno.

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