Crimini di guerra: al tribunale di Belgrado il caso Sjeverin
È iniziato a Belgrado uno dei primi processi per crimini di guerra esaminati da un tribunale locale. Si tratta del caso Sjeverin, di cui ci eravamo già occupati in precedenza. Nel testo che segue trovate l’andamento dei primi giorni del processo.
Articolo da Pancevo di Ljubisa Vrencev..
I familiari dei 17 cittadini di nazionalità musulmana uccisi a Visegrad si sono presentati, lunedì 20 gennaio 2003, davanti al 22 ottobre 1992. I familiari hanno inoltre ribadito che le informazioni disponibili sono veramente esigue e che per anni non sono stati in grado di ottenere alcun appoggio e comprensione da parte delle autorità serbe nei disperati tentativi di risolvere il caso.
Le dichiarazioni dei familiari
La dichiarazione più impressionante è stata rilasciata da Nusret Dzihic, fratello di Esad, rapito e ucciso insieme con tutti gli altri nel ’92. Egli ha raccontato che su quell’autobus c’era suo figlio Admir, all’epoca tredicenne, che rimase nell’autobus perché uno dei passeggeri più anziani (un serbo) lo protesse facendo credere ai rapitori che Esad fosse suo figlio. Dopo aver raggiunto la sua abitazione, Admir informò i parenti di quanto era accaduto sull’autobus, dicendo inoltre chi erano i passeggeri che furono portati via. Qualche tempo dopo, una donna si avvicinò a lui e lo mise in guardia, dicendogli che sarebbe stato meglio se se ne fosse andato dal villaggio dove aveva vissuto coi suoi familiari perché ora poteva essere in pericolo e persino rapito nuovamente. Dopo di che la famiglia Dzihic lasciò la propria abitazione e andò a vivere a Novi Pazar. Nusret disse di conoscere, ancora prima della formulazione dell’accusa, Dragutin Dragicevic e Djordje Sevic, ed inoltre di conoscere molto bene anche gli altri due accusati, Milan Lukic e Oliver Krsmanovic, ancora latitanti. Nusret ha fatto inoltre riferimento ad un certo Miomir Sevic, anch’egli coinvolto nel sequestro, ma non sulla lista degli accusati.
Ibrahim Sebo di Kragujevac, il cui fratello Mehmed fu ucciso, ha dichiarato che nonostante in quel tempo non vivesse in quella zona, aveva sentito da suo fratello che quei luoghi erano battuti da diverse unità paramilitari. Quattro giorni prima del tragico episodio, Mehmed gli aveva detto che proprio a causa di ciò aveva paura ad andare al lavoro.
I familiari hanno inoltre dichiarato che il rapimento era stato pianificato con un certo anticipo.
Le dichiarazioni di alcuni testimoni
Nella seconda giornata, il processo ha continuato con le testimonianze di Biljana Bojovic, Milan Timotic e Milivoje Udovicic.Milivoje ha detto che i rapitori lo hanno fermato nei presi del villaggio di Uvac e gli hanno chiesto in prestito del carburante dal momento che l’autobus si era fermato. "Mentre stavo andando fuori per dargli la benzina qualcuno la trovò fuori dal camion e decisero di continuare verso Strpci dove li ritrovai più tardi. Stavano cercando di persuadere qualcuno a farsi trainare e gli offrii il mio aiuto. Non sapevo che c’erano delle persone dentro l’autobus. Quando iniziai a tirare il loro mezzo, tre uomini salirono sul mio camion. Gli chiesi ‘da dove venite?’ e uno di loro mi disse ‘dalla Serbia’. Allora chiesi, da che parte della Serbia e loro replicarono ‘ti basti sapere che veniamo dalla Serbia’. Dal momento che non li trainai su per la collina decisero di far partire il loro mezzo e di procedere ulteriormente", ha detto Udovicic di fronte alla Corte. Egli ha inoltre spiegato che più tardi vide i rapitori in cima alla collina di Bijelo. Alla domanda sul perché non ha avvisato la polizia di quanto aveva visto, Udovivic ha detto che quei tempi erano molto difficili e che nel caso in cui avesse parlato dell’accaduto probabilmente oggi non sarebbe a testimoniare di fronte al tribunale.
Biljana Bojovic, che era il controllore dell’autobus, ha confermato che un gruppo di persone mascherate fermò l’autobus tra i villaggi di Ustibar e Mioca e che esaminarono i documenti dei passeggeri. Dopo di che tirarono fuori dall’autobus alcuni passeggeri, tutti in quel momento avevano paura e rimasero in silenzio. Biljana ha inoltre affermato di non essere a conoscenza del fatto che tutti i passeggeri di nazionalità musulmana dovessero avere il permesso per poter viaggiare liberamente tra Sjeverin e Priboj. Dopo il sequestro il bus raggiunse la stazione di Priboj e la Bojovic cambiò mezzo e continuò il suo lavoro su un altro autobus che stava viaggiando sulla linea per Rudo "questo perché c’erano pochi controllori", ha detto la Bojovic. Ella apprese del rapimento dall’autista e ha affermato inoltre che le persone scese dall’autobus non sono più risalite.
Il terzo testimone chiamato in causa è il fotoreporter Milan Timotic, il quale ha dichiarato di non ricordare nulla. Egli ha detto di essere stato duramente pestato durante gli eventi del 5 ottobre 2000 a Belgrado (giorno della caduta di Milosevic e della ‘rivoluzione di velluto’). È strano che di fronte al procuratore abbia prima detto di aver avuto tre mesi fa diversi incidenti con la macchina e che ora non è in grado di ricordare nulla circa i fatti accaduti. Timotic non è stato in grado di riconoscere nessuno dalle foto che gli sono state mostrate e, alla domanda diretta se fosse in grado di riconoscere se stesso nelle foto, Timotic ha detto che il procuratore Vukcevic ha esercitato pressioni offrendogli la protezione e che a causa di ciò lo ha confuso. "Non ho bisogno di protezione dal momento che non ricordo nulla", ha concluso Timotic.
Le dichiarazioni delle ONG
Il processo è proseguito nella sessione a porte chiuse con l’ascolto dei testimoni sotto protezione. Solo pochi rappresentati di ONG hanno seguito questa fase. I testimoni sono stati posti ad un esame incrociato da parte del giudice, del procuratore e dagli avvocati dei familiari delle vittime. "La mia impressione è che i testimoni abbiano rilasciato delle valide dichiarazioni e nuove evidenze sui crimini commessi", ha detto Natasa Kandic del Fondo per i diritti umani, la quale ha seguito la sessione come rappresentate dei familiari delle vittime. Secondo quanto detto dalla Kandic, il procuratore ha proposto alla corte di far chiamare a testimoniare alcuni dei passeggeri che erano sull’autobus. Tra coloro che dovrebbero essere chiamati a testimoniare è stato nominato il colonnello Luka Dragicevic, al tempo comandante della Podrinjska Brigata e la donna che era tra i civili nell’hotel di Vilina Vlas, il luogo dove le vittime sono state torturate, che può essere visto nelle foto utilizzate come prova materiale. Il processo continuerà nei prossimi giorni.
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