Crimea: le preoccupazioni di Nils Muižnieks
Dopo la visita dello scorso settembre in Crimea, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks ha diffuso oggi un rapporto in cui rileva numerose violazioni di diritti umani, un grave clima di intimidazione e attacchi contro i giornalisti. Una nostra intervista
Il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, ha diffuso oggi un rapporto sulla sua recente visita in Crimea. Dalle 15 pagine del documento emerge una gravissima diminuzione della tutela dei diritti umani dopo l’annessione da parte della Russia. La minoranza etnica dei Tatari e la componente della popolazione di etnia ucraina, secondo il rapporto, risentono in maniera particolare di un clima di russificazione, ma le intimidazioni e le persecuzioni colpiscono anche giornalisti e attivisti critici verso le nuove autorità.
Lei ha visitato la Crimea all’inizio di settembre. Che situazione ha trovato?
Ho ricevuto informazioni molto credibili su due omicidi a sfondo politico, tre sparizioni fino al momento della mia visita e altre due dopo la mia visita, per un totale di cinque sparizioni. Si tratta di casi molto gravi, anche perché causano timore nella popolazione in Crimea. Sono ora oggetto di indagine da parte delle autorità russe e spero di vedere risultati molto presto.
Le violazioni sono riportate sono molte, ma sembra che la situazione più grave riguardi le minoranze etniche
La mia preoccupazione principale riguarda i Tartari della Crimea. La loro popolazione ha avuto una storia molto tragica. Le loro organizzazioni religiose, le loro scuole, le loro moschee, le loro imprese, il Mejlis (la loro assemblea rappresentativa, nda) sono stati sottoposti a intimidazioni, perquisizioni e persecuzioni. Sono azioni non necessarie e sproporzionate, che inviano un messaggio di paura ai tartari della Crimea
Tuttavia, le autorità locali hanno espresso l’intenzione di migliorare la situazione dei Tartari. Hanno suggerito qualche azione concreta?
Ho parlato con molti membri del Mejlis che collaborano con le autorità – diciamo filogovernativi – che hanno citato i molti investimenti promessi nelle infrastrutture, nelle abitazioni, nella cultura. Ma credo che le tattiche oppressive dell’Fsb sui legittimi capi della comunità tartara sono causa di grande preoccupazione. Sembra che sia in atto un tentativo di dividere e governare, ma sono convinto che questo non può che portare a maggiori problemi relativi ai diritti umani. Penso che – nonostante quanto verrà investito in infrastrutture e cultura – sottoponendo i leader religiosi, la scuola, il Mejlis a continue perquisizioni può inviare solo un enorme segnale intimidatorio a tutta la comunità.
Secondo il rapporto, quasi tutte le vittime si erano distinte per critiche all’annessione russa, cosa che punta il dito contro le autorità. Pensa che indagini e processi imparziali secondo il diritto della Corte europea dei diritti dell’uomo sia possibile nel contesto istituzionale della Crimea?
Questa è una risposta difficile. Il quadro giuridico della Crimea, se chiedete agli ucraini è la legge ucraina e se chiedete ai russi è la legge russa, ma penso che sia chiaro che sono i russi a esercitare il controllo effettivo della penisola. Un’altra cosa che è chiara è che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo si applica tuttora in Crimea. Penso che le autorità russe abbiano la possibilità di mostrare la loro buona volontà chiedendo ai responsabili di rispondere degli omicidi a sfondo politico e delle sparizioni. Manderò un segnale rassicurante non solo alla comunità locale, ma anche a livello internazionale. Spero di vedere risultati rapidi.
L’arcivescovo della Chiesa ortodossa ucraina ha detto molte chiese sono state loro sottratte, l’ucraino nella scuole sta scomparendo, e poi c’è la cosiddetta "passaportizzazione" russa. Possiamo parlare di russificazione della Crimea?
La russificazione non è una questione di diritti umani in sé. Lo sono però le pressioni su tutte le minoranze etniche e religiose. Non credo che i genitori si sentano a proprio agio e sicuri nell’esprimere il desiderio che i propri figli siano educati in ucraino, e questo è uno dei motivi per cui la diffusione della lingua ucraina è i calo. C’è poi un certo numero crescente di persone aggredite o molestate per aver parlato ucraino in luoghi pubblici; anche giornalisti e attivisti ucraini hanno riferito pressioni e vessazioni. Inoltre, con riferimento alla "passaportizzazione"- cioè l’automatica acquisizione della cittadinanza russa in caso di mancata rinuncia espressa – va detto che è molto difficile se non impossibile, per le persone che non vogliono diventare cittadini russi, prendere una decisione informata. Le conseguenze giuridiche del prendere o meno la cittadinanza russa, poi, sono tutt’altro che chiare.
Sono stati segnalati attacchi e intimidazioni contro i giornalisti. Vuol dire che la libertà dei media è ancora un obiettivo lontano?
Quello che mi preoccupa non è la chiusura di alcuni media, ma le intimidazioni a quelli ancora in funzione. Il rischio più comune è la violazione della legge russa sull’"estremismo". Questa legge pone di per sé molti problemi, perché la definizione di "estremismo" è ampia e vaga. In generale, lo spazio per il giornalismo critico in Crimea si è ridotto e qualsiasi abuso che non viene punito invia un ulteriore preoccupante segnale ad altri giornalisti.
Nel rapporto lei fa riferimento a un’altra questione aperta, quella delle forze di autodifesa.
Sono molto preoccupato per la questione delle forze di autodifesa. Le loro funzioni non sono del tutto chiare, né la loro esistenza è prevista dalla legge ucraina o russa. Sembrano avere un mandato in bianco. Ho ricevuto una serie di testimonianze del loro coinvolgimento in casi di rapimenti e altre gravi violazioni dei diritti umani. Questo problema è molto grave. Il presidente della repubblica di Crimea, Sergej Aksionov, e le altre autorità locali hanno affermato che c’è un problema che riguarda le forze di autodifesa, ma hanno anche detto che sono una efficace forza di polizia e che continueranno a operare. Sono convinto che questo sia un grosso errore.
Le organizzazioni per i diritti umani devono affrontare molti ostacoli per avere accesso in Crimea. Per il Consiglio d’Europa è stata fatta un’eccezione.
Io, in quanto commissario del Consiglio d’Europa, sono in una posizione di particolare vantaggio, perché il mio mandato è molto vasto. Penso che sia le autorità russe che ucraine lo abbiano compreso, e per questo mi hanno consentito di andare. Ma ci sono altre istituzioni che si trovano in una posizione più difficile. Mi auguro che la mia visita aprirà la porta anche agli altri, in particolare alle Nazioni Unite che hanno svolto un ottimo lavoro in Ucraina.
Qual è il prossimo passo dopo questo rapporto? È in agenda una visita in Donbass?
La popolazione della Crimea non deve essere lasciata sola. Penso che regolari missioni di osservatori internazionali siano assolutamente essenziali. Io intendo continuare il mio dialogo con le autorità ucraine e russe, con i difensori civici da entrambi i lati, e di promuovere una maggiore comunicazione tra loro.
Ho intenzione di tornare in Ucraina nel mese di dicembre e, se la situazione della sicurezza me lo permetterà, di monitorare la situazione dei diritti umani nell’est del Paese.
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