Covid-19 e aiuti russi in Lombardia: la narrazione dei media italiani
Cooperazione o interferenza? La presenza militare russa sul territorio lombardo è stata oggetto di dubbi, scontri e narrazioni contrastanti sui media italiani
Il 7 maggio il contingente militare russo, composto da medici, sanificatori e infermieri, ha lasciato la Lombardia dopo due mesi di interventi a sostegno della regione più colpita dall’emergenza coronavirus.
Il personale sanitario era arrivato da Mosca a fine marzo, nell’ambito di un’operazione gestita dal ministero della Difesa russo. Gli interventi si sono concentrati soprattutto nella sanificazione di oltre 120 RSA nelle province di Bergamo e Brescia, quindi nelle zone e nei luoghi maggiormente colpiti dall’epidemia e simbolo del devastante impatto del Covid-19, nonché degli errori nella gestione dell’emergenza
Nel discorso di commiato, l’ambasciatore russo in Italia Sergej Razov non ha mancato di fare riferimento allo scontro fra il governo di Mosca e il quotidiano La Stampa sulla natura e le finalità degli aiuti. Più in generale, tuttavia, l’intervento russo ha sollevato nei media italiani dubbi sulla propria natura e narrazioni contrastanti a seconda dell’orientamento geopolitico di riferimento, inserendosi al contempo nel generalizzato discorso militaristico sviluppatosi attorno alla pandemia e alla sua gestione.
Le preoccupazioni della NATO e lo scontro con La Stampa
Nel mese di aprile diversi quotidiani mainstream, a partire dal Corriere della Sera, hanno riportato le preoccupazioni del generale statunitense Tod Wolters, Comandante Supremo dell’Alleanza Atlantica in Europa, che ha definito la presenza russa in Italia "fonte di preoccupazione" parlando di "maligna influenza russa" . È evidente, continuava l’articolista del Corriere, "che dietro l’epidemia di coronavirus si sta giocando una partita geopolitica cruciale, nella quale la Russia (e la Cina) provano a sfruttare le debolezze dei Paesi europei per allargare la propria sfera di influenza".
Sempre La Stampa aveva riportato le dichiarazioni del dissidente campione di scacchi Kasparov, che aveva definito l’intervento russo "un’operazione militare e di intelligence, non certo un aiuto umanitario. Putin, inviando oltre 100 soldati in Italia, si era posto due obiettivi: vincere una campagna di pubbliche relazioni e al tempo stesso installare la propria intelligence sul territorio di un paese Nato […] Putin sta affrontando la crisi globale della pandemia come una guerra ibrida, in cui si esporta instabilità in un momento di crisi per l’Occidente".
Alcuni articoli, in particolare a firma di Jacopo Iacoboni sui "timori di un’occupazione russa in Italia" sul La Stampa , hanno messo in discussione la natura dell’intervento russo (considerato più militare e di mappatura che di solidarietà, sia per l’affiliazione del contingente medico sia perché tra i medici militari vi sarebbero ufficiali dell’intelligence russa ), nonché la sua effettiva utilità (facendo riferimento ad un’ipotizzata scarsa qualità e pertinenza delle attrezzature fornite e alla copertura del volo aereo da parte dello Stato italiano). È nota a tutti la reazione di Mosca tramite il portavoce del ministero della Difesa, il generale Igor Konashenkov, che ha accusato il quotidiano di Torino di russofobia e disinformazione. Infine, in una salomonica nota congiunta , il ministero della Difesa e il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale hanno precisato la composizione del contingente russo e delle forniture, ringraziando Mosca per gli aiuti e criticando tuttavia i toni usati nella replica a La Stampa.
Senza entrare nel merito della natura e validità dell’intervento russo, quello che ci interessa osservare in questa sede è il comportamento dei media nell’ambito di una "partita geopolitica nella pandemia" che ovviamente esiste, in quanto ogni paese cerca di accreditarsi sulla scena internazionale e affermare vecchie e nuove influenze (questo commento di Nicola Pedrazzi, ad esempio, ha cercato di contestualizzare la solidarietà del governo albanese). Tuttavia, il racconto che i media italiani fanno di questo esercizio di influenza è, prevedibilmente, spesso parziale e determinato dal proprio orientamento. Nell’articolo citato più sopra, ad esempio, il Corriere tesse le lodi dell’intervento NATO a discapito di quello russo, mentre il Manifesto ha raccontato estesamente come la piccola Cuba sia stata in grado di inviare aiuti non solo all’Italia , ma a svariati altri paesi, grazie alla qualità e universalità del proprio sistema sanitario. Altri media, d’altro canto, guardano con favore alla presenza russa e al dispiego di forze da parte di Mosca. Proviamo a vedere chi sono.
Tra russofilia e antieuropeismo
A presentare l’intervento russo in una luce del tutto diversa è, ad esempio, un articolo de il Giornale , corredato dai ringraziamenti di Silvio Berlusconi per “l’amico Putin”. Secondo l’articolo, inoltre, l’invio degli aiuti da parte di Mosca non sarebbe stato frutto di un contatto fra il presidente del Consiglio italiano e Putin, ma sarebbe nato da un appello di un politico leghista. Al termine della missione, un accorato saluto al contingente russo è stato rivolto da un servizio di Studio Aperto . In generale, i media vicini al centro-destra hanno quindi rispecchiato le posizioni delle formazioni politiche, in particolare Lega e Forza Italia, che hanno trovato nella figura di Vladimir Putin un riferimento importante.
In questo quadro, l’intervento russo in Lombardia svolge una funzione propagandistica non solo per il mittente (Mosca), ma anche per il destinatario (diciamo Milano, in quanto capoluogo fisico e simbolico della regione di centro-destra per eccellenza). Accogliendo il contingente russo la Lombardia, o meglio la sua leadership politica, presenta alla propria opinione pubblica l’immagine di un rapporto privilegiato con la potenza russa, in particolare con il suo leader: una narrazione personalistica di "amicizia" fra "uomini forti". Una categoria, quella dell’uomo forte, tipica di questa parte dello spettro politico e alla base della fascinazione, forse aspirazionale, per modelli autoritari e leader che non hanno "le mani legate", come testimonia l’ammirazione non solo per Putin, ma anche per l’ungherese Orbán.
L’idealizzazione del ruolo e della presenza russa in Italia, però, serve anche un’altra funzione, andando collateralmente a sminuire il sostegno dell’Unione europea, inserendosi anche in questo caso nella narrazione sovranista di un’Europa costosa, lontana e inutile. Infatti, nonostante una lunga serie di interventi e la quantità di risorse stanziate (una cronologia complessiva della risposta UE alla crisi economico-sanitaria è disponibile qui , mentre questa infografica riassume gli aiuti specificamente dedicati alla regione dei Balcani occidentali), "l’Europa non fa nulla" è stato un leit motiv della Fase 1, particolarmente amplificato da media come Libero ("L’Europa non esiste" ) e Il Giornale ("L’Europa ha abbandonato l’Italia" ). L’idea di un amico potente che viene da lontano, a sopperire alle carenze della mal sopportata Unione europea, è sicuramente attraente e funzionale al discorso politico sovranista e anti-europeista.
In questo quadro, la natura militare del contingente russo, anziché ostacolare la narrazione della solidarietà, si inserisce funzionalmente nella generale militarizzazione del discorso pubblico sulla pandemia e la gestione dell’emergenza sanitaria, fatto di "nemici invisibili", "eroi" della sanità, "trincee" ospedaliere e, in questo caso "alleati". Questo quadro discorsivo facilita l’interpretazione conflittuale dei rapporti fra paesi, che a propria volta torna ad alimentare la creazione di narrazioni belliche funzionali ad un progetto politico-editoriale di stampo sovranista e personalistico.
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