Costruire il turismo sulla polveriera caucasica
Il governo russo ha approvato un ambizioso programma di sviluppo turistico che vorrebbe fare del Caucaso settentrionale la più ampia area sciistica del mondo. Si pensa sempre in grande e si cerca di includere anche il mondo degli affari italiano (inizia oggi la missione imprenditoriale "Italy meets Caucasus"). Ma non basta una colata di oro e cemento per portare stabilità e benessere in Caucaso
Vedere la firma di Vladimir Putin in calce al “Decreto del Governo della Federazione Russa n. 833 sulla creazione di un cluster turistico nel Distretto Federale del Caucaso del Nord, nel territorio di Krasnodar e nella repubblica di Adighezia" del 14 Ottobre 2010 può fare un certo effetto. Quando si pensa al Caucaso del Nord e lo si associa a Putin, quello che viene in mente è la seconda guerra russo-cecena, che gli ha spianato la strada per la presidenza. Presidenza segnata da episodi sanguinosi fra i quali ricordiamo la presa di ostaggi al teatro Dubrovka e quella della scuola di Beslan, entrambe conclusesi con un numero spropositato di vittime in seguito al rifiuto di ogni negoziato e all’intervento delle forze speciali russe.
D’altra parte, che l’intera zona del Caucaso del nord abbia il potenziale per essere una miniera d’oro è innegabile. Ci sarebbe da chiedersi come mai si sia deciso solo ora di valorizzare risorse minerarie, turistiche e umane che ci sono sempre state. Da un punto di vista naturalistico, etnografico e culturale ci troviamo di fronte un patrimonio immenso e un potenziale economico enorme. Cime immacolate per la maggior parte dell’anno e innumerevoli fonti di acqua termale fanno del posto un paradiso del benessere, almeno in prospettiva. Il Caucaso offre inoltre il vantaggio di riunire, relativamente poco distanti l’uno dall’altro, mare e montagna. I pochi avventurosi che hanno scelto il Caucaso come meta turistica ne sono sempre tornati estasiati, a partire dalla sottoscritta. Esemplare il caso di Francesco Annis, il quale avendo esplorato il versante sud del Caucaso durante una missione OSCE in Georgia, ha deciso di dedicarsi alla promozione turistica della regione e ha creato il sito VisitGeorgia.it organizzando ogni estate regolari escursioni in montagna.
Ma c’è ben altro in gioco oltre al turismo invernale, benché anche questo sia tutt’altro che disprezzabile. Mario Casella nel suo libro “Nero-bianco-nero punta il dito sul ruolo strategico che le ricchezze minerarie della regione potrebbero giocare in un prossimo futuro. Non petrolio, ma uranio, wolframio e altro ancora.
Turismo oltre le olimpiadi di Sochi 2014
Alla luce del succitato decreto, le Olimpiadi invernali di Sochi in programma per il 2014 appaiono solo il primo step di un’operazione in grande stile per la rinascita della zona e la riconquista di un territorio turbolento. La creazione della Northern Caucasus Resorts , l’operatore ideato appositamente per la trasformazione del Caucaso del Nord in un distretto per il turismo invernale è forse il passo successivo. Il progetto per la realizzazione della più grande area sciistica del mondo, prevede, in fase di avvio, la costruzione di cinque moderni complessi di resort invernali in sei soggetti federali:
– Lagonaki (Distretto di Apsheron, Territorio di Krasnodar e Repubblica di Adighezia)
– Arkhyz ( Distretto di Zhelenchuk, Repubblica di Karačaevo-Circassia)
– Elbrus-Bezengi (Distretti di Chereks, Chegem e Elbrus, Repubblica di Kabardino-Balcaria
– Mamison (Distretti di Alagir e Iraf, Repubblica dell’Ossezia del Nord-Alania)
– Matlas (Distretto di Hunzahsky, Repubblica del Dagestan).
Salta subito all’occhio che Cecenia e Inguscezia, che fra tutte le repubbliche caucasiche sono quelle più duramente colpite dai conflitti degli ultimi anni e con un maggiore numero di sfollati, rimangono tagliate fuori. Il che lascia perplessi, dal momento che già nel 2006 il presidente ceceno Ramzan Kadyrov aveva dichiarato la Cecenia pronta ad accogliere i turisti occidentali, paragonandola alla Svizzera e lamentando solo la carenza di strade adeguate. Se la guerra è terminata e il regime antiterrorismo revocato, perché la Cecenia (e con essa l’Inguscezia) rimane fuori da questo grande progetto?
Progetti in grande
Il progetto è di ampio respiro: la produzione di nuovi posti di lavoro è stimata fra 160.000 e 320.000. Tutta la regione ne beneficerebbe in termini sociali ed economici, anche le repubbliche non direttamente interessate dai lavori. Dalla realizzazione del piano si attende un raddoppiamento della crescita economica di tutta l’area, dovuta all’attrazione massiccia di investimenti privati e soprattutto governativi, e al conseguente incremento del gettito fiscale. La sostenibilità delle strutture viene garantita ed esplicitamente menzionata fra gli obiettivi da raggiungere. La diffusione di un’immagine positiva del Caucaso associata al più imponente complesso di resort sciistici del mondo e a una consolidata e secolare tradizione di esperienza nell’ospitalità sono incluse fra i target ufficiali, insieme con la creazione di un microcosmo turistico unico con servizi balneari e montani allo stesso tempo. Secondo i dati ufficiali della Northern Caucasus Resorts, il programma include la costruzione di 897 km di piste sciistiche, 179 unità di skilift e 91.426 posti letto in appartamenti, cottage e hotel tra 3 e 5 stelle, per accogliere un flusso di turisti stimato intorno alle 150.000 persone al giorno.
Italy meets Caucasus
Lo sviluppo del settore turistico mira a fare da volano per la ripresa e l’ampliamento di altri settori. Non è certamente un caso che dal 21 al 22 luglio Stavropol e Kislovodsk ospitino la missione imprenditoriale "Italy meets Caucasus ", il primo di un ciclo di incontri di presentazione agli imprenditori italiani. Turismo a parte, la missione riguarderà altri quattro settori: agricoltura, allevamento e trasformazione agroalimentare; energia, con particolare attenzione al settore delle energie rinnovabili e idroelettriche; gestione e management; chimica e petrolchimica (i poli di Nevinnomyssk e Budënnovsk, tristemente nota al pubblico occidentale per la presa di ostaggi dell’ospedale da parte di Shamil Basaev, sono tra i più importanti della Russia). L’iniziativa “Italy meets Caucasus” nasce dalla collaborazione tra la Camera di Commercio Italo Russa, il GIM – gruppo imprenditori Italiani a Mosca ed il Consolato Generale Onorario nel Sud della Russia, nonché con l’appoggio delle Camere di Commercio del territorio e delle locali Amministrazioni.
Il turismo non basta
Dopo anni di propaganda mediatica intensa contro le persone provenienti dal Caucaso, di discriminazione spudorata e spesso anche episodi di violenza ai danni di persone provenienti dal Caucaso, di slogan nazionalistici inneggianti “la Russia ai russi" che hanno reso tristemente noto il Paese per la xenofobia dilagante, è però difficile credere a un sincero desiderio di cambiamento da parte del Cremlino.
Non si tratta di disfattismo o sfiducia: ben venga il rilancio del Caucaso e delle sue risorse turistiche e territoriali, ma soprattutto umane. Guerre e terrorismo hanno prima di tutto radici sociali ed economiche, ed è senz’altro da lì che bisogna ripartire per intervenire efficacemente sull’area. Ma sembra che manchi a sostegno di tale progetto un’adeguata politica di riconciliazione e assunzione di responsabilità politica che vada a sanare i traumi collettivi delle varie popolazioni caucasiche, dal “genocidio” dei circassi alla Cecenia, passando per il Prigorodnij Rajon. Sono ferite che devono essere riconosciute come tali e curate di conseguenza, non ignorate. Una piaga purulenta non guarisce grazie a una colata di oro o di cemento.
Leggo i titoli delle notizie pubblicate da Radio Free Europe sul Caucaso questo mese. “Due poliziotti russi uccisi in Daghestan”. “Difensori dei diritti umani in Cecenia dicono che i servizi segreti russi nascondono il killer di Natalja Estemirova”. “Imam ucciso in Daghestan”. “L’edificio di una corte in Inguscezia danneggiato da un attacco”.
Un polo turistico da solo non è sufficiente a disinnescare la polveriera del Caucaso.
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