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Cosa possono imparare tedeschi e francesi da serbi e albanesi?

"Serbi e albanesi nutrono un odio reciproco secolare", "La conflittualità fa parte della loro storia". Ne siamo proprio sicuri? Un’analisi volta a decostruire pregiudizi infondati che alimentano pericolosi stereotipi

24/01/2018, Aleksandar Pavlović -

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In effetti, c’è qualcosa di decisamente

non europeo nei Balcani,

che non sembrano mai raggiungere

le dimensioni dei massacri europei.

Maria Todorova, Imagining the Balkans

Con il passare degli anni, mi dà sempre più fastidio ascoltare i politici occidentali che parlano della nostra oscura storia di ostilità serbo-albanesi, odio centenario e conflitti. Se desiderano sinceramente favorire la nostra riconciliazione, essi – come noi stessi in primo luogo – dovrebbero sapere che sono semplicemente in errore.

In primo luogo, dovrebbero sapere che Maria Todorova, una studiosa americana di origine bulgara, ha descritto questo modo di parlare di serbi e albanesi – in realtà, dei popoli balcanici in generale – come balcanismo. Ciò significa che noi, abitanti dei Balcani, siamo stati per secoli percepiti in modo stereotipato in Occidente come "sinonimo di un ritorno al tribale, all’arretrato, al primitivo, al barbaro" (Todorova 1997: 3); in altre parole, perennemente conflittuali e ostili l’uno all’altro, indisciplinati e incivili in confronto a loro. Nel clima attuale di correttezza politica, ora è il momento ideale per alzare la voce contro tali pregiudizi. Per dire basta, e spiegare che parlare di noi come perenne fonte di conflitti e primitivismo è altrettanto offensivo che etichettare gli omosessuali come "finocchi" e gli afroamericani come "negri".

Io dico che si sbagliano. Ad esempio, dove sono i casi di odio centenario nel Medioevo? Se diamo un’occhiata alla nobiltà serba e albanese, troviamo un buon numero di matrimoni misti. Le famiglie serbe Branković,  Balšić e Crnojević e i nobili albanesi Castriot, Arvianit e Topia erano particolarmente inclini a sposarsi e formare legami familiari. Non c’è nulla di strano in questo: nel Medioevo era essenziale mantenere ed espandere le proprietà e rafforzare le alleanze militari e difensive, e il modo migliore di farlo era stabilire legami di sangue con la nobiltà circostante. Quindi, la nobiltà serba dell’attuale Kosovo, della Macedonia, del Montenegro e dell’Albania settentrionale legò volentieri con la vicina nobiltà albanese. Skanderbeg, il più grande eroe albanese, ne è l’esempio perfetto: suo padre era della famiglia albanese Castriot, mentre sua madre Vojislava era di origine serba; suo fratello maggiore era Siniša, che è un nome serbo, o più precisamente slavo. Oppure, diamo un’occhiata alla famosa "Lega dei Principi Albanesi", un’alleanza anti-ottomana formata da importanti leader albanesi sotto l’influenza di Skanderbeg a Lezhë nel 1444. Gli storici albanesi tendono a vedere questo evento come il primo tentativo di unificazione albanese, il seme del futuro movimento e stato nazionale albanese. Ciò è alquanto esagerato dal mio punto di vista, ma rimane il fatto che alcuni serbi hanno partecipato a questa "Lega dei principi albanesi" – vale a dire, l’incontro e la successiva coalizione non comprendevano solo rappresentanti delle importanti famiglie albanesi Castriot, Topia, Arvianit, Muzaki, Spana e Zaharia, ma anche nobili serbi delle famiglie Balšić e Crnojević.

Certo, si potrebbe obiettare che qui la nobiltà lavorava per i propri interessi; anche oggi politici e uomini d’affari serbi e albanesi cooperano e prosperano, mentre le persone comuni soffrono. Se Haradinaj non fosse stato arrestato in Francia in seguito alle accuse serbe, non sarebbe stato così popolare in Kosovo come lo è ora e non sarebbe diventato nemmeno primo ministro. Mentre Haradinaj intima pubblicamente a Vučić di "Non provocarmi", è molto probabile che stia pensando esattamente il contrario: "Continua pure a provocarmi, le cose non mi sono mai andate meglio". Ad ogni modo, se il regime di Milošević non avesse "provocato" gli albanesi del Kosovo, Ramush sarebbe probabilmente rimasto un muratore o una guardia del corpo in una discoteca come negli anni ’90.

Ma torniamo alla gente comune nel Medioevo. Il Codice dell’imperatore serbo Dušan del 1349 fa spesso riferimento agli albanesi come pastori, con diritti e doveri garantiti proprio come qualsiasi altro soggetto dell’Imperatore. Infine, andrebbe specificato che "nazionalità" è un termine piuttosto moderno che non aveva la stessa connotazione nel periodo medievale, quando il rango e la classe erano molto più importanti dell’origine, della lingua e persino della religione (purché fosse ortodossia o cattolicesimo romano). Quindi, quando il Codice di Dušan parla di sebri da un lato, e di Vlasi i Arbanasi dall’altro, si riferisce principalmente ai regolamenti relativi alla distinzione tra contadini e pastori, e in misura minore a serbi e albanesi in termini etnici.

Potremmo dire qualcosa di simile sui secoli trascorsi dai serbi e dagli albanesi nell’Impero ottomano. Nell’impero l’etnia non era molto importante: era diviso in pašaluk e vilajet dove musulmani, ortodossi, cattolici ed ebrei vivevano fianco a fianco. Certo, non era tutto rose e fiori: i musulmani avevano di gran lunga più diritti e privilegi, ma qui è importante comprendere che alle comunità religiose veniva concessa l’autonomia e che i loro membri erano governati nella loro vita quotidiana dai propri leader religiosi, che fungevano persino da giudici per la maggior parte dei crimini e dei reati. Certo, con l’indebolimento dell’Impero ottomano la posizione dei cristiani si deteriorò gradualmente; tuttavia, fino alla fine del 19° secolo non riusciamo a trovare un singolo scontro o conflitto significativo fra serbi e albanesi, e fino a tempi recenti non c’è stato un conflitto ad opporre queste nazioni nel loro complesso.

Ma guardiamo, ad esempio, alla situazione in Occidente a quei tempi. Non è forse vero che l’intera Europa occidentale è stata devastata da guerre politiche e civili fin dal Medioevo, così come dalle guerre di religione tra protestanti e cattolici fino al 17° secolo? Lasciatemi solo ricordare alcuni noti esempi: la cosiddetta "Guerra dei Cent’Anni" fra Inghilterra e Francia è durata, con interruzioni, dal 1337 al 1453, cioè oltre un secolo! Nel cosiddetto "massacro del giorno di San Bartolomeo" dell’agosto 1572, i cattolici francesi massacrarono decine di migliaia di loro compatrioti cristiani riformati. Nella cosiddetta "Guerra dei trent’anni" che imperversò nell’Europa occidentale tra il 1618 e il 1648 persero la vita otto milioni di persone, ecc..

Inoltre, potremmo discutere della misura in cui i nostri antenati balcanici erano sinceramente affezionati agli ebrei, ma non conosco un singolo pogrom nei Balcani contro gli ebrei prima della Seconda guerra mondiale che si avvicini ai crimini commessi contro di loro nell’Europa occidentale. Tutti gli ebrei furono espulsi dall’Inghilterra già nel 1290 e dalla Spagna nel 1492. Molti di questi ebrei sefarditi spagnoli trovarono rifugio qui nei Balcani, dove i loro discendenti hanno vissuto in comunità fino all’invasione nazista. Tuttavia, anche durante la Seconda guerra mondiale, l’Albania rimase l’unico paese in Europa in cui gli ebrei non furono uccisi e deportati su vasta scala. Anche se gli albanesi furono occupati dagli italiani e in seguito dai tedeschi, mantennero ostinatamente le loro antiche abitudini di ospitalità e besa, e nascosero gli ebrei nelle proprie case. Così, mentre la popolazione ebraica in altri paesi europei si ridusse del 90-95% durante la guerra, l’Albania ne uscì con 11 volte più ebrei di quanti ne avesse nel 1941!

Dove troviamo, mi chiedo, conflitti fratricidi e massacri di questo genere nei Balcani a quei tempi e dopo? Dove sono gli esempi di odio etnico che potrebbero avvicinarsi ai conflitti fra papisti e riformisti, alle ostilità fra tedeschi e francesi o francesi e inglesi? Dove sono i pogrom e le persecuzioni degli ebrei dal Medioevo ai tempi moderni a Kragujevac, Kruševac, Krujë o Gjirokastër? Bene, non ce ne sono. Come afferma la prefazione satirica di questo testo, se c’è qualcosa di veramente non-europeo su di noi, è il fatto che non ci siamo mai odiati a vicenda in modo così profondo e intrapreso guerre lunghe e sanguinose come gli occidentali.

Per concludere, non è mia intenzione qui trascurare o sottovalutare i conflitti fra serbi e albanesi, soprattutto nel periodo moderno, né certamente negare la nostra responsabilità in essi: anzi, sarebbe estremamente prezioso e riconciliatorio vedere condannati e imprigionati i responsabili dei recenti crimini. Tuttavia, poiché i media nazionali e stranieri parlano quasi esclusivamente dei nostri conflitti e dei nostri crimini, credo sia importante sottolineare che questa non è la nostra unica caratteristica, né la più importante; che i nostri rapporti dall’antichità al presente contengono numerosi esempi ed eventi positivi. Per citarne solo alcuni, tali esempi includono i nostri legami dinastici e familiari medievali, la partecipazione congiunta alle ribellioni contro il dominio ottomano, le canzoni popolari che cantano degli stessi eroi come Marko il Principe e Musa il Bandito, la partecipazione degli albanesi alle rivolte serbe dei primi anni del 19° secolo contro i turchi e i loro successivi sforzi di allearsi o addirittura di unirsi al principato di Serbia, gli intellettuali serbi che all’inizio del 20° secolo sostenevano l’indipendenza dell’Albania e la creazione di una confederazione balcanica basata sull’uguaglianza, le lotte partigiane contro gli occupanti nella Seconda guerra mondiale, il sostegno generoso dei comunisti serbi allo sviluppo albanese dopo la Seconda guerra mondiale fino alla spaccatura del 1948, le collaborazioni cinematografiche e teatrali, la ricca cooperazione culturale e molto altro.

Quindi, per cominciare, sarebbe bello se smettessimo noi stessi di diffondere queste false tesi sul nostro odio e sui nostri conflitti centenari, e ricordassimo che l’Europa occidentale ha combattuto varie guerre mentre i popoli balcanici vivevano in relativa pace, fianco a fianco. Quindi, dovremmo unire le forze per mettere a tacere quelle voci negative e spiegare agli occidentali che, in realtà, potrebbero imparare molto da noi. L’Unione europea è in crisi: forse una lezione o due sui tradizionali codici d’onore dei Balcani, besa, ospitalità, rispetto per gli anziani e dedizione alla famiglia farebbero bene in questi tempi di crisi.

Questo testo è stato scritto nell’ambito del progetto Beyond Enmity: Changing Serbian-Albanian Perceptions , realizzato da Qendra Multimedia di Pristina in collaborazione con l’Istituto di filosofia e teoria sociale di Belgrado. Il progetto ha ricevuto il sostegno dell’ambasciata svizzera a Pristina e del progetto Perform, che sostiene la riforma delle scienze sociali nei Balcani occidentali.

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