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Condannato Gotovina? La Croazia non vuole più l’Europa

Una condanna inaccettabile. E’ così che la maggior parte dei cittadini della Croazia vive la sentenza di condanna di Gotovina e Markač davanti al Tribunale dell’Aja. Le proteste di piazza si scagliano contro l’Unione europea e dimenticano le colpe del regime di Tuđman

18/04/2011, Drago Hedl - Osijek

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Il giorno dopo la sentenza del Tribunale dell’Aja con la quale due generali croati, Ante Gotovina e Mladen Markač, sono stati condannati a 42 anni di carcere (Gotovina 24 e Markač 18), il sostegno dei cittadini croati all’ingresso del Paese nell’Unione europea è calato drasticamente al 23 percento. Lo shock e l’incredulità per la sentenza, in particolare per la pesantezza della pena comminata, e forse più di tutto il fatto che l’operazione militare Oluja (Tempesta) sia stata ritenuta un’impresa criminale, hanno radicalmente influito sulla crescita del sentimento anti-europeo.

Le proteste di piazza

Subito dopo che il giudice Alphonse Orie all’Aja ha letto la sentenza di condanna, il sentimento dominante dei cittadini croati riuniti nella piazza centrale di Zagabria è stato quello della rabbia, che si è espressa con il gesto di strappare e sputare su bandiere dell’Unione europea.

La maggior parte dei cittadini in piazza a Zagabria, così come la maggior parte di quelli che si sono riuniti nelle piazze delle altre città croate per esprimere tutta la loro insoddisfazione, considera la sentenza come una grande ingiustizia. Le pene comminate a Gotovina e Markač, vengono in questi giorni comparate con quelle assegnate a Veselin Šljivančanin, Mile Mrkšić e Miroslav Radić, gli ufficiali della JNA [Armata popolare jugoslava] responsabili del crimine commesso a Ovčara nei pressi di Vukovar. A Ovčara nel novembre 1991 furono uccisi oltre 200 croati (prigionieri e feriti). Nella sentenza di primo grado Šljivančanin è stato condannato a cinque anni di reclusione, Mrkšić a 20, mentre Radić è stato assolto.

L’operazione Oluja, con la quale all’inizio dell’agosto 1995 fu liberata la regione occupata dall’auto-proclamata Repubblica serba di Krajina, in Croazia è sempre stata considerata una legittima operazione militare. Il 5 agosto, giorno in cui iniziò l’operazione, è stato dichiarato Giorno del ringraziamento della patria ed è celebrato come festività nazionale.

Il verdetto contro Ante Gotovina, l’uomo che ha guidato tale operazione e il fatto di aver tacciato l’intera operazione quale un’impresa criminale, è considerato inaccettabile e incomprensibile dalla maggior parte dei croati. La loro rabbia si è canalizzata immediatamente contro l’Unione europea, ritenendo che quest’ultima non riconosca che la Croazia nel sanguinoso disfacimento della Jugoslavia abbia esclusivamente condotto una guerra di difesa.

Le colpe di Tuđman 

Le prime reazioni concitate (che non hanno causato disordini o incidenti degni di nota) hanno lasciato però presto il posto ad un comportamento razionale. E molti analisti politici, pur scrivendo che ora gli sforzi devono concentrarsi nell’affrontare la sentenza in appello davanti al consiglio dei giudici dell’Aja, hanno sottolineato che la drastica condanna a Gotovina e Markač, così come la qualificazione dell’operazione Oluja come impresa criminale, è il prezzo che la Croazia paga per l’incomprensibile politica del suo primo presidente, Franjo Tuđman. 

Il fatto che due dei tre generali condannati all’Aja per l’operazione Oluja, Ante Gotovina e Mladen Markač, a differenza del generale assolto Ivan Čermak, fossero presenti alla riunione con Franjo Tuđman e i vertici politici e militari croati durante la quale, nel luglio 1995, fu accordata l’operazione Oluja, testimonia che il consiglio dei giudici dell’Aja sia convinto che fu pianificata un’impresa criminale. Purtroppo le dichiarazioni di Tuđman durante quell’incontro (denominato incontro di Brioni, secondo il nome dell’isola su cui si tenne la riunione), e in particolare quelle che seguirono l’operazione Oluja, furono effettivamente tali da convincere il Tribunale dell’Aja che si sia trattato di un’impresa criminale il cui obiettivo era la totale cacciata dei serbi da quella parte di Croazia.

Il secondo errore di Tuđman che ora paga la Croazia è la sua posizione secondo la quale i croati, dato che hanno condotto una guerra di difesa, non possono aver commesso crimini di guerra. A dire il vero, questo lo aveva dichiarato il presidente dell’Alta corte, Milan Vuković, ma Tuđman fece immediatamente propria l’opinione della più alta carica giudiziaria. Non permise quindi che venissero processati quelli che al tempo dell’operazione Oluja, e in particolare al suo termine, uccisero i civili serbi, bruciarono le loro case e rubarono le loro proprietà. Per di più, dei crimini non si poteva nemmeno parlare, e quelle rare voci che lo fecero, furono dichiarate nemici di Stato e traditori. 

Senza la folle idea di Tuđman secondo la quale dovevano essere cacciati tutti i serbi di quella zona e se quell’inutile esodo non fosse accaduto; se si fosse proceduto alla condanna di quei soldati sfuggiti al controllo dei superiori o dei loro comandanti se davvero avevano ordinato, coperto o tollerato quei crimini, non solo non ci sarebbe stata la condanna di Gotovina e Markač, ma non sarebbero nemmeno finiti all’Aja. Semplicemente non ci sarebbe stata nemmeno una sentenza che definisce l’operazione Oluja come un’impresa criminale.

La gente comune, ovviamente, con difficoltà riesce a mettere sullo stesso piano queste complesse questioni del passato con le conseguenze odierne. Per loro è molto più facile indirizzare la propria rabbia contro l’Unione europea. Ma gli analisti avvertono che – ed è difficile dare loro torto – la condanna di Ante Gotovina e Mladen Markač, in realtà è una sentenza contro l’ex presidente croato Franjo Tuđman e il suo ministro della Difesa Gojko Šušak. Ora che entrambi sono morti, la responsabilità e il prezzo di quanto hanno compiuto sono stati pagati dai vivi.

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